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Toyota Professional
Così cresce la famiglia Proace

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L’ampliamento della gamma di veicoli commerciali Toyota dall’attuale presidio dei segmenti compatto e medio alla fetta altrettanto consistente dei grandi - il 31% del mercato - parte ancora una volta dalla collaborazione con Stellantis. Il nuovo Proace Max copre le classi di peso totale di 3,3 o 3,5 tonnellate per il modello diesel (costruito nello stabilimento di Val di Sangro, Chieti) e di 3,5 o 4,25 t per l’elettrico (assemblato a Gliwice, Polonia), con versioni furgone rispettivamente da 10 a 17 metri cubi e da 13 a 17 metri cubi di capacità. A queste si aggiungono van doppia cabina, autotelai e pianali cabinati (i primi anch’essi disponibili con due file di sedili, fino a un massimo di 7 posti) destinati ad allestimenti, alcuni dei quali - come i cassonati, fissi o ribaltabili - saranno proposti già a listino. Il Max, presentato nei giorni scorsi all’annuale Kenshiki Forum della Toyota, e per il quale il marchio nipponico dichiara portate massime di 1.425 (diesel) o 1.500 kg (elettrico), va a completare la famiglia costruita a partire dal 2016 con il Proace (1.381 kg il diesel, 1.275 il Bev e fino a 6,6 m3), e dal 2019 con il Proace City (1.000 kg con diesel o benzina, 780 kg con l’elettrico, entrambi fino a 4,4 m3).

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Obiettivo sesto posto. Il nuovo modello riprende architettura, carrozzeria e meccanica dei commerciali grandi Citroën/Fiat/Opel/Peugeot come il Ducato, tanto quanto il Proace deriva dai medi come l’Expert e il Proace City dal Berlingo. Una maggiore apertura alla condivisione di tecnologie e servizi con Toyota fu una delle condizioni poste dall’Unione Europea al via libera alla creazione di Stellantis, per mitigare una posizione dominante del gruppo nato da FCA e PSA proprio in alcuni segmenti di veicoli commerciali. Ciò non toglie un grammo alla genuinità degli intenti della Casa giapponese di diventare uno dei protagonisti - a medio termine il sesto per volumi, pari a un 7% di quota e a 180 mila unità annue - del mercato europeo dei commerciali. E uno degli indizi di questa motivazione è, oltre al cimento nella classe di veicoli più impegnativa con il nuovo Max, l’impegno profuso nell’aggiornamento dei Proace e City. Un restyling per certi versi più profondo di quello attuato dallo stesso gruppo italofrancese sui suoi marchi, che si aggiunge a un aumento delle dotazioni di ausiio alla guida e all'adozione di una strumentazione digitale. Più un piccolo surplus di autonomia per gli elettrici. Il lavoro dei designer Toyota su elementi distintivi del frontale come il bordo inferiore del cofano, lo scudo paracolpi e le relative, ampie prese d’aria, potrebbe essere la conferma dell’inizio di una nuova fase nella definizione dei prodotti delle alleanze industriali, che concede - anzi, reputa indispensabile - un grado superiore di identificazione coi rispettivi marchi; ne abbiamo già vista applicazione in un altro accordo ad ampio spettro, quello fra Ford e Volkswagen, oggi con Caddy/Connect e Ranger/Amarok, prossimamente con Custom/Transporter.

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Diesel o elettrico. Niente che vada a toccare l’essenza dei progetti, ovvio; piuttosto, la ricerca di una più spiccata riconoscibilità nel traffico delle migliaia di furgoni che affollano strade urbane e autostrade, e che ritroviamo anche nel nuovo Proace Max, il cui scudo paraurti ha una griglia più ampia rispetto a quella, per esempio, del Ducato, e una differente gestione delle superfici verniciate o grezze. Dietro il muso del più grande dei Toyota ritroviamo le meccaniche aggiornate annunciate poco più di un mese fa da Stellantis, a partire dall’evoluzione del motore 4 cilindri 2.2 litri diesel prodotto in Italia in versione da 120, 140 o 180 cavalli, e del powertrain elettrico da 200 kW-272 CV che, alimentato da una batteria da 110 kWh, promette un’autonomia massima di 420 km. Rispetto alla lineup dei modelli Stellantis conosciuta finora, spicca l’assenza delle versioni a passo corto, con tetto normale o medio, che sono però destinati a uscire dall’offerta anche dei cugini italofrancesi.

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Pick-up mild. Chi, nella gamma Toyota Professional, non rischia di essere confuso con altri è il pick-up Hilux, prodotto esclusivamente dalla Casa giapponese con il proprio marchio. In contemporanea con l’aggiornamento degli altri modelli, l'Hilux si concede un minimo di elettrificazione, adottando un sistema mild hybrid da 48 V a supporto del già corposo 4 cilindri turbodiesel di 2.8 litri con 204 CV. Più del surplus di brio, l’operazione è volta a contenere i consumi e le emissioni, obiettivo cui contribuisce un dispositivo stop/start più efficiente. La trasmissione dell’Hilux beneficia invece di un nuovo sistema Multi-terrain con cinque programmi di guida fuoristrada (sterrato, sabbia, fango, neve alta o roccia), che regolano automaticamente la risposta all’acceleratore e la trazione in base al fondo. Come la famiglia Proace allargata, l’Hilux ibrido sarà disponibile nel corso del 2024.

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Idrogeno sui leggeri... Dell’Hilux, al Kenshiki Forum è stato esposto anche il prototipo della versione a fuel cell. Sviluppato in Europa sulla base del modello a cabina allungata Extra Cab, è equipaggiato con un motore elettrico da 134 kW-182 CV posizionato sul retrotreno, che dalla configurazione ad assale rigido passa a uno schema De Dion. L’unità sincrona a magneti permanenti è collegata a una cella a combustibile da 128 kW-174 CV, alimentata dall’idrogeno contenuto in tre serbatoi per complessivi 7,8 kg di gas, disposti parallelamente ai longheroni del telaio. La soluzione è incompatibile con un sistema di trazione integrale meccanico come quello adottato dall’Hilux diesel, ma i responsabili del progetto ci hanno assicurato che le quattro ruote motrici, così come la versione a doppia cabina e una maggiore capacità di carico (penalizzata sul prototipo anche dalla presenza della batteria da 4 Ah nel cassone) sono fra i punti fermi nella definizione di un eventuale modello di normale produzione.

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... e sull'heavy duty. Più attendista, almeno nelle dichiarazioni dei vertici Toyota, è l’atteggiamento riguardo alla possibilità di adottare, accanto alle versioni diesel ed elettriche di Proace e Proace Max, anche le varianti a idrogeno, che pure Stellantis ha già in produzione nel caso dei medi e che ha annunciato per il 2024 per i grandi. A specifica domanda, la risposta è stata che non è stata ancora presa una decisione. Il coinvolgimento del gruppo giapponese sul tema idrogeno, peraltro, è al di sopra di ogni sospetto e si concretizza anche attraverso l’attività di Toyota Factory Europe, la struttura che si occupa prevalentemente dello sviluppo delle soluzioni di utilizzo del gas più diffuso sul pianeta. La terza generazione di celle è confermata per il 2026, così come la continuità di fornitura per diverse applicazioni heavy duty ance ad altri costruttori, come quelle installate sui camion dell’Olandese VDL, fra l’altro impiegati per le operazioni logistiche fra i vari siti del gruppo o di partner in Belgio, Francia, Germania e Paesi Bassi.

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