La Florida, terra di sole e spiagge, questa volta mi ha accolto con un abbraccio gelido. Anche se il termometro segnava nove gradi, il vento mi tagliava il viso come una lama affilata. L’aria sembrava trasportare con sé un brivido di tensione, il preludio a una notte che sarebbe rimasta nei nostri cuori. La 24 Ore di Daytona non è solo una gara, è un viaggio che ti penetra nelle ossa.
Il primo dispiacere è arrivato prima che il sole si tuffasse sotto l’orizzonte. La Lamborghini SC63 si è ritirata. La preparazione era iniziata in ritardo, ma il Ceo, Stephan Winkelmann, aveva voluto esserci a tutti i costi. Con il calare del sole, la cupola celeste si tingeva di tonalità cremisi. È in questo momento che i piloti affrontano la loro prova più dura: il primo stint al buio. La solitudine di chi guida è tangibile, soli con i propri pensieri e quel carico di responsabilità che pesa come un macigno, lì, dentro l’abitacolo, mentre fuori la temperatura scende. Nella fanzone, la musica risuona e l’odore di cibo di strada è una tentazione irresistibile! I pick-up si trasformano in salotti mobili, con divani nel cassone e coperte di lana a proteggere chi sonnecchia. Altri, nei loro motorhome, apparecchiano per la cena o si godono la gara dal tetto, sorseggiando una Budweiser. Daytona non è solo una corsa, è un rito che unisce migliaia di appassionati. Qui, tra V8 e V12, si stringono nuove amicizie.

Alle dieci, un tripudio di fuochi d’artificio illumina il cielo. È il segnale che indica la fine delle attività per il pubblico. Dall’alto della tribuna, i tecnici e i giudici seguono ogni istante della gara su decine di monitor. Nonostante un incidente e l’ingresso della safety car, il personale Imsa gestisce tutto con una calma impressionante. Sono le due di notte quando un membro dello staff si presenta con un mac and cheese fumante.
Gli spotter, i guardiani delle gesta dei piloti, sono appollaiati sul tetto della tribuna. Per difendersi dal freddo, si rifugiano in sarcofaghi di plastica trasparente, mentre enormi damigiane di caffè caldo non bastano a scaldarli. Verso le cinque del mattino, dai cespugli sbucano grovigli di coperte, ragazzi accoccolati l’uno sull’altro per scaldarsi. Poco dopo le sette, il sole fa capolino all’orizzonte. E con lui torna Elio, il dio del giorno, a illuminare la pista. I primi zombie della notte si riversano verso i camioncini di street food per un caffè bollente e un panino. Nei motorhome, qualcuno si concede un drink mattutino per combattere il freddo.
In Ferrari, intanto, si prepara il cambio turno. La notte non è stata clemente per loro. Il Balance of Performance imposto dall’IMSA ha reso tutto più complicato. Il sole è ormai alto, ma per la squadra di Maranello la notte finirà solo alle 13:40, quando la bandiera a scacchi sancirà la fine della gara. E, purtroppo, non sarà un bel risveglio. La notte a Daytona è così: dura, emozionante, romantica e spietata. Un viaggio tra il gelo, la passione e la resistenza umana. Un’esperienza che lascia il segno, come il sole che, infine, torna a baciare l’asfalto.
COMMENTI([NUM]) NESSUN COMMENTO
Per eventuali chiarimenti la preghiamo di contattarci all'indirizzo web@edidomus.it