La Pasqua del 2020, già triste per il dramma mondiale della pandemia, sarà ricordata anche per un’altra grave perdita, la scomparsa di un grande campione come Stirling Moss, spentosi all’età di 90 anni nella sua casa londinese. Ci lascia, con lui, un pezzo importante della storia del motorsport, un uomo amato da tutti per il suo stile, la disponibilità e un’eleganza rara nel mondo delle corse. Nato nella capitale inglese il 17 settembre 1929, Moss vanta una carriera agonistica di primissimo piano, con sedici vittorie in Gran Premi di Formula 1, altrettante pole position e una leggendaria affermazione alla Mille Miglia del 1955, anno in cui, con la Mercedes 300 SLR, stabilì un record della più celebre corsa su strada destinato a restare per sempre imbattuto.
Quel titolo mancato. Ai suoi innumerevoli successi, anche con i Prototipi (indimenticabile un’affermazione alla 12 Ore di Sebring del ’54 con la piccola Osca), Moss non riuscì mai ad aggiungere quello più prestigioso, il titolo mondiale di Formula 1, pur essendo arrivato per ben quattro volte secondo. Il destino, la sfortuna, le circostanze gli hanno negato l’alloro anche solo per pochi punti, costringendolo ad arrendersi ad altri grandi campioni come Fangio, suo compagno alla Mercedes, Hawthorn, Brabham, Phil Hill. Competitivo con tutte le monoposto guidate, dalle Frecce d’argento alle Vanwall, dalle Maserati alle Lotus, fu tra i primi a portare in gara e al successo le minuscole Cooper-Climax, che rivoluzionarono il mondo dei Gran Premi con il motore posteriore. Poi, a fermare la sua carriera, arrivò l’incidente occorsogli a Goodwood il 23 aprile del 1962, a seguito del quale rimase a lungo in coma. Una volta ripresosi e tornato alla guida di una Lotus in una sessione di test, Moss ebbe la lucidità di rendersi conto di essere cambiato, di non aver più le straordinarie doti precedenti, preferendo abbandonare il volante per diventare testimone di un’epoca gloriosa dell’automobilismo.
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