Nell’annus horribilis del Covid, il 2020 appena concluso, i soldi che le aziende a livello globale hanno investito nelle applicazioni di intelligenza artificiale non sono diminuiti. Anzi, secondo un’indagine condotta dalla McKinsey, il 78% degli imprenditori di vari settori (tra cui l’automotive) intervistati ha mantenuto invariati gli stanziamenti (36%) o li ha aumentati (42%) rispetto all’anno precedente, cioè il 2019. Così come sono cresciuti i finanziamenti raccolti dalle startup che lavorano a programmi di apprendimento dei computer o alle loro applicazioni concrete. Tra cui la guida autonoma, che per un po’ è sembrata dimenticata. Nessuno che ne parlasse più.
Leader, sfidanti, inseguitori. Invece, la ricerca non si è fermata, ha semplicemente ridimensionato i suoi obiettivi. Che restano comunque impegnativi. Ma nella corsa ad assicurare un livello 3 pieno, o un livello 4 parziale, non tutti i costruttori sono sullo stesso piano. Lo rivela una ricerca pubblicata da Bloomberg, che dà la pagella ai vari protagonisti. E i voti più alti li prendono gli outsider, le tech company e le software house della West Coast americana, come Google/Waymo e Cruise. La classifica presenta non poche sorprese, come quella che riguarda la Tesla… già, perché la Casa di Elon Musk, contrariamente a ogni previsione, è stata "bocciata". Potete scoprire sul dossier QNovità 2021, la cui sezione centrale - che spezza la rassegna sugli esordi di prodotto dell’anno - è dedicata proprio all’intelligenza artificiale.
Patto col diavolo. Un tema lungi dall’essere abbandonato dall’industria automobilistica. Anche perché non riguarda soltanto la sfida di rendere le auto capaci di guidare (parzialmente) da sole, ma anche quella di sviluppare interfaccia di bordo sempre più in grado di capire il linguaggio umano. Un’impresa quest’ultima gigantesca, che si fa ancora più difficile con la diffusione delle auto elettriche. Perché i software gestionali lì diventano assai più complicati che su un’auto a combustione. Per questo c’è chi tra i costruttori ha pensato al "patto con il diavolo", cioè ad accordi che di fatto consegnano l’ambiente multimediale di bordo nelle mani dei produttrici di hardware e software, che per certi versi (guida autonoma, servizi di mobilità, ecc) rappresentano un potenziale concorrente per le case automobilistiche tradizionali.
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