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Michael Schumacher


Michael Schumacher
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La Formula 1 è l'apice del motorsport e solo pochi piloti riescono ad arrivarci. E solamente alcuni sono in grado di lasciare un segno indelebile, dentro e fuori la pista. Uno di questi è indiscutibilmente Michael Schumacher, considerato a ragione uno dei più grandi piloti di sempre.

Le origini del mito. Michael ha ereditato la passione per le corse dal papà Rolf, gestore di un kartodromo in quel di Kerpen, in Germania. In quella pista Michael ci è praticamente cresciuto e a 4 anni, per la prima volta, si mise al volante di un kart. Amore a prima vista. A differenza degli altri ragazzini, Michael non poteva contare su materiale competitivo per correre e spesso racimolava le gomme che gli altri gettavano via per montarle sul proprio kart. Probabilmente è da esperienze come queste che ha imparato il suo proverbiale spirito di sacrificio, che gli è tornato molto utile negli anni a venire.

Gli esordi. A dargli la possibilità di giocarsi le sue chance è stato Jürgen Dilk, imprenditore locale che lo sostiene nei suoi primi campionati. Schumacher ricompensa la fiducia con la vittoria del titolo tedesco junior e la vittoria nel campionato europeo. Il salto dal kart alle monoposto nel 1988, con il debutto nel campionato tedesco di Formula Ford e la vittoria schiacciante in Formula König, dove ottiene 9 successi su 10. Il primo vero contratto importante è quello con la Mercedes per pilotare i prototipi di Stoccarda nel Mondiale Sport Prototipi.

Il debutto in F1. L'arrivo di Michael Schumacher in Formula 1 è legato a un aneddoto curioso: il tedesco, infatti, diventa il sostituto di Bertrand Gachot, arrestato a Londra in seguito a una lite con un tassista. La Mercedes, tramite Willie Weber, fiuta l'affare e lo gira a Eddie Jordan che lo schiera nel Gran Premio del Belgio del 1991. In qualifica, Michael lascia tutti a bocca aperta: nonostante una vettura poco competitiva, strappa un ottimo settimo posto. Ottime premesse in vista della gara che, però, dura solamente poche centinaia di metri a causa della rottura della frizione della sua monoposto. Ma tanto basta per farsi notare. Il talento di Michael non è sfuggito a Flavio Briatore, team principal della Benetton, che con un'abile trattativa lo porta immediatamente al fianco di Nelson Piquet, spedendo Roberto Moreno alla Jordan. Una mossa che dà i primi frutti piuttosto velocemente. Michael Schumacher conquista il primo successo della sua carriera esattamente un anno dopo il debutto, alla guida delle Benetton motorizzata Ford, sulla stessa pista dove aveva debuttato, quella di Spa-Francorchamps.

Campione del mondo. Il 1994 è segnato dall'abolizione degli aiuti elettronici sulle monoposto: niente più sospensioni attive, controllo di trazione e launch control. Dopo le incoraggianti performance dell'anno precedente, la Benetton si presenta in pista come una delle candidate per la lotta al titolo, nonostante i pronostici parlano della Williams di Ayrton Senna come favorita. La storia, però, ci ha privato troppo presto del campione brasiliano, morto nel tristemente noto weekend di Imola di quell'anno. Michael Schumacher si ritrova così a lottare davvero con una Williams, ma quella del figlio d'arte Damon Hill. La battaglia è serrata e si protrae fino all'ultima gara in Australia, dove i due arrivano separati da un punto a favore del tedesco. Il circuito di Adelaide diventa scenario di un episodio decisivo: mentre Schumacher è in testa, perde il controllo della vettura e tocca le barriere, danneggiando la sospensione anteriore della sua Benetton. Cerca di riprendere l'asfalto, nel disperato tentativo di continuare. Hill, poco dietro di lui, si lancia immediatamente all’attacco nella frenata successiva, ma i due si toccano. Schumacher è costretto subito al ritiro. Ha il volto tirato, di chi sa di aver commesso un errore fatale. Hill torna ai box, ma le sospensioni della sua Williams sono danneggiate: gara finita anche per lui. Solo in quel momento Michael Schumacher tira un sospiro di sollievo: è matematicamente Campione del Mondo.  Rotto il tabù, Michael Schumacher fa il bis l'anno successivo alla guida della Benetton motorizzata Renault. Un vero e proprio dominio, culminato con la vittoria matematica del secondo titolo con due gare d'anticipo rispetto alla fine del campionato. Un ottimo modo per salutare il suo team, considerando che già nell'estate del 1995 pone la sua firma su un nuovo contratto, quello con la Scuderia Ferrari.

Alla corte di Maranello. Quando è arrivato alla Ferrari, Michael Schumacher sapeva benissimo quali erano i problemi e che sarebbe servito del tempo per tornare a vincere. La stagione 1996 viene dominata dalla Williams di Damon Hill, ma Michael si toglie ugualmente delle soddisfazioni: sotto il diluvio, al GP di Spagna, dà una lezione di guida a tutti i suoi rivali e conquista la prima vittoria vestito di rosso. Un'emozione che proverà per altre due volte nel corso della stagione, in Belgio e in Italia, davanti ai tifosi del Cavallino Rampante.

