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Curiosità

Restomod
Il piacere proibito delle classiche "col trucco" - FOTO GALLERY

Paolo Sormani
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Porsche Singer. La 911 da record è una 964 con guida a destra del 1990. Il restomod non è partito da un incidente, ma dal semplice desiderio di tirarle fuori tutta la grinta possibile. Vista da fuori sembra ordinaria, ma è stata ricostruita dalla nuda lamiera. L’alluminio dei pannelli è stato sostituito dalla fibra di carbonio.

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Porsche Singer. Dentro il cofano posteriore batte un sei cilindri di quattro litri, vitaminizzato dallo specialista californiano Ed Pink Racing Engines per consegnare all’asfalto 390 cavalli. La serie di aggiornamenti ha comportato un impianto frenante Brembo, l’assetto Öhlins, la centralina MoTeC M1 e i sedili di materiale composito.

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GTO Engineering serie Revival. Gli inglesi della GTO Engineering hanno puntato in alto e, forti della loro esperienza, nella serie Revival offrono tre reinterpretazioni delle Ferrari più belle e desiderabili degli anni 60: la berlinetta a passo corto 250 SWB, la 250 TR e – ultima arrivata – la California Spyder, aggiornate o totalmente ricostruite. Per i suoi restomod, la GTO Engineering può partire da una semplice scocca danneggiata, per ricostruire tutto quello che serve partendo dai disegni tecnici dell’epoca e sfruttando la propria esperienza nei restauri. Motore e cambio sono à la carte, così come gli interni e la verniciatura delle carrozzerie evocative.

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Testarossa Fioravanti. Nel 1984, il regista di ''Miami Vice'' Michael Mann si fece spedire da Maranello una coppia di Testarossa bianche perché fossero più visibili nelle riprese notturne. A tutti i nostalgici della V12 guidata da Don Johnson, le Officine Fioravanti dedicano questo esemplare che non lascia rimpiangere gli anni 80.

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Testarossa Fioravanti. La sportività e le linee asciutte della Testarossa non vanno in bianco: il V12 4.9 è passato dai 390 CV originari a ben 510 e, grazie ai 30 kg risparmiati, la velocità massima sale a 320 km/h. L’assetto include le barre antirollio regolabili e un set di ammortizzatori a controllo elettronico specifici.

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Totem Automobili. A proposito di miti del Made in Italy: un 25enne trevigiano, Riccardo Quaggio, ha dato vita alla Totem GT, la coupé alla spina che si crede un’Alfa Romeo GTA, ma va molto più veloce. La sua startup è nata in un piccolo capannone di Marcon, alimentata dall’amore per l’auto classica. Sacrilegio? Ma quant’è commesso bene…

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Totem Automobili. La startup ha fatto rivivere un simbolo italiano senza fare tuning su una GT originale, ma ricreando una gran turismo che raccontasse quell’Italia capace di cose straordinarie. Il quattro cilindri endotermico è stato sostituito da un motore elettrico posteriore centrale, con telaio irrobustito. Gli interni sono cuciti a mano.

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Lancia Delta Evo-E GCK. Mentre per la Lancia annunciano un futuro elettrico, i francesi della GCK Exclusiv-e giocano d’anticipo realizzando la serie limitata Delta Evo-e: 36 esemplari della Integrale in versione stradale, più 11 in edizione rally con livrea Martini Racing. In tutto, le parti rinnovate sono 263.

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Lancia Delta Evo-E GCK. Si parte da una normalissima Delta, per un rifacimento radicale che parte dalla scocca idrosverniciata, passa dal telaio rinforzato e arriva al pacco batterie da 30 kWh agli ioni di litio con circa 180 km di autonomia e – attenzione – quasi 200 CV di potenza. Anche se resta il cambio manuale a cinque marce, l’originale è imbattibile.

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Range Rover Lunaz. Credevate che la più classica delle fuoristrada di Sua Maestà scampasse al retrofit elettrico? L’inglese Lunaz attacca alla presa di tutto: Aston Martin DB6, Bentley S1, S2 e S3 dal '55 al '63, Jaguar XK120 e Rolls-Royce Phantom V e Silver Cloud. L’ultima arrivata è la Range Rover, in doppia configurazione ''Town'' e ''Luxury''.

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Range Rover Lunaz. Certo che, se non fosse parcheggiata davanti a una colonnina di ricarica, questa Suv elettrica è quasi indistinguibile dall’originale: un punto a suo favore. È tutta questione di forma, nell’ambito della cosiddetta ''economia circolare''. E, in questo, gli inglesi sono ancora maestri.

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Trabant Vilner. Pensavate che il restomod fosse uno sport riservato all’élite? Niente di più sbagliato: persino il simbolo del socialismo reale del XX Secolo si è imborghesito. La Trabant distillava tutte le ragioni per evitare l’automobile, ma è rimasta nel cuore dei tedeschi vittime di Ostalgia. La Vilner Garage l’ha resuscitata a modo suo.

