È passato un quarto di secolo e a me sembra ancora ieri. Eppure sono 25 anni che ripenso al grande campione e al felice rapporto che avevo avuto con lui fuori dalle piste. Ayrton Senna era uno che selezionava le persone da frequentare, ben attento a evitare gli adulatori e tutti quelli che lui riteneva opportunisti. Aveva un pugno di amici veri, tra questi il fotografo Angelo Orsi, e una lista molto asciugata di conoscenti con i quali aveva piacere di stare assieme. Io tra questi.
A Bologna nel 1989. È proprio durante queste frequentazioni che ho avuto l’opportunità di apprezzare il lato estremamente paziente di questo asso indiscusso e indimenticabile, capace di accettare anche i capricci di quelli del suo “giro” senza mai far valere il suo status di stella di prima grandezza. Ecco allora un ricordo che mi porto addosso con enorme soddisfazione perché lo considero un gesto di estrema cortesia nei miei confronti. Tutto accadde a cavallo della primavera 1989. Ayrton era venuto a Imola per dei test da fresco campione del mondo con la McLaren e, come accadeva ogni volta, ci eravamo sentiti per uscire a cena e chiacchierare un po’ (peraltro lui parlava sempre e solo di auto e di corse). Succede però che quella sera si gioca a Bologna la semifinale di Coppa Italia tra Caserta e la Virtus, mia squadra del cuore e vera fede in una città che si è sempre nutrita di pane e basket. Come fare?
Due campioni brasiliani al Palasport. La soluzione per me è una sola: andare alla partita e poi a cena. Ma come potevo intrigare Ayrton che di pallacanestro nulla ne sapeva e tantomeno gli interessava? Mi venne in mente che a Caserta giocava un formidabile campione brasiliano, Oscar (Schmidt), e che sarebbe stato bello farglielo incontrare. Accettò con la pazienza di cui sopra, un atto davvero non dovuto. Finimmo così al Palasport strapieno di spettatori con lui che era molto preoccupato perché era sempre restio agli affollamenti senza protezioni. Chiesi allora al segretario della Lega Pallacanestro, tale Crovetti, se si poteva fare una foto prima della partita, magari a centrocampo, con i due che si stringevano la mano, ma mi sentii rispondere di no perché ne avrebbe patito la concentrazione di Oscar. Una decisione di una miopia assoluta perché quell’immagine avrebbe spopolato in Brasile e fatto il giro del mondo nel giro del basket. Comunque Senna rimase seduto tutto il tempo a guardarsi un incontro di cui nulla capiva, sorbendosi persino un tempo supplementare, prima di mettere i piedi sotto il tavolo di un ristorante in città disposto a servirci anche se dopo le 23 passate. Ecco, questo era Ayrton e questa la sua disponibilità. Mi piace ricordarlo così soprattutto in questi giorni dove tutti i pensieri vanno alle sue leggendarie imprese al volante o al suo disgraziato pomeriggio del primo maggio 1994.
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