Goodwood FoS
Di Festival ce n'è uno solo

Goodwood Festival of Speed, un'istituzione che richiede una premessa. C’è una materia molto sottovalutata, a scuola. Anzi, troppo. È la geografia. Sì perché se uno guardasse una cartina, qualcosa di più sul perché delle cose lo capirebbe al volo. Tipo perché le auto americane storicamente sono vendute al metro e perché invece, nei tortuosi centri storici italiani, abbiano spopolato le minuscole 500.

Qualcuno dirà che non bisogna guardarsi sempre l’ombelico. Che c’è vita, oltre alle macchine. Vero. Ma la solfa non cambierebbe comunque. Perché questa volta le quattro ruote non sono il fine, ma un mezzo: per capire meglio quello che i filosofi definiscono "genius loci" (ovvero il carattere del posto, così forte da caratterizzare abitanti e prodotti) e gli scienziati "habitat". Insomma, perché è la geografia a fare la storia. Senza il mare, Genova non sarebbe quella che è. E così tante altre città.  

O perché Goodwood è in Inghilterra e non in Brianza. La verità è che le feste del motorismo dell’undicesimo Duca di Richmond, si possono fare solo nella terra di tavole rotonde e spade nella roccia. Posti che quando non si caccia la volpe, si voga sul Tamigi. E le domeniche prima al “pic-nic” e poi al “pub” (in ordine rigorosamente alfabetico).

Insomma, prendi un prato, una salita tra le querce e un bicchiere e il divertimento è assicurato. Ma se prima di andare a Goodwood chiedi al telefono che tempo farà, vuol dire che non hai seguito la lezione (di geografia): l’Inghilterra è un’isola, per di più bagnata da scrosci che quando vengon giù, piovono addirittura "cani e gatti" (come dicono loro, figurati che roba). Mica una rotonda sul mare alla ‘O sole mio.

Ecco perché festival della velocità e non concorsi d’eleganza: hai voglia a tener pulite le macchine, saltando nelle pozzanghere come Peppa Pig. E così capisci pure come mai, quelle belle pàtine, sulle nostre macchine, sempre linde e relegate (nei garage), non le vedremo mai.