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Trabant Vilner. Niente di elettrico: per raggiungere la (allora) fantascientifica potenza di 55 CV è bastato metterci un motore quattro tempi, quello della Volkswagen Polo 1.100 prima serie. Le luci a Led le danno un’aria sinistra, ma che lusso proibito gli interni in tartan (ripresi sul tetto di cartone pressato), il cruscotto in pelle e il volante Momo!

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Ciao Ambra Italia. Sorpresi? È vero, mancano due ruote, ma per molti di voi il Ciao ha rappresentato la prima forma di mobilità individuale a motore. Con quello elettrificato dalla Ambra Italia non si rischia di restare a secco di miscela, visto che si trasforma nell’e-Bike rétro che inspiegabilmente la Piaggio esita a commercializzare.

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Ciao Ambra Italia. Addio norme antinquinamento: basta portare a Rufina, in provincia di Firenze, il vecchio Ciao che dorme in cantina e loro lo dotano di motore da 250 W e 25 km/h nel mozzo posteriore. Il pacchetto batterie è sistemato al posto del vecchio due tempi. E, per 4 mila euro, fanno tutto loro, restauro e verniciatura compresi.

Macché green pass: se c’è un argomento con cui si rischia il blocco della conversazione con gli appassionati di auto classiche è il restomod. L’acronimo anglosassone di restoration (restauro) e modification (modifica) è il vero tema scottante degli ultimi tempi fra i “car guys”. Specie da quando è entrata in gioco l’elettrificazione, che in nome del salvataggio del pianeta giustifica ogni genere di operazione-recupero, o la resurrezione di modelli condannati all’album di famiglia.

Cosa spinge a farlo? Il restomod è la pillola blu dell’auto classica, il restauro truccato che le restituisce una nuova giovinezza, con prestazioni mai viste neppure negli anni migliori. Attenzione a non confonderlo con le one-off, gli esemplari unici: di solito nel restomod non si parla di personalizzazione, ma di realizzazione professionale in piccola serie da parte di Costruttori di nicchia. Perché si fa? Un buon restauro filologico migliora già sensibilmente l’originale, grazie ai materiali aggiornati dalla tecnologia moderna – soprattutto quelli più soggetti a usura meccanica. Il fatto è che, a volte, il sospirato originale è impossibile da ritrovare, o comprare, per l’esiguità dell’offerta. Altre volte, invece, riportare a nuovo una classica, specie di un certo valore, può costare parecchio se si parte dal solo motore, o da una scocca con qualche traccia di ruggine e gli interni rosicchiati dai topi. E poi diciamolo: il tempo non è sempre gentiluomo, con le automobili. Certe si guidavano con non poche difficoltà. Cambiavano corsia da sole. Frenavano al condizionale. Acceleravano da zero a cento nel tempo che serviva a una moka per far salire il caffè. E a volte i loro interni offrivano lo stesso confort della sala d’attesa di un commissariato.

I punti a favore. E quindi? Si gioca migliorando, mischiando le carte, per riscoprire il piacere della guida attuale con una macchina di carattere, o un’utilitaria che non ricorda le altre centomila identiche del suo segmento. Il retrofit ha dato la spinta definitiva a una tendenza in crescita, ma non è necessario: quando il telaio e il vano lo consentono, a volte basta trapiantare un motore endotermico più moderno e meno inquinante. Un altro punto a favore del restomod è la possibilità di guidare anche dov’è proibito alle Euro 0, nei centri storici per esempio, senza limitazioni di accesso e di orario. Ormai esibire certi dinosauri in città è guardato come un segno di cattivo gusto dai discepoli del green. Salvo naturalmente assolvere i furgoni che fumano come centrali a carbone, impegnati nelle loro consegne a domicilio. Ma tant’è: per alcuni, soprattutto gli under 30, il restomod è considerato una versione ecologicamente accettabile e accessibile della vettura d’epoca; mentre gli altri gridano, più confortevolmente, all’abominio e al sacrilegio.

Dietro c’è il piacere di guida. Il vero fattore di diffusione del restomod è il divertimento alla guida. Perché accontentarsi di un’auto piacevole, se può diventare stupenda quando si spinge il piede sul pedale? Ormai lo sdoganamento dei restomod è sotto gli occhi di tutti: persino certi insospettabili ortodossi hanno concesso qualche occhiata di troppo alla Delta Futurista di Amos Automobili e alla Kimera EVO37, tanto per citare due Lancia degli anni 70 e 80 clamorosamente resuscitate da altrettante realtà artigianali italiane. Il segno dei tempi l’ha lasciato da poco Rob Dickinson, l’ex cantante rock inglese che a Los Angeles ha fatto fortuna “reimmaginando” le Porsche 964 Targa o coupé. Di recente, una di queste è stata battuta a qualcosa come 696.000 sterline (822.450 euro) sul sito d’aste online Collecting Cars. Un record mondiale che fa riflettere i collezionisti e impressiona i semplici appassionati, considerando che lo scorso aprile, sulla stessa piattaforma web, una Carrera 4 del 2001 con il motore rifatto è andata via per circa 15.000 euro. Pro o contro, allora? Nella nostra galleria d’immagini vi proponiamo otto esempi per non restare indifferenti.