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Cronaca

Particolato
Filtri Dukic, Motorizzazione assolta

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Assoluzione perché il fatto non sussiste. Si è concluso così, dopo otto anni di calvario, il procedimento giudiziario avviato nel 2010 nei confronti dell’ex direttore generale della Motorizzazione civile, Maurizio Vitelli, e del dirigente dello stesso ufficio del ministero dei Trasporti, Vito Di Santo. La sentenza è stata pronunciata dalla giudice per le indagini preliminari, Angela Gerardi, dopo che già il pubblico ministero aveva chiesto al Gip l’archiviazione del procedimento “ritenendo insussistenti gli elementi costitutivi del reato ipotizzato”.

Nel 2008 la domanda di omologazione. Il procedimento era stato originato da una prima denuncia presentata da Anna Dukic, legale rappresentante della società Dukic Day Dream, produttrice del sistema Tre D Car Van, finalizzato all’abbattimento della massa di particolato emessa da autovetture e autocarri di massa complessiva fino a 3,5 tonnellate durante la circolazione. In pratica, secondo l’azienda, l’installazione del dispositivo su veicoli con classe di emissione Euro 3 avrebbe consentito la loro riclassificazione nella categoria immediatamente superiore, cioè Euro 4. Per questo motivo la Dukic aveva presentato, nel 2008, richiesta di omologazione ministeriale forte di alcune prove tecniche svolte presso il Centro prove autoveicoli di Bari, organo periferico dello stesso dicastero.

La Motorizzazione chiede altre prove. Con una nota del 9 dicembre 2009, la direzione generale della Motorizzazione, dopo aver rilevato l’incongruenza di alcuni test, aveva indicato alla Dukic “i termini per la corretta esecuzione degli stessi”. In particolare, secondo la Motorizzazione mancava la prova di durabilità, indispensabile per verificare che il livello di riduzione della massa di particolato rimanesse costante nel tempo nelle ordinarie condizioni di uso del veicolo. Inoltre, obiettò la Motorizzazione, ai sensi della norma di settore il funzionamento del dispositivo andava verificato tre volte e non una sola, come invece era stato fatto.

Ricorso al Tar e denuncia penale. La società Dukic, invece di seguire le indicazioni ministeriali sulle provce necessarie a ottenere l'omologazione, incredibilmente diffidò la direzione generale della Motorizzazione per la mancata adozione di un provvedimento espresso, di accoglimento o di rigetto. L’11 giugno 2010 l’amministrazione reiterò le proprie considerazioni: erano necessarie tre verifiche, non una, e mancava la prova di durabilità. A quel punto la Dukic avviò la sua guerra legale su un duplice fronte, amministrativo e penale. Una guerra che merita di essere raccontata.

Il Mit vince al Tar e la procura archivia. Sul fronte amministrativo il Tar del Lazio respinse entrambe le volte (per le due note ministeriali) la domanda di sospensione di esecuzione. Sul fronte penale, invece, la battaglia è stata lunga e si è svolta su più fronti. Una prima archiviazione, da parte della procura di Roma, risale al 2011, quando il Gip, su richiesta dello stesso pubblico ministero, ritenne insussistenti gli elementi costitutivi del reato ipotizzato, individuando le ragioni della mancata omologazione nella mancata effettuazione delle prove di durabilità da parte della Dukic e nella inidoneità del veicolo sul quale erano state eseguite le prove di funzionamento del dispositivo. Tra l’altro, in quella circostanza il Gip evidenziò come di fatto la Dukic pretendesse che la procura si sostituisse all’attività della pubblica amministrazione…

Denuncia bis della Dukic. La Dukic presentò una nuova denuncia il 19 aprile 2011, stavolta alla procura di Terni, con la medesima accusa e un’ulteriore denuncia a luglio 2012 nella quale sosteneva, in buona sostanza, che la richiesta di ulteriori prove, da parte della Motorizzazione, avesse impedito alla società di entrare sul mercato favorendo in tal modo il monopolio della Pirelli, unica società ad avere ottenuto l’omologazione. Dopo aver acquisito gli atti, la procura umbra li trasmise a quella della Capitale per competenza territoriale. Il 30 giugno 2015 il Pubblico ministero Giorgio Orano chiese nuovamente l’archiviazione, evidenziando l’analogia dei contenuti della denuncia rispetto a quella già archiviata dal Gip di Roma. Anche in questo caso, il Pm concludeva per l’insussistenza di una violazione da parte degli imputati, che invece si erano attenuti alla normativa vigente “posto che la Dukic vorrebbe ottenere l’omologazione in assenza delle prove di durabilità così come descritte nei decreti ministeriali cui ritiene di non essere tenuta”.

L’approfondimento d’indagine. Stavolta, però, il Gip ordinò un’integrazione delle indagini, all’esito delle quali il procedimento fu iscritto per il reato di omissione di atti d’ufficio. Nel frattempo, a fronte dell’ennesima richiesta di omologazione, presentata il 12 ottobre 2015, la direzione generale della Motorizzazione civile adottò, il 6 novembre 2015, un provvedimento negativo sottolineandone i “vizi insanabili” sia perché basato su una prova eseguita in maniera incongrua – in difformità dalle prescrizioni vigenti e comunque priva di qualsiasi valore stante l’utilizzazione di un veicolo assolutamente non rappresentativo, quindi inidoneo – sia per la mancata effettuazione della totalità del numero delle prove previste dalla direttiva comunitaria 1970/220/CE, non mancando però di aggiungere che le prove medesime “potranno essere nuovamente effettuate laddove codesta società ritenga ancora di ottenere la certificazione”.

Il pm chiede l’archiviazione. Il 16 novembre 2016 il pubblico ministero chiese una nuova archiviazione sottolineando che sarebbe stato sufficiente che il produttore si fosse impegnato all’espletamento della prova … impegno che la Dukic non aveva mai inteso assumere. A fronte di tale richiesta, però, il Gip ordinò al pubblico ministero di formulare l’imputazione per il reato di omissione di atti d’ufficio a carico di Maurizio Vitelli e Vito Di Santo, atti “che avrebbero dovuto compiere senza ritardo per ragioni di sicurezza e sanità (la salvaguardia della salubrità dell’aria)”.

Il giudice assolve i filtri antiparticolato. Siamo finalmente all'epilogo. Dopo aver ribadito la correttezza dell’operato degli imputati, il giudice si sofferma sui presunti rischi per la salute pubblica derivanti dall’adozione dei filtri antiparticolato, sollevati dalla Dukic, citando gli studi del Cnr e dell’Istituto superiore di sanità. “Alla luce di tali studi”, si legge nella sentenza, “a oggi il filtro antiparticolato si ritiene la migliore tecnologia disponibile per ridurre le emissioni di particolato allo scarico dei motori diesel sia in termini di massa che di numero di particelle”. E a proposito del diniego all’omologazione dei filtri Dukic, il Gip scrive che “va ricondotto a una pluralità di fattori tra cui il mancato impegno della ditta a effettuare le prove di durabilità”. Per questo motivo, conclude la giudice Gerardi, non può che concludersi nel senso della insussistenza della prova del reato contestato agli imputati, nei cui confronti, pertanto, deve pronunciarsi sentenza di assoluzione perché il fatto non sussiste”.

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