Cent’anni di storia di una gara come la 24 Ore di Le Mans contengono una miniera di dati e curiosità, di fatti rilevanti e di vere minuzie, di date da ricordare e di record da riportare negli annali nel motorsport. Ecco qualcuno dei più significativi.
Anni che contano. Il 1923 è stato l’anno della prima edizione, disputata il 26 e 27 maggio: al via si presentano 33 vetture, che si sfidano su un tracciato lungo 17,262 chilometri. Nel 1936, un momento difficile per l’Europa (il 17 luglio scoppia la guerra civile spagnola), la gara viene cancellata per l’ondata di scioperi che colpisce la Francia e, in particolare, l’industria dell’auto; nel 1968, invece, la 24 viene rimandata al 29 e 30 settembre perché in maggio è scoppiato a Parigi e nel resto del Paese, appunto, il… ’68. L’edizione del 1949 viene invece ricordata perché è la prima organizzata dopo la fine della Seconda guerra mondiale, ma anche perché è la prima che registra la vittoria di una Ferrari, la 166 MM di Chinetti e Lord Selsdon. Nel 1970 viene abolita la tradizionale partenza a piedi dei piloti, dopo la protesta dell’anno precedente di Jacky Ickx: il campione belga aveva passeggiato lentamente fino alla sua Ford GT40, si era allacciato accuratamente le cinture, era partito buon ultimo ed era andato a vincere insieme con Jackie Oliver, battendo in extremis la Porsche di Hermann e Larrousse. Il 1988 registra invece la più alta velocità massima raggiunta in gara, i 405 km/h fatto segnare da Roger Dorchy con la WM-Peugeot sul rettilineo di Mulsanne, dove due anni dopo verranno inserite due chicane per ragioni di sicurezza. L’Audi detiene due primati, quello del primo successo di una vettura con motore diesel, conseguito nel 2006 con la R10 TDI, e quello della prima vittoria di un’ibrida, la R18 e-tron quattro del 2012. Memorabile resta, infine, l’edizione del 2016 che vide la Toyota dominatrice fermarsi a soli sei minuti dalla fine per una perdita di potenza del motore, con Nakajima al volante nell’ultimo giro: la vittoria andò alla Porsche di Lieb, Dumas e Jani.
I piloti. Henri Pescarolo detiene il primato di partecipazioni, con 33 partenze (e quattro vittorie): precede Bob Wollek (30 partenze, nessun successo), il giapponese Yojiro Terada (29 start, zero affermazioni) e Derek Bell (26 volte sulla griglia, cinque vittorie). Il record di trionfi spetta al danese Tom Kristensen, primo in nove edizioni, davanti a Jacky Ickx con sei: a quota cinque, Derek Bell, Frank Biela ed Emanuele Pirro (tra gli italiani spicca anche Dindo Capello, con tre vittorie). Graham Hill è l’unico pilota che si può cingere della Triple crown, che spetta al vincitore del Mondiale di F1, della 500 Miglia d’Indianapolis e della 24 Ore; gli altri iridati di F.1 che si sono imposti a Le Mans sono Mike Hawthorn, Phil Hill, Jochen Rindt (ma il suo titolo fu postumo) e Fernando Alonso.

Le Case. Il costruttore più vincente a Le Mans è di gran lunga la Porsche, con 19 successi; seguono l’Audi (13), la Ferrari (9), la Jaguar (7), la Bentley (6), la Toyota (5), l’Alfa Romeo e la Ford (entrambe con 4 affermazioni). La maggior distanza percorsa nell’arco delle 24 ore è quella percorsa nel 2010 dall’Audi R15+ TDI di Bernhard, Dumas e Rockenfeller: 5.410,713 km, pari a 397 giri, completati a una media di 225,228 km/h. La media record sul giro spetta invece alla Toyota di Kobayashi che, nel 2017, fece registrare i 251,882 km/h.
I distacchi. La minor distanza tra il primo e il secondo classificato è stata misurata nel 1966, quando la Ford di Amon-McLaren precedette di soli 20 metri la vettura gemella di Miles-Hulme: le due macchine erano arrivate in parata, ma la vittoria fu assegnata ai due neozelandesi perché erano partiti più indietro nello schieramento e, di conseguenza, avevano percorso più strada. 120 metri invece separarono nel 1969 la Ford GT40 di Ickx dalla Porsche 908 di Hermann; 401 metri nel 1933 l’Alfa Romeo 8C 2300 di Nuvolari-Sommer e quella di Chinetti-Varent; 775 metri nel 2011 il margine dell’Audi di Fässler-Lotterer-Treluyer sulla Peugeot 908 di Lamy-Bourdais-Pagenaud. Il distacco maggiore, invece, furono i 349,808 km che separarono nel 1927 la Bentley di Benjafiled-Davis dalla Salmson di De Victor-Hasley.
I vip. Tradizione di Le Mans è che sia un personaggio di spicco a dare il via alla gara: i più conosciuti che figurano negli annali sono Henry Ford II (1966), nipote di Henry Ford, Ferry Porsche (1970), Steve McQueen (1971), il presidente francese George Pompidou (1972), il principe Alberto di Monaco (1992), l’attore Alain Delon (1996), Luca di Montezemolo (nel 2009 presidente di Fiat e Ferrari), Jean Todt (2011, nelle vesti di presidente della Fia), Fernando Alonso (2014, al tempo pilota Ferrari di F.1, che percorse prima della gara anche un giro con una gloriosa 512 S), l’attore Brad Pitt (2016), il tennista Rafael Nadal (2018), la principessa Charlene di Monaco (2019) e John Elkann (2021), nelle vesti di chairman della Ferrari.
Il gentil sesso. Alla 24 Ore di Le Mans hanno finora preso parte 64 donne pilota, ben dieci delle quali si schierarono nell’edizione del 1935; la più assidua è stata Annie-Charlotte Verney, con dieci partecipazioni, mentre il miglior risultato è il quarto posto ottenuto nel 1932 da Odette Siko con un’Alfa Romeo 6C 1750 SS. Negli ultimi anni sono stati diversi gli equipaggi interamente femminili che hanno preso parte alla gare sotto le insegne dei team Kessel Racing, Iron Lynx e Iron Dames; nel 2020 e 2021 l’Oreca LMP2 del Richard Mille Racing team è stata portata in pista da Tatiana Calderón, Sophia Floersch e Beitske Visser.
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