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Concorso Italiano 2025
Tra sogno e riflessioni

Cesare Gasparri Zezza da Monterey (Usa) Cesare Gasparri Zezza
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C’era un’aria sospesa, sabato, al Bayonet Black Horse di Monterey. Il Concorso Italiano ha celebrato i suoi 40 anni con quella miscela di leggerezza e solennità che solo certi luoghi sanno offrire. Si camminava sul prato come su un tappeto carico di memorie, e il cielo velato lasciava filtrare una luce gentile, quasi a incoraggiare la festa senza sfiancarla. Le auto erano tante, ma più che i modelli contava l’impressione: la linea lucida di una carrozzeria che sembrava disegnata dal vento, i riflessi del rosso che catturavano sguardi e obiettivi, la grazia dei dettagli. Si respirava la bellezza italiana, quella che non ha bisogno di rumore, perché basta un profilo per far sognare.

Alfa Romeo dominava la scena, presenza calda e familiare, capace di unire epoche diverse in un’unica narrazione. Il pubblico, come sempre, era parte dello spettacolo: collezionisti e appassionati con gli occhi pieni di meraviglia, ognuno alla ricerca di un riflesso di sé in quelle carrozzerie. C’era chi ricordava un viaggio, chi un sogno di gioventù, chi immaginava di portare a casa anche solo un frammento di quella magia. Perché il Concorso non è solo un raduno di automobili: è una passerella di emozioni.

Tra le curve sensuali delle carrozzerie e l’odore dell’erba calpestata, il tempo sembrava fermarsi. Un’orchestrina di italoamericani, relegata su una collinetta accanto alle Ferrari, intonava canzoni tricolori. Un episodio quasi marginale, ma che riportava in scena un cliché dell’italiano all’estero che forse sarebbe ora di superare.

Il vero spettacolo, però, era quello del glamour silenzioso, degli sguardi rapiti, di un’Italia che ancora sa affascinare anche a migliaia di chilometri di distanza. Al culmine della giornata, sotto il cielo terso del Bayonet Black Horse, la giuria ha incoronato la Cisitalia Aerodynamica “Best of Show”: un riconoscimento che celebra non solo la bellezza di una carrozzeria intrisa di storia, ma anche l’arte e l’identità italiana che quella macchina incarna. In un parallelo tributo alla passione Lamborghini, il Valentino Balboni Award è stato assegnato a una Lamborghini Diablo Roadster nera del 1997, un modello che ha catturato l’attenzione dello storico collaudatore per eleganza, originalità e stato di conservazione.

Eppure, accanto a tanta eleganza, si avvertiva un leggero smarrimento. Troppi elementi estranei, troppe presenze che nulla avevano a che fare con il cuore della manifestazione. Bellezze, certo, ma fuori tema: come invitati capitati per caso a un ricevimento privato. La sensazione, a tratti, era quella di una festa cosmopolita più che di un omaggio tricolore.

Il Concorso resta una cornice unica, un incontro tra glamour e nostalgia, tra sogno e realtà. Ma 40 anni chiedono anche chiarezza, identità, coerenza. Quest’anno si è respirato un passo avanti rispetto al passato recente per la qualità di alcune vetture, eppure l’ombra di una direzione incerta resta. Forse è proprio questo il compito dei prossimi anni: scegliere se continuare a essere contenitore elegante o tornare a essere, davvero, il palcoscenico della passione italiana.

Intanto, sul prato del Bayonet, restano le immagini di sguardi accesi, di conversazioni improvvisate, di luce riflessa sulle cromature. Piccoli frammenti di sogno che, messi insieme, spiegano perché torniamo ogni anno. Perché qui, tra le pieghe di una giornata sospesa, l’Italia continua a farsi desiderare.

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