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Trasporto pubblico
Le inefficienze costano 1.500 euro a famiglia

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Ritardi, inefficienze, scioperi, sovraffollamento sono problemi che affliggono quotidianamente chi - per scelta o necessità - prende i mezzi pubblici. Carenze che si aggiungono a un'infrastruttura inadeguata che non riesce a reggere il confronto con il resto d'Europa. Messi tutti insieme questi fattori rappresentano uno "spread" che costa a ciascuna famiglia 1.500 euro all'anno, circa tre volte più di quanto si spende mediamente per l'Imu. È il preoccupante quadro che emerge da uno studio promosso della Fondazione Caracciolo dell'Aci e dal Dipartimento di ingegneria dei trasporti dell'Università Federico II di Napoli dal titolo "Il trasporto pubblico locale in Italia: stato, prospettive e confronti internazionali".

Arretratezza del sistema. Secondo l'Aci, in questo momento di crisi diventa ancora più determinante investire sul miglioramento del trasporto pubblico; metropolitane, bus, tram e treni urbani sono determinanti per lo sviluppo di una mobilità realmente sostenibile e rappresentano alleati strategici dell'auto. A causa dell'arretratezza del sistema dei trasporti e della mancanza di servizi economici ed efficienti ciascun italiano è costretto a ricorrere più spesso all'automobile. Da qui nasce lo "spread", ossia il maggior onere per ciascuna famiglia.

Integrazione con l'auto. "Serve una pianificazione coordinata a livello centrale degli investimenti e degli interventi, stimolando un salto di qualità del sistema di trasporto pubblico che deve integrarsi di più con l'auto", afferma il presidente dell'Aci, Angelo Sticchi Damiani. "In quest'ottica servono anche più parcheggi di scambio, a costi calmierati compresi nel biglietto urbano, per favorire quella plurimodalità di trasporto che è l'unica soluzione perseguibile fin da subito per una mobilità urbana conveniente e sostenibile".

Numeri disarmanti. Il settore ferroviario (sia urbano sia extraurbano) è quello in cui l'Italia risulta particolarmente carente rispetto all'Ue. Mediamente nel Vecchio continente ci sono quasi otto treni km per ciascun abitante contro i cinque dell'Italia. Nelle città maggiori è presente una rete metropolitana di circa 20 km per milione di abitanti, rispetto a una media europea di 54 km. Al di là dei freddi numeri, per rendere meglio l'idea basti pensare che nella sola città di Madrid sono presenti più chilometri di metro che in tutta l'Italia. Un dato clamorosamente esplicativo.

Prezzi più bassi, ma costi maggiori. Il confronto con gli altri Paesi non risulta più positivo sulla dotazione di tram, con una media europea di circa 120-130 km di rete per milione di abitanti contro i 40 km del nostro Paese, anche se per contro le tariffe del biglietto risultano mediamente più basse del 50% (ma con costi operativi superiori del 30%). Anche l'età del nostro parco circolante di autobus e filobus è maggiore: già nel 2005 era di 9,2 anni contro la media europea di 7,7 e dati più aggiornati evidenziano un netto peggioramento (circa 11 anni), anche a seguito del blocco dei finanziamenti pubblici per il rinnovo del parco bus.

La ricetta dell'Aci. Per rimettersi al passo con il resto dell'Ue occorre mettere sul piatto investimenti per un miliardo di euro da destinare a risorse aggiuntive in servizi e oltre quattro miliardi di euro all'anno per dieci anni in infrastrutture e materiale rotabile. Un'enormità, ancor di più in questo momento di incertezza economica. E allora, che fare? L'Aci propone una ricetta che si articola in sei punti: ripensare le priorità di investimento del comparto, valutare fonti di finanziamento alternative a livello locale, liberalizzare il settore, realizzare un mercato aperto alla concorrenza, redigere Testo Unico che regolarizzi la normativa, far partire quanto prima l'Autorità dei Trasporti.

Roberto Barone

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