Visitare il McLaren Technology Centre (è l'edificio circolare, di fronte al lago) e il Production Centre (l'edificio rettangolare) è un'esperienza unica e fantastica. Qui nascono le McLaren di F.1 (vi sono ulteriori tre piani sotto terra nel Technology Centre) e le auto di produzione: finora sono state prodotte 2.600 12C (se ne producono da otto a nove al giorno) in una fabbrica dove si potrebbe ambientare un film di fantascienza, una sorta di clinica con pareti bianche e pavimenti completamente rivestiti con piastrelle di color grigio chiarissimo.
La P1 in luglio. Durante la nostra visita si stava allestendo la linea per la P1, il mostro di tecnologia che sarà prodotto in 375 esemplari a partire dall'8 luglio. A regime vi saranno 70 persone impiegate lungo la linea: le prime vetture saranno consegnate ai collezionisti europei mentre nel 2014 prenderanno il via quelle per i clienti asiatici e americani. A dicembre saranno finite le prime 50 McLaren P1.
Pulizia maniacale. Un dettaglio apparentemente insignificante può aiutare a rendere un'idea della cura maniacale con la quale Ron Dennis e i suoi si occupano di ogni aspetto: al centro dello stabilimento vi è la cabina di vetro nella quale ogni vettura prodotta è sottoposta a potenti getti d'acqua che riproducono le piogge torrenziali tipiche dei monsoni per evidenziare eventuali infiltrazioni d'acqua nelle auto. Ebbene, dopo ogni test, un addetto asciuga le pareti di cristallo della cabina, tirandole a lucido prima dell'ingresso della successiva vettura da testare. Il motivo? Visto che non mancano i clienti che chiedono d'assistere a tutte le fasi di assemblaggio della loro vettura, ognuno di loro ha "… il diritto di vedere costruire la propria McLaren come se fosse la prima e unica prodotta dalla fabbrica". Dunque, neppure una goccia d'acqua deve alterare la visione.
Tutto a mano. Idem avviene per le cabine della linea di verniciatura, anch'esse a vista dietro vetrate: qui un sofisticato sistema di spruzzatura evita che le polveri peggiorino l'ambiente di lavoro degli addetti e, naturalmente, che la vernice imbratti le vetrate. Tutto è assemblato a mano in fabbrica, l'unico robot è quello destinato alla verifica computerizzata tramite tastatori che misurano le dimensioni di ogni vettura assemblata per controllare se la geometria della carrozzeria rispetta i capitolati.
Formula 1 e monoposto storiche. Anche all'interno del Technology Centre tutto è a vista (o meglio, tutto quello che non è top secret) attraverso enormi vetrate: durante la nostra permanenza si stava lavorando per approntare le monoposto per il GP di Spagna di domenica prossima e si poteva ammirare la scocca della vettura di Perez con varie parti della sua meccanica. Poco più in là, in un altro reparto dell'officina, si stava restaurando una monoposto che fu di Senna e si lavorava a una con la quale corse James Hunt. La prima appartiene al museo McLaren, la seconda a un collezionista privato. Questo, mentre 10 metri più in là un gruppetto di meccanici ripeteva fino alla noia la procedura del pit stop per sincronizzare il cambio gomme in vista della gara. "La Red Bull detiene il record con un tempo di poco più di due secondi, ma noi lavoriamo per scendere a due secondi netti entro la fine della stagione", è stato il commento lapidario.
Pneumatici specifici per la P1. Con queste premesse si può capire come la nascita della P1 sia vissuta un po' come la gestazione di una monoposto di F.1, con la ricerca del meglio senza compromessi, di una macchina con la quale poter stare in coda senza problemi nel traffico caotico per poi scatenarsi in circuito con accelerazioni laterali di 2 g e un carico aerodinamico di 600 kg a 260 km/h. Il tutto senza neppure doversi fermare ai box per cambiare i pneumatici con i quali si è usciti dal garage di casa. Per questo motivo la Pirelli ha sviluppato una versione esclusiva per la P1 dei suoi PZero Corsa. La McLaren, infatti, considerato sia il camber elevato della P1 in configurazione pista sia i flussi aerodinamici che investono i pneumatici, ha chiesto che le gomme avessero una struttura differente da quelle in produzione per altre supercar.
Italiani a Woking. Quello di Pirelli non è l'unico contributo italiano alla P1. Due dei tecnici di spicco che lavorano alla McLaren e che hanno partecipato allo sviluppo del progetto (il nome in codice era P13) sono italiani: Claudio Santoni è il responsabile dei materiali compositi e Carlo Della Casa è l'Engineering director.
Stay tuned. Nella prossima puntata vi racconteremo i segreti della P1, dal motore alle batterie, dalle sospensioni alla struttura di carbonio.
Emilio Brambilla
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