Prime occasioni. L'anno successivo le cose iniziano a cambiare e Schumacher si ritrova in lotta per il titolo contro la Williams di Jacques Villeneuve. Dopo una stagione di alti e bassi, i due si giocano il titolo nell'ultimo GP a Jerez de la Frontera. L'epilogo è controverso: braccato dal rivale, Schumacher perde la testa, dà un secco colpo di sterzo verso l'interno della curva per evitare di subire il sorpasso e causa l'incidente con Villeneuve, che però continua la gara indenne. Il tedesco finisce fuori e vede sfumare la vittoria. L'episodio gli costa caro, perché oltre a perdere il titolo, la FIA lo esclude per punizione dalla classifica piloti, riconoscendogli però i risultati ottenuti nel corso dell'anno. Anche nel 1998 si gioca il titolo fino all'ultima gara, ma paga un weekend nero in quel di Suzuka: prima lo spegnimento del motore in partenza e, una volta recuperato furiosamente terreno fino al terzo posto, lo scoppio di una gomma manda in fumo qualsiasi sogno di gloria: Hakkinen è campione. Il finlandese fa il bis anche nel 1999, ma lotta solo con Eddie Irvine. Nel GP di Gran Bretagna, infatti, Schumacher finisce contro le barriere della curva Stowe fratturandosi tibia e perone, saltando così diverse gare. Il suo rientro poco prima della fine del campionato permette alla Ferrari di tornare a vincere, conquistando il titolo costruttori. È il preludio dell’era d’oro della Rossa.

Ascesa e declino. Il 2000 è l'anno in cui Schumacher rompe il tabù di vittorie per la Rossa: 21 anni dopo Jody Scheckter, il Cavallino Rampante torna a vincere anche un Mondiale piloti. Si apre la golden era della Scuderia Ferrari in Formula 1, con Michael Schumacher protagonista assoluto. Dal 2000 al 2004, il tedesco conquista 48 vittorie e 40 pole position, mettendo in bacheca cinque titoli mondiali di fila: un record che continua ancora oggi a resistere. Ma come tutte le storie più belle, anche questa era destinata a finire. Dopo anni di dominio assoluto, il 2005 è un annus horribilis per la Ferrari. L'unica vittoria arriva a Indianapolis, in una gara boicottata dai gommati Michelin che ha visto al via solo le Ferrari, le Jorden e le Minardi. Nel 2006 la Rossa torna a giocarsi il titolo iridato contro la Renault di Fernando Alonso. Lo spagnolo e Michael Schumacher ottengono 7 vittorie a testa, ma Fernando è campione del mondo con 134 punti contro i 121 di Michael. Nel GP d'Italia di quell'anno, durante la conferenza stampa che lo vede protagonista dopo la vittoria, annuncia il suo ritiro dalla Formula 1. Dal 2007 al 2009 resta a Maranello in qualità di superconsulente, un ruolo che gli sta particolarmente stretto. Ha l'occasione di tornare a provare la Rossa nell'estate del 2009, in seguito all'incidente di Felipe Massa: il dolore al collo per un incidente avuto in moto poco tempo prima, lo costringono però a saltare l'operazione nostalgia che gli avrebbe permesso di disputare altre gare in F1.

Il ritorno in F1. Dopo quel test nel 2009, Michael Schumacher accetta la proposta dell’amico Ross Brawn e sposa il progetto della Mercedes. Dal 2010 al 2012 corre, fra alti e bassi, al fianco di Nico Rosberg. Troppe aspettative su di lui in una squadra ancora acerba. Diversi piazzamenti a punti e poche altre soddisfazioni, come la pole "fantasma" ottenuta al GP di Monaco - non conteggiata ai fini statistici a causa di una penalità - e il podio ottenuto al Gran Premio d'Europa di quello stesso anno, l'ultimo della sua lunga carriera in Formula 1. Una carriera che, in numeri, si traduce in 308 presente, 91 vittorie, 68 pole position e 77 giri veloci in gara. E, ciliegina sulla torta, 7 titoli mondiali.

L’incidente di Meribel. 29 dicembre del 2013: è la data che segna per sempre la vita di Michael Schumacher. Mentre si trova con la famiglia sulle montagne di Meribel, in Francia, cade e sbatte violentemente la testa, rimediando serie lesioni cerebrali. È l'inizio del calvario: dopo due interventi e sei mesi di coma farmacologico, il suo percorso di riabilitazione continua ancora oggi. La famiglia non ha dato dettagli sulle sue condizioni di salute per proteggerne la privacy, ma dalle sporadiche interviste concesse, si evince che Michael potrebbe vivere in una sorta di stato vegetativo, dal quale è improbabile possa uscire.