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Industria e Finanza

Green Deal
2035, Europa divisa: la Spagna dice no alle deroghe, ecco i fronti in campo

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La probabile revoca del bando delle auto termiche resta una delle questioni più divisive nell’Unione europea. Gli spagnoli sono gli ultimi a prendere posizione in vista del pacchetto Automotive, che dovrebbe introdurre alcune flessibilità nei regolamenti sulle emissioni, riducendo il target di taglio della CO₂ dal 100% al 90% entro il 2030.

Madrid ha inviato una lettera alla presidente della Commissione Ue, Ursula von der Leyen, per confermare la sua ostilità a qualsiasi allentamento delle disposizioni. Per il premier Pedro Sanchez, “qualsiasi ulteriore flessibilità ritarderebbe gli investimenti nella modernizzazione del settore, riducendo la domanda di veicoli elettrici e la competitività dell’industria”. In sostanza, il divieto di vendita delle endotermiche deve restare anche oltre il 2035, senza deroghe per le ibride plug-in, pur riconosciute come transitorie. Le Phev, secondo Madrid, “dovrebbero essere soggette a limiti di produzione per favorire la penetrazione delle elettriche”.

2035, Europa divisa: la Spagna dice no alle deroghe, ecco i fronti in campo

La posizione di Madrid

Per il primo ministro spagnolo, Pedro Sanchez, "qualsiasi ulteriore allentamento delle restrizioni rischia di ritardare significativamente gli investimenti nella modernizzazione del settore automobilistico, riducendo la domanda di veicoli elettrici, il che avrebbe un impatto diretto sulla competitività dell'industria automobilistica e dei suoi fornitori". In sostanza, il divieto alla vendita di auto termiche deve essere mantenuto anche oltre il 2035 e non ci devono essere introdotte le flessibilità tanto richieste dal settore e altri Paesi. Anche perché Bruxelles "ha già introdotto un allentamento, modificando la regolamentazione degli standard di CO2 per consentire ai costruttori produttori di valutare i risultati alla fine del triennio (2025-2027), invece di prendere in considerazione solo il 2025, come inizialmente stabilito dalla regolamentazione".

Sanchez è contrario anche a deroghe per le ibride plug-in, pur riconoscendo la loro "funzione transitoria" fino al 2035. A suo avviso, infatti, le Phev "dovrebbero essere soggette a limiti di produzione per incoraggiare la penetrazione dei veicoli elettrici nel mercato". La Spagna "desidera sottolineare l'importanza di mantenere l'attuale livello di ambizione perché i veicoli elettrici sono l'opzione più efficiente e competitiva" ed è contraria alla "continua vendita di veicoli con motore a combustione interna o altre tecnologie senza una comprovata fattibilità oltre il 2035".

Detto questo, non mancano delle proposte, di cui una fortemente osteggiata dall'industria europea e l'altra sostenuta a più riprese. La prima riguarda le flotte aziendali: Madrid è favorevole all'introduzione di "requisiti minimi di elettrificazione". La seconda interessa le cosiddette "E-Car": per la Spagna, l'istituzione di una nuova categoria di vetture simili alle giapponesi kei car è "essenziale per garantire la transizione verso le emissioni zero", poiché "democratizzerebbe l'accesso ai veicoli elettrici in tutta Europa". A patto, però, che ci siano precisi requisiti ambientali per componenti chiave, come batterie e acciaio, in modo da "rafforzare le produzioni locali", promuovere la filiera degli accumulatori e limitare la dipendenza da mazioni extra-Ue. 

L'opposizione interna

Questa è la posizione di Madrid, o meglio del suo governo. In Spagna, non tutti appoggiano le istanze dell'esecutivo Sanchez, a partire da parti consistenti della filiera. Per esempio, Javier Pujol, presidente dell'associazione dei fornitori di componenti Sernauto, ha di recente lanciato avvertimento sul rischio di perdere tra i 60 e gli 80 mila posti di lavoro in Europa senza una maggior flessibilità nelle politiche comunitarie.

E poi non va trascurato il parere della Seat, uno dei maggiori datori di lavoro spagnoli in campo automobilistico: "Rinviare il divieto potrebbe aiutarci ad affrontare la transizione finché i veicoli elettrici non rappresenteranno il 100% o quasi del mercato", ha detto l'amministratore delegato Markus Haupt. In ogni caso, il top manager ha assicurato che la Seat è pronta a rispettare il divieto del 2035 nel caso venga confermato. 

2035, Europa divisa: la Spagna dice no alle deroghe, ecco i fronti in campo

Un'Europa spaccata: i pro e i contro

Se la Spagna è divisa, l'Europa lo è ancora di più. Il fronte favorevole alla revoca, o comunque a una sua modifica sostanziale, è guidato dalla Germania, che sta facendo di tutto pur di convincere la Commissione Ue al dietrofront o comunque alla parziale retromarcia. Berlino si avvale del supporto totale di Roma (recente è la pubblicazione una dichiarazione congiunta in 24 punti, denominata Piano d'azione italo-tedesco) e di diversi altri Paesi dell'Europa orientale, molti dei quali sotto la sua diretta influenza economica, a partire da Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Ungheria.

E poi c'è la Francia, che nel giro di poche settimane è passata da una posizione intransigente del tutto analoga a quella della Spagna (il 21 ottobre Parigi e Madrid hanno firmato un documento congiunto per chiedere di non allentare gli obiettivi al 2035) a una più "morbida": l'esecutivo Lecornu ha dato il suo "sì" a eventuali revoche o deroghe, ma condizionandolo a tutta a una serie di tutele delle produzioni europee.

Intanto, la Commissione sta lavorando per trovare il giusto compromesso, per quanto il leader dello schieramento di maggioranza al Parlamento europeo, Manfred Weber del Ppe, abbia già parlato di un accordo raggiunto per revocare il bando. Tuttavia, da Bruxelles hanno invitato alla cautela, sottolineando come non sia stato ancora deciso nulla. "C'è una chiara richiesta di maggiore flessibilità sugli obiettivi di CO2", ha affermato venerdì scorso la portavoce Paula Pinho, assicurando che la Commissione sta "cercando un equilibrio" tra le varie istanze. A ogni modo, i tanti interrogativi degli ultimi giorni troveranno molto probabilmente una risposta domani 16 dicembre. 

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