Secondo i punti di vista, sono l'ultimo baluardo delle vetture termiche oppure un surrogato delle elettriche. Stiamo parlando delle plug-in, auto ibride dotate di una batteria abbastanza grande da assicurare prestazioni interessanti quando vanno a corrente, ma anche di un normalissimo motore termico che entra in gioco quando la carica si esaurisce. Niente ansia da autonomia, quindi, ma la convenienza economica ed ecologica delle ibride ricaricabili è da sempre in discussione. Per la complessità tecnica, innanzitutto, visto che, di fatto, sono costituite dall'unione di due gruppi motopropulsori quasi completi, con i relativi costi. Ma pure per l'efficacia nell'abbattere le emissioni di CO2, che è davvero reale soltanto se le si utilizza nel modo corretto, cioè ricaricando la batteria da una presa esterna ogni volta che è necessario (da qui la definizione di plug-in).

Il cambio ai raggi X.
1. Treno d'ingranaggi per le (sei) marce.
2. Motore elettrico da 116 cavalli.
3. Doppia frizione per l'innesto dei rapporti.
4. Frizione aggiuntiva per scollegare il motore a benzina e consentire la marcia in modalità EV.
5. Elettronica di controllo
kW e kWh in crescita. Potremmo considerarle, in modo grossolano, delle full hybrid con una batteria più grande, ma la realtà è assai più complessa. Per poter garantire prestazioni adeguate in EV, la potenza del motore – o dei motori – elettrico dev'essere nettamente superiore a quella di una classica full hybrid. Inoltre, occorre un accumulatore (e un'elettronica di potenza) in grado di supportare le maggiori performance in elettrico, offrendo autonomie a emissioni zero di diverse decine di chilometri. La Skoda Kodiaq che vedete in queste pagine dispone di una batteria agli ioni di litio da ben 25,7 kWh che le consente di percorrere in EV, secondo quanto dichiarato dal costruttore, più di 120 chilometri e di garantire prestazioni, nel caso si volesse dar fondo alla potenza di entrambi i sistemi (termico ed elettrico), quasi da sportiva. Va poi aggiunto un caricabatteria interno che, per ricaricare velocemente accumulatori di questa taglia, deve poter gestire una potenza adeguata, così da sfruttare al massimo la capacità delle colonnine in corrente alternata. Vista poi la taglia sempre più grande delle batterie, le plug-in di ultima generazione possono accettare persino la più rapida ricarica in corrente continua (fino a 64 kW per alcune Mercedes-Benz, come la GLE). Tutta questa complessità tecnica, però, non soltanto ha un costo, ma anche un peso che penalizza le percorrenze: se non si ricarica le plug-in con costanza, i consumi sono sensibilmente peggiori rispetto alle full hybrid.
Mazda - Quel range extender di nome Wankel
Sulla sua elettrica MX-30, la Casa giapponese ha aggiunto una sorta di range extender che, in realtà, ha dato vita a un originalissimo schema plug-in in serie. La fonte primaria di energia non è un motore termico a ciclo Otto, bensì un monorotore Wankel – da sempre caposaldo della tecnologia Mazda – che per la struttura, il peso e le dimensioni contenute si presta molto bene a essere utilizzato come generatore. Il propulsore principale, quello di trazione, è un elettrico sincrono a magneti permanenti da 170 cavalli, che muove le ruote anteriori, tramite un riduttore e un differenziale, ed è alimentato da una batteria agli ioni di litio da 17,8 kWh. Il Wankel, da parte sua, eroga 75 cavalli e trascina un generatore che supporta la batteria.
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