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Eco News

Cop28
Fra proclami e attese

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Ha preso ieri il via la Cop28, la 28esima conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici, che si terrà fino al 12 dicembre 2023 a Dubai, presso Expo City. Dagli Emirati Arabi Uniti, durante la cerimonia di apertura, il segretario Onu, António Guterres, ha detto che serve "ridurre le emissioni, fermare l’uso di combustibili fossili e puntare sulla giustizia climatica".

Pressing sui Paesi più ricchi. Guterres si è rivolto specialmente alle nazioni con maggiori risorse e più inquinanti: "Ho un messaggio per i leader delle aziende produttrici di combustibili fossili", ha detto il segretario Onu. "La vostra classica strada sta rapidamente invecchiando. Non raddoppiate un modello di business obsoleto. Non commettete errori: la strada verso la sostenibilità climatica è anche l’unico percorso praticabile verso la sostenibilità economica delle vostre aziende. Invito i governi ad aiutare l'industria a fare la scelta giusta, regolamentando, legiferando, fissando un prezzo equo sul carbonio, ponendo fine ai sussidi ai combustibili fossili e adottando un'imposta sui profitti".

Chi mette i soldi sul piatto? Ed eccoci alla chiave della questione. Guterres ha esortato i governi a "sostenere la riforma delle banche multilaterali di sviluppo per mobilitare molti più finanziamenti privati a costi ragionevoli. I Paesi sviluppati devono mostrare come raddoppieranno i finanziamenti per l’adattamento portandoli a 40 miliardi di dollari l'anno entro il 2025, come promesso, e chiarire come riusciranno a raggiungere i 100 miliardi di dollari l’anno".

Attenti alle parole. La Cop28 porterà a risultati concreti? Fiduciosi e scettici sono comunque concordi sul fatto che la terminologia sia fondamentale, un po’ come avviene nei contratti. Occorre fare un salto indietro, nel 2021: Cop26 di di Glasgow, con la decarbonizzazione più protagonista che mai. Inizialmente, pareva che la "clausola" degli accordi finali indicasse come target quello di accelerare gli sforzi per "eliminare" l'uso del carbone. Ma, alla fine, si è arrivati ad accelerare gli sforzi per "diminuire” l’uso del carbone". Non in italiano, in inglese: era "phase out", è divenuto "phase down". E, poi non tutto il carbone: solo quello di tipo "unabated", le cui emissioni non vengano abbattute con sistemi di cattura della famigerata CO2.

Usa e Cina non pervenuti. Ci sono leader di Stato, Ong ambientaliste, think tank, imprese e gruppi religiosi. Certo che l’assenza del presidente americano, Joe Biden, e del capo di Stato cinese, Xi Jinping, è pesantissima: parliamo di due Paesi ricchi e grandi inquinatori, non pervenuti sebbene a Dubai le due nazioni siano rappresentate da altri delegati. I combustibili fossili sostengono le economie in forte crescita soprattutto di Cina e India, arricchendo chi esporta in tutto il mondo (Usa, Stati del Golfo e lobby petrolifera). Col Sud globale che accusa i Paesi ricchi di non aver mantenuto gli impegni, erogando meno di quanto promesso. Non resta che aspettare il 12 dicembre, quando le 197 delegazioni voteranno la dichiarazione finale. Dopodiché, dagli intenti lodevoli anti surriscaldamento del pianeta occorrerà passare alle azioni concrete per salvare il globo terracqueo, ma questo è un altro discorso.

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