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Maserati MC20
Ritorno in pista con la sportiva del Tridente - VIDEO

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L’ho lasciata, circa cinque mesi fa, con il suo bel wrapping da prototipo e alcuni angoli da smussare. Quella Maserati MC20 di pre-produzione che ho avuto modo di guidare in pista a Modena e nei dintorni della fabbrica, mi aveva mostrato fondamenta sanissime. Eppure, certi elementi erano ancora un po’ acerbi, come spesso capita quando lo sviluppo arriva a ridosso della produzione in serie.

Tutto un altro effetto. Così la ritrovo oggi, sempre qui all’Autodromo di Modena, nella sua veste definitiva, quella su cui i suoi fortunati clienti potranno mettere le mani a breve. Vederla dal vivo senza livrea camouflage, per esempio nel giallo Genio qui raffigurato, fa tutto un altro effetto. Le forme della Maserati a motore centrale catturano e una fugace occhiata a Nettuno, una volta aperto il cofano, mi ricorda la sua compattezza e quanto siano riusciti a piazzarlo in basso, per favorire il bilanciamento. Mi siedo sugli avvolgenti sedili Sabelt e con la mano chiudo la portiera a farfalla. Trovo la chiusura più agevole: non a caso, una delle migliorie rispetto al prototipo riguarda proprio il punto d’attacco della porta, che è stato modificato per aumentare la leva e fare meno fatica. D’altronde, come mi ricorda il suo padre putativo Federico Landini, “la MC20 dev’essere guidata con facilità anche dalle signore”.

Niente distrazioni.  Ritrovo una plancia geniale per la sua essenzialità e pulizia delle forme. Mi ricorda quella delle supercar anni 80 e 90, dove c’era soltanto lo stretto necessario per guidare e basta. Anche sulla MC20, quindi, quel che serve davvero è in evidenza sul sottile tunnel centrale rivestito di carbonio: il grande pomello per selezionare le modalità di guida (Wet, GT, Sport, Corsa, Esc Off, quest’ultima con un Led poco visibile quando ingaggiata) e i due tasti che servono per farla andare avanti o indietro. Poi d’accordo, al centro c’è un bel display da 10 pollici per l’infotainment basato su Android, con una grafica curata e un’interfaccia molto amichevole. Ma è un di cui, perché tutto l’insieme è pensato per farti sentire un tutt’uno con la vettura e concentrarti sull’asfalto, senza inutili distrazioni.

Volta da far paura. Posizione di guida da vera sportiva, rasoterra, e fra le mani un volante ottimamente confezionato: Alcantara per l’impugnatura, così non scivola, inserti di carbonio che fanno scena e due paddle, solidali al piantone, di grandi dimensioni; è la soluzione che preferisco, perché se occorre infilare una marcia in mezzo a una curva o durante un sovrasterzo so sempre dove trovarli. Mi bastano la prima frenata e la prima piega per ritrovare quell’agilità che mi era tanto piaciuta qualche mese fa. La MC20 volta da far paura e ha uno sterzo magnificamente calibrato, grazie al quale il rapporto fra asfalto, ruote e mani diventa subito molto intimo, i preliminari non servono. Ritrovo, poi, quel suo modo piacevolissimo di uscire dalle curve: la Maserati è una di quelle sportive con cui non devi lottare con lo sterzo per farle chiudere la traiettoria, bensì puoi gestirla millimetricamente con l’acceleratore, con quel leggero sovrasterzo che ti raddrizza il volante per uscire il più velocemente possibile, un sovra che non diventa mai eccessivo (a meno che tu non lo voglia), inaspettato o difficilmente controllabile.

Frenata migliorata. Alla prima staccata un po’ seria (qui a Modena ce ne sono un paio da 200-210 km/h), mi attacco a un pedale che garantisce una considerevole potenza decelerante, ma finalmente anche una buona modulabilità. Questo era uno degli affinamenti che a mio avviso la MC20 meritava, non facile però da realizzare per due motivi: garantire un buon feedback in presenza di dischi carboceramici è un compito che pochi riescono a portare a termine con successo, ma se a ciò si aggiunge un impianto by-wire l’operazione diventa ancor più complessa. Ottimo, invece, il bilanciamento (perché era già così): puoi portare tanta frenata fino al punto di corda senza che la coda desideri scappar via, tendenza che alcune sportive a motore posteriore-centrale talvolta manifestano. Mi segnalano anche che è stato modificato il setup degli ammortizzatori, perché in appoggio a circa 260 km/h c’era un leggero pompaggio del retrotreno. Mi fido sulla parola perché qui, i 260, forse non si farebbero nemmeno con la MC12 GT1 che a metà degli anni duemila ha messo in fila 14 titoli fra team, costruttori e piloti.

Cambiate istantanee. Ultimo - ma non ultimo - è il powertrain, per cui sono stati fatti passi avanti con aggiornamenti lato software, che hanno interessato sia il cambio sia il motore. Per quel che riguarda il primo, l’otto marce a doppia frizione della Tremec, è stata migliorata tantissimo la puntualità di cambiata, specie in scalata. Ora la marcia arriva nello stesso istante in cui lo desideri e la velocità di passaggio fra un rapporto e l’altro è ragguardevole, anche se avrei gradito un taglio d’alimentazione ancor più marcato, per ottenere un effetto più sportivo. Quanto alla lunghezza dei rapporti, su qualsiasi pista, così a occhio, ne sfrutti cinque o sei al massimo degli otto disponibili; gli ultimi due sono molto lunghi e ciò va a beneficio della silenziosità e dei consumi quando viaggi in statale o autostrada.

Nettuno è più progressivo. Anche Nettuno, Il V6 3.0 litri biturbo da 630 cavalli, è stato rivisto nella mappatura. Guadagna soprattutto progressività ai bassi regimi ed è ben sfruttabile lungo tutto l’arco d’utilizzo, che per inciso arriva a circa 8.000 giri (non pochi per un sovralimentato). Magari, lassù, non è cattivo come un V8 McLaren (nemmeno nel suono), ma i numeri per produrre velocità fuori dalla portata di tantissime sportive li ha tutti. Adesso, però, aspettiamo la MC20 a Vairano…