Per fare strada serve tempo
Unione dei due mondi, termico ed elettrico. Soluzione ponte per traghettare gli automobilisti dalla normalità convenzionale alla mobilità a batteria. Strumento utile ai costruttori per raggiungere gli obiettivi di contenimento delle emissioni di anidride carbonica. Comunque lo si definisca, l'ibrido plug-in è sempre più diffuso, anche se i dubbi e le incertezze dei potenziali acquirenti delle automobili di questo tipo non mancano. Non è infatti un mistero che i loro costi vivi di esercizio dipendano in misura importante dalla tipologia e dalla lunghezza dei percorsi abituali: se questi rientrano nell'autonomia garantita dall'energia immagazzinata nell'accumulatore, la spesa è minima (se lo si ricarica a casa), mentre, se entra in gioco il motore termico, l'esborso per il carburante è decisamente superiore al normale, a causa del peso elevato delle batterie.
Dati che contano. Due caratteristiche importanti da considerare quando si valuta l'acquisto di un'auto ibrida con la spina – anche se non fondamentali come nel caso delle elettriche pure – sono quindi l'autonomia effettiva a corrente e il tempo necessario per il rifornimento della batteria. A questo proposito, le differenze da modello a modello sono consistenti, in particolare per ciò che riguarda il raggio d'azione a corrente. Il valore medio, rilevato nel corso delle nostre prove, è di 46 chilometri, ma tra il risultato peggiore e quello migliore il divario è assai ampio: si va da 36 a 66 chilometri. È chiaro che il primo dato è tutt'altro che soddisfacente, tanto più che può anche peggiorare in caso d'impiego del climatizzatore (nel corso dei nostri test) oppure di temperature rigide, per via della riduzione delle prestazioni della batteria. Simili percorrenze rendono le ibride plug-in convenienti soltanto per chi effettua tragitti quotidiani molto brevi oppure per chi le sceglie soprattutto per beneficiare dei vantaggi, fiscali e pratici, che garantiscono. Va detto, però, che i modelli più recenti hanno fatto segnare progressi tangibili, grazie all'adozione di batterie di maggiore capacità e all'evolversi della tecnologia, che ha consentito di migliorare lo sfruttamento dell'energia dell'accumulatore.
Per fare strada serve tempo
Meglio farlo spesso. L’energia, come già detto, va ripristinata con la massima frequenza possibile. Idealmente, un pendolare dovrebbe ricaricare la batteria tutte le sere, al ritorno a casa, oppure durante la permanenza al posto di lavoro, nel caso l'azienda offra questa possibilità. Va detto, poi, che l'operazione non comporta tempi biblici, neanche nel caso di collegamento della vettura a una normale presa domestica. Il motivo è semplice: l'accumulatore delle plug-in è di taglia ridotta (spazia da circa 8 a 17 chilowattora), perché deve garantire percorrenze in modalità elettrica di appena qualche decina di chilometri. Traducendo in numeri, si va da poco più di un'ora e mezza a quasi cinque ore. Attese facilmente gestibili, quindi. Semmai, il problema risiede nella possibilità di collegare la presa di corrente del box a un proprio contatore, cosa tutt'altro che scontata, e nell'ottenere tariffe convenienti dell'energia elettrica, nonostante gli aumenti paventati recentemente. Nell'eventualità di un allacciamento dedicato, infatti, i costi sono assai maggiori di quella domestica. In ogni caso, nonostante i tempi di ricarica da noi rilevati siano relativi a operazioni effettuate a una colonnina, vista la taglia ridotta della batteria delle plug-in (da 8 a 17 kWh), l'operazione si può compiere al massimo nell’arco di una notte anche collegandole a una presa domestica.
L'approfondimento
La ricarica a corrente continua privilegio di poche. Diversamente dalle elettriche pure, di solito le ibride plug-in non offrono la possibilità di collegarsi alle stazioni di ricarica rapida in corrente continua. Il motivo è semplice: visto che in questo tipo di vetture non è indispensabile (e nemmeno conveniente) ricaricare mentre si è in viaggio, dato che quando la batteria si esaurisce entra in gioco il motore termico, si evita di aggiungere l'ulteriore costo rappresentata dall'hardware necessario per consentire la ricarica rapida. Alcuni costruttori premium, però, la prevedono di serie (per esempio, per le Range Rover e Jaguar) o a richiesta (la Mercedes).
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