Più qualità, sempre più servizi sempre più digitalizzati (anche con l’aiuto del machine learning), formazione, focalizzazione sullo sviluppo di alcuni mercati (come quello dei pneumatici); ma anche massima attenzione non solo a quanto il parco circolate aumenta ma a come e dove si rafforza, il che non richiede necessariamente una crescita numerica della rete. Sono questi i temi che nel 2026 vedranno ingaggiati i titolari e i collaboratori degli Arval Premium center, l’élite della rete di assistenza ai clienti della società di noleggio di BNP Paribas; temi che si possono applicare all’intero mondo dell’autoriparazione. Le riflessioni sono state offerte nel corso della convention annuale dedicata ai partner italiani dalla società di mobilità, 194 aziende del network multiservice (cui si aggiungono 1.608 Arval Center specializzati nelle singole tipologie di riparazione) che erogano ai clienti l’intera gamma di servizi, dalle auto sostitutive, allo stesso noleggio a lungo termine, alla vendita di veicoli usati ex-locazione. Linee guida corroborate da numeri, dati, e dalle valutazioni di relatori non esclusivamente appartenenti all’organizzazione di Arval Italia.
Più flotta, più interventi
Nel prologo della convention, Manuela Palmieri, global operations director, ed Efrem Bresolin, direttore aftermarket networks di Arval Italia, hanno commentato alcuni numeri chiave dei servizi post-vendita della società, che fra le emanazioni nazionali del gruppo è la seconda in Europa per flotta di veicoli - 290.000 fra vetture e veicoli commerciali -, in crescita del 6% rispetto all’anno scorso. La rete ha gestito quest’anno 1.200.000 eventi riparativi, in progressione del 9% (in gran parte legati all’ampliamento del parco e quindi, essenzialmente, al maggiore fabbisogno di cambi di pneumatici) e 57.000 attività sostitutive. Un volume di lavoro che, sempre secondo i manager di Arval Italia, si deve gestire senza necessariamente ricorrere a un allargamento la rete, ma piuttosto aumentando l’efficienza. L’obiettivo è riuscire a comprendere le necessità di un dato territorio, anche grazie all’utilizzo del machine learning, garantendo costantemente la capacità di ogni struttura, secondo un piano che prevede l’aggiornamento dinamico degli obiettivi prioritari.
Realtà più articolata
Con l’evoluzione del parco, infatti, si trasformano anche le necessità operative. Alcuni esempi fatti da Bresolin: le autovetture ibride plug-in hanno un consumo dei battistrada diverso dalle altre, e la rotazione delle coperture assume maggiore importanza; gli eventi atmosferici estremi come la grandine si fanno più frequenti; gli Adas hanno ridotto i sinistri, ma aumentano i microtamponamenti ed è quindi necessario accrescere le capacità di smart repair. Per molte attività è fondamentale giocare d’anticipo, magari con dei promemoria ai clienti attraverso l’app MyArval. Intanto, lo scenario del settore cambia con grande rapidità e Alessandro Floria, direttore marketing & digital di Arval Italia, definisce il contesto attuale a dir poco nebuloso, a causa di un mercato dell’auto in contrazione, dell’aumento dei listini, di incentivi limitati nel tempo e nelle risorse, di una normativa fiscale schizofrenica. Insomma, il semplice dato sulle immatricolazioni non è più sufficiente a leggere davvero la salute del comparto, che, nel caso del noleggio, è influenzato da scelte che scelte tattiche fatte da alcuni operatori due anni fa e condizionato da immatricolazioni rent to rent.
Riparare invece di sostituire
La scelta di Arval di muoversi diversamente è testimoniata, sempre secondo Floria, da una quota di auto elettriche nella flotta decisamente superiore rispetto al mercato in generale: 8,5% contro 5,7. E dal buon andamento di tutte le aree di business, dal Nlt, alle formule alternative come Arval Flex, al rinoleggio di veicoli usati, alle soluzioni per i dipendenti delle aziende titolari di flotte, al car sharing, alle auto sostitutive, fino ad arrivare al remarketing delle auto a fine noleggio e alle bicilette elettriche. Il tutto va conciliato con esigenze o requisiti di sostenibilità crescenti: Arval Italia, come ha sottolineato Valeria Evangelista, chief sustainability officer della società, ha già adesso raggiunto risultati migliori rispetto ad altri Paesi per quanto riguarda le smart repair, le riparazioni a danni meno impegnativi che non richiedono necessariamente la sostituzione di parti, e che valgono il 46% del totale degli interventi di carrozzeria.
Fatturato in aumento
Trend più generali e di più lungo respiro sono stati illustrati da Luca Montagner, senior advisor automotive e associate director di Icdp per l’Italia, che registra un fatturato del comparto post-vendita in crescita negli ultimi sei anni (circa 35 miliardi di euro, +13%), con meno operatori (42.000 nel comparto auto e veicoli commerciali, -8%) a fronteggiare un’età maggiore del parco (13 anni, + 2,6 rispetto al 2015). In un contesto di generale calo del numero dei dealer, l’inversione di tendenza dovuta all’arrivo dei nuovi costruttori cinesi non ha in Italia la stessa energia espressa nel resto d’Europa. E mentre i dati di profittabilità delle officine indipendenti migliorano – non solo in generale ma anche nel fatturato per addetto – Montagner sottolinea il clima favorevole al noleggio a lungo termine, percepito in particolare da quel 25% degli operatori che ha già stretto accordi con le società di renting, portatrici del 30% dei passaggi in officina. Quanto alle carrozzerie, più della metà dei sinistri viene canalizzata dalle assicurazioni, ma le reti autorizzate stanno guardando comunque con più interesse a questa fascia. Allargando la prospettiva al 2030 si prevede un aumento dell’incidenza dei passaggi extra carrozzeria e del relativo fatturato mentre, per quanto riguarda la carrozzeria, una diminuzione degli interventi ma un aumento del valore medio. La richiesta dei clienti si sposta sempre più verso servizi che minimizzino i tempi di interruzione della mobilità; il loro livello di soddisfazione – sostiene ancora Montagner – può però ancora migliorare.
Più visibilità per intercettare gli investimenti
Un recupero in questo ambito sarà reso più difficile dalla difficoltà di trovare nuovi tecnici, parallelamente a un aumento della complessità delle vetture, che sta facendo crescere il numero di casi in cui i riparatori indipendenti rinunciano agli interventi a favore delle reti ufficiali. Investimenti, reperimento di nuovi talenti, migliore conoscenza dei propri clienti, misurazione delle performance, allargamento della gamma di attività anche attraverso le collaborazioni e utilizzo del digitale appaiono le azioni più sagge per affrontare questa situazione. Valutazioni condivise da Gianluca Di Loreto, partner di Bain & Company, che rivela come l’interesse degli investitori si sia spostato verso l’aftermarket. Uno sviluppo interessante, che mal si concilia con dimensioni aziendali troppo piccole. Il consiglio di Di Loreto è fermarsi a riflettere sula possibilità di creare realtà regionali o infraregionali più grandi, accordandosi con aziende vicine.
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