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Lamborghini
Nel nome del Dodici - VIDEO

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Premessa: questo pezzo non vuol essere una noiosissima storia del V12 Lamborghini da sessant’anni a questa parte; piuttosto, una serie di sensazioni, in ordine sparso, raccolte durante lo shooting di questo video celebrativo che abbiamo voluto dedicare al motore più iconico di Sant’Agata Bolognese. Com’è noto, infatti, lo scorso ottobre 2022 è uscita dalla linea di montaggio l’ultima Aventador (una Ultimae coupé blu, venduta all’asta a 1,5 milioni di euro) equipaggiata con il dodici cilindri così come l’abbiamo conosciuto finora: puramente meccanico. La sua erede, la prossima primavera, avrà infatti un inedito powertrain plug-in ibrido. Da qui, il doveroso addio (o meglio, arrivederci in un’altra forma) a quella cattedrale di metallo divenuta il marchio di fabbrica della Lamborghini e celebrata dalle ultime due one-off Invencible e Auténtica.

Davanti, in mezzo poi dietro. L’idea era quella di concentrarsi, per le riprese, sulla più classica delle architetture: LP, longitudinale posteriore, quella che dalla Countach in poi ha caratterizzato tutte le sportive flagship del Toro. Non potevamo tralasciare, però, altri due modelli iconici che di cilindri ne hanno sempre dodici, ma disposti in altro modo. Ecco allora che ad attenderci davanti all’ingresso storico (si chiama così perché era l’accesso principale alla fabbrica, ora qui sopra ci sono gli uffici della presidenza) troviamo una 400 GT e una Miura così belle che sembrano appena uscite dalla catena di montaggio, segno dell’amore che i tecnici del Polo Storico dispensano loro. La famosa vettura con cui Ferruccio voleva rifarsi sul Commendatore era la 350 GT, primissima Lambo della storia, ma in realtà la produzione vera e propria comincia con questa sua evoluzione, la 400 GT appunto. Ma la sostanza non cambia più di tanto: il V12, originariamente realizzato da Bizzarrini poi rivisto da Stanzani, è lì davanti messo per il lungo. Verniciatura perfetta, linee elegantissime, tanto da faticare a comprendere che sia una Lamborghini, se non si mastica troppo di auto. E lo splendido 4 litri dentro il cofano anteriore sembra pulsare, sebbene sia immobile.

La Miura è sempre la Miura... Lo sguardo resta fisso sul pezzo ingegneristico, ma basta girarsi un attimo per ritrovare lo stesso manufatto su una delle più belle automobili di sempre, la Miura: soltanto che è dietro e messo di traverso, lì dove l’ha voluto Giampaolo Dallara. Queste due icone primordiali della storia della Lamborghini ci servono per l’incipit del video, siamo concentrati a scegliere riprese e battute – nonché resistere al freddo glaciale che proprio quel giorno ha deciso di accarezzare la campagna emiliana – e il desiderio di montarci sopra e girare la chiave è irresistibile. Ma tant’è, le vetture che possiamo accendere e guidare ci aspettano il giorno dopo e sono altre.

Tutti in Panoramica! L’idea, per lo shooting dinamico, era quella di andare al Passo della Futa, perché non lontano da Sant’Agata ma soprattutto per la bellezza e l’iconicità delle strade, le stesse dove una volta i collaudatori macinavano chilometri senza sapere che un giorno, lo stesso lavoro, avrebbero potuto farlo al caldo di un simulatore di guida cambiando dieci set di ammortizzatori in cinque minuti. Ma se in zona Bologna è pioggia, lassù è neve. Quindi via verso l’Adriatico, per raggiungere un tratto di strada comunque significativo: la Panoramica, strada che collega Gabicce e Pesaro, celebre ai più perché spesso calcata da Valentino Rossi quando non era ancora un nove volte “Uord Cempion”…

