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Formula 1

PILOTI
James Hunt


James Hunt
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Basta evocare il nome di James Hunt per far tornare alla mente l’immagine classica che per anni ci è stata data di lui: un bravo pilota, bello e dannato, un tombeur de femmes che ha fatto del genio e sregolatezza il suo stile di vita. In realtà, però, c’è molto di più da raccontare su James Simon Wallis Hunt.

Sportivo ribelle. James Hunt nasce a Londra il 29 agosto del 1947 in una famiglia della benestante borghesia inglese. Il padre è un broker di successo e James passa la sua adolescenza studiando nelle migliori scuole, come il College Wellingont, incanalando la sua esplosiva energia da ribelle in diversi sport, dal cricket al calcio, passando per il tennis. L'amore per le corse automobilistiche sboccia attorno alla fine degli anni Sessanta, quando prende parte a una gara a Snetterton con delle Mini Cooper, per poi fare esperienza in Formula Ford e in Formula 3. I risultati, però, sono scarsi. Non manca il talento, ma i mezzi tecnici a disposizione non sono semplicemente all'altezza. Fino a quando, nell'estate del '72, James conosce Lord Alexander Hesketh che lo porta in Formula 2 affidandogli una March di seconda mano che gli consente di togliersi qualche soddisfazione.

Il debutto in F1. Lord Hesketh decide di iniziare la grande avventura della Formula 1 nel 1973, mettendo a disposizione di James Hunt una March 731, affidando lo sviluppo al geniale Harvey Postlewaite. Con grande sorpresa degli avversari, Hunt comincia a ottenere dei risultati degni di nota, fino a raggiungere due piazzamenti a podio in Olanda e Stati Uniti. Chiude ottavo in campionato e vince il trofeo Campbell, assegnato dalla RAC, come miglior pilota britannico dell'anno. La Hesketh Racing fa sul serio e nel 1974 conquista altri tre podi, mentre nel 1975 arriva la soddisfazione della prima vittoria al Gran Premio d'Olanda, davanti alla Ferrari di Niki Lauda. I costi della F.1 prosciugano le casse della Hesketh e del suo fondatore che, senza sponsor disposti a investire nel team, è costretto ad alzare bandiera bianca e ritirare la squadra.

Il passaggio in McLaren. Quando per Hunt sembra arrivare il capolinea, ecco il colpo di fortuna: Fittipaldi lascia la McLaren e il team di Woking mette sotto contratto James. Già alla prima apparizione, al GP del Brasile del '76, Hunt conquista la pole position. Il campionato però non inizia nel migliore dei modi, perché Lauda e la Ferrari sono nettamente più consistenti e rodati. La prima vittoria con la McLaren arriva al Gran Premio di Spagna, ma il titolo sembra ormai aver preso la direzione di Maranello. Almeno fino all'incidente di Lauda al Nurburgring che riapre i giochi: mentre Lauda lotta per la sopravvivenza, Hunt sale sul gradino più alto del podio. Mentre Niki è in ospedale convalescente, James gli rosicchia punti importanti. Sorprendentemente, Lauda torna in pista dopo appena quarantacinque giorni dall'incidente e ottiene un epico quarto posto a Monza. Hunt però vince i due successivi appuntamenti e si presente all'ultima gara del Mondiale '76 con soli tre punti di ritardo: si decide tutto in una sola gara.

Il primo titolo iridato. I fatti del Fuji sono storia arcinota: sulla pista si abbatte il diluvio e i piloti non vogliono correre. Fittipaldi, Hunt, Lauda e Mayer sono convocati da Ecclestone che chiede loro di partire e fare un giro, lasciando nelle loro mani la decisione di fermarsi o meno. Lauda e Hunt si accordano per rientrare al termine del secondo giro. Lauda rispetta l'accordo e si ferma, convinto che in quelle condizioni non sia per niente sicuro continuare. Hunt invece viene obbligato dalla McLaren a correre fino alla fine e proprio nelle ultime fasi riesce ad accodarsi e superare Regazzoni, conquistando il terzo posto. Un podio che gli vale anche il titolo di campione del mondo.

Il declino. Triste pensare che il titolo iridato del '76 corrisponde all'inizio del declino della sua carriera da pilota. Nel '77 conquista tre vittorie, ma il titolo di campione del mondo torna nelle mani di Lauda. Nel '78 scatena il groviglio mortale di Ronnie Peterson a Monza, puntando poi il dito contro l'incolpevole Riccardo Patrese. Nel '79 passa alla Wolf, ma le cose vanno sempre peggio e non termina neanche la stagione. Nel suo libro "Piloti, che gente!", Enzo Ferrari prende a esempio proprio la vita agonistica di Hunt per spiegare la teoria della Parabola del Pilota: fin quando è affamato di vittoria, spende tutta la sua energia per raggiungere l'ambito obiettivo, superando anche i limiti del mezzo meccanico. Ma una volta vinto il titolo Mondiale, distratto e logorato dalla fama, dagli agi e dagli impegni sempre più pressanti, perde quel tocco magico e si avvia al lento ma inesorabile declino.

Il prematuro addio. Fuori dalla Formula 1, tutti gli eccessi di una vita privata dissoluta lo portano al tracollo finanziario. Gli viene in aiuto Niki Lauda, rivale in pista ma amico vero di una vita: è proprio l’austriaco ad aiutarlo a rimettersi in carreggiata. James abbandona tutti i suoi vizi e diventa commentatore della Formula 1 per la BBC negli ultimi anni della sua vita. Una vita vissuta senza freni che gli ha presentato presto il suo conto: la notte del 15 giugno del 1993, James Hunt muore colpito da un infarto.