Alla Countach non basta darle del Lei. Mentre scrivo ho la febbre, perché pioggia e gelo ci hanno fatto compagnia per tutta la durata delle riprese, ma ne è valsa la pena perché la possibilità di guidare, una dietro l’altra, vetture che rappresentano circa mezzo secolo di storia della Lamborghini non ha prezzo. A dirla tutta, siamo in due a spartirci l’onore e l’onere: il sottoscritto e il collega Roberto Ungaro, pronti per una full immersion che difficilmente dimenticheremo. Soprattutto lui, mi vien da dire, se non altro per come abbiamo iniziato la giornata. Per questioni logistiche (leggi l’ordine in cui sono state scaricate dal camion…) partiamo con i due estremi: Countach 25° Anniversario e Aventador Ultimae. Poiché da copione del video (in realtà ce le siamo giocate a pari o dispari la sera prima davanti a una piadina…) a lui toccava la più anzianotta, e io di Avendator ne ho guidate parecchie, mi sono goduto lo spettacolo in cui il tecnico della Lamborghini che segue l’heritage dà a Roberto lezioni di retromarcia… Sì, perché c’è una tecnica particolare che nasce dalla assoluta impossibilità di vedere alcunché, dietro, quando si fa manovra, tanto erano ardite le forme della carrozzeria: corpo fuori per metà, con il sedere appoggiato sull’enorme brancardo, busto ben ancorato al giro porta, mano destra sul volante e sinistra sulla portiera. Una volta trovata la posizione, si può giocare con il durissimo pedale della frizione e iniziare la coreografica manovra.

La Aventador sembra una limo... Superato l’esame, partiamo lungo la Panoramica uno dietro l’altro per fare i nostri parlati on board e riprese car to car. Io combatto il freddo con i sedili riscaldabili e un clima automatico efficace, lui sui gelati gusci avvolgenti di pelle e un panno di microfibra per disappannare a mano il parabrezza; io che posso spalancare il gas senza remore pur avendo 780 cavalli sotto al fondoschiena, tanto ho la 4x4 e l’elettronica che mi salvano, lui che alla prima accelerata un po’ decisa fa pattinare le enormi Pirelli posteriori sull’asfalto coperto d’acqua e foglie, controllandola sapientemente ma perdendo, forse, qualche anno di vita per lo spavento. La differenza sta tutta qui: l’Aventador è una supercar alla portata di tutti o quasi, la Countach appartiene a una stripe di vetture a cui non basta dare del Lei, serve come minimo il Voi.

Quel cambio da maschio alpha. Torniamo alla base. Altro giro, altra giostra. Sempre per esigenze di storyboard, (il famigerato pari o dispari) questa volta a me tocca la Diablo e a lui la Murciélago. Io su uno dei 44 esemplari di 6.0 SE esistenti, nonché l’ultimissima uscita dalla catena di montaggio, lui sull’ancor più rara versione Versace, tirata in venti pezzi soltanto. L’asfalto è sempre viscido come pochi e anche stavolta, sulla Diablo, ho la trazione integrale, a cui la Lamborghini ha iniziato a lavorare nel 1993 proprio con la indiavolata supercar dell’epoca. Soltanto che è una 4x4 d’antan, con giusto viscoso anziché una rapidissima frizione multidisco a gestione elettronica, e l’80% della coppia resta alle ruote posteriori; difatti, appena vai sul gas un po’ deciso, il sovra di potenza è dietro l’angolo e te la devi cavare da solo. Della Diablo “seimila” apprezzo comunque la titanica coppia che mi permette di farmi tutta la Panoramica con un paio di marce soltanto, seconda e terza. Che poi, a dirla tutta, le marce le infilavo anche senza una reale necessità soltanto per godermi la leva manuale con selettore ad H, che quando la usi ti fa sentire un maschio alpha per la decisione e la determinazione con cui devi utilizzarla.

La prima volta delle palette. Roberto, dal canto suo, è alle prese coi paddle della sua Murcy, la prima Lambo V12 della storia a montare un cambio robotizzato: si chiamava e-gear, di fatto era il conosciuto manuale ma elettroattuato, dunque nulla di paragonabile all’ISR della Aventador o a un qualsiasi doppia frizione; ma il fascino è comunque indiscutibile, perché anche le cose imperfette, col senno di poi, diventano adorabili. Il passaggio da Countach a Murciélago, almeno a giudicare dall’entusiasmo di Roberto appena alzata la portiera verso il cielo, dev’essere stato scioccante; trent’anni di progresso tecnologico sono evidentemente tangibili. Terminiamo le ultime riprese che ormai è buio e il freddo ancor più tagliente. Le quattro V12 LP risalgono sul camion per tornare al caldo del museo e noi imbocchiamo la strada di casa su una più umile Dacia Duster a Gpl con nove cilindri in meno. Con cambio manuale, però, e un gran sorriso stampato sul volto.