Col naso per aria. Stasera, immersi nella notte di San Lorenzo, saremo tutti così: a scrutare il cielo in cerca della nostra buona stella. Cadente. Eppure il motorista, il petrolhead, insomma l’appassionato di auto sa che le stelle cadenti le può vedere anche sotto casa. Tutto l’anno e a tutte le ore del giorno. Perché anche tra le quattro ruote ci sono delle vere e proprie star che, nonostante brillino ancora di luce propria, sono ormai uscite dai radar e dalla galassia della moda. Sono le berline. Quel firmamento di auto che esiste sin dalla notte dei tempi. Anzi, da molto prima. La loro storia comincia addirittura nel 1600, quando di macchine in giro non c’era neanche l’ombra: solo carri e carrozze. Qualcuna poi, va detto, più bella di altre.
Tipo quella disegnata da Filippo di Chiese, architetto e ingegnere piemontese al servizio dell’elettore del Brandeburgo, Federico Guglielmo. Una vera e propria sciccheria che, con la sua cassa sospesa dalle cinghie (tu chiamali se vuoi, ammortizzatori), i vetri alle portiere e un bel tetto sulle teste coronate che trasportava (ah, tetto apribile, ovviamente), faceva invidia a tutta la corte. Va da sé che una carrozza(ta) speciale come questa non passava inosservata, in quel di Berlino. Anzi, era diventata quasi uno dei simboli della città. A tal punto che decisero di chiamarla proprio “berlina”. Stella splendente, questo tipo di soluzione tecnico-estetica riuscì a sopravvivere a guerre e rivoluzioni, compresa quella che la vide passare da carrozza di cavalli a carrozzeria col motore. Altro che torpedo: è la berlina quella che compì il salto nell’iperspazio della modernità dei due conflitti mondiali del ‘900. A tal punto che, con l’avvento delle sportive del dopoguerra, il suo charme era ancora così forte che, per far accettare al pubblico le nuove coupé, più sportive sì, ma scomode e pure a due porte, dovettero spacciarle per piccole berline. Berlinette appunto. I suoi punti di forza? Sostanzialmente due: eleganza e praticità. Cose che la fecero brillare nel firmamento delle concessionarie fino agli anni 90 quando, station wagon prima, monovolumi poi e quindi Suv, le rubarono la scena. Peccato, perché fino ad allora, quei tre volumi erano stati buoni per andare ovunque, col massimo comfort: al lavoro di giorno, a teatro la sera e in gara, sì anche in gara, la domenica. Per non parlare degli agosto in vacanza con tutta la famiglia. Carrozze a parte, è dagli anni 50 che l’evoluzione di questo “formato” fa davvero scintille. Innovazioni, colpi di genio e di coda, salti carpiati e fuochi d’artificio.
Nelle berline (e berlinette) si vede di tutto: il primo V6 dell’Aurelia, i 12 cilindri di Ferrari e Lamborghini, gli effetti speciali della Citroën DS, le Alfa più o meno da inseguimento, le Bmw firmate M, le Opel Lotus, le Sierra Cosworth, oltre alle immancabili Cadillac, Mercedes e Rolls da parata. A guardare nell’orbita degli autosaloni, qualche sparuta costellazione di questi astri si vede ancora. Comprese quelle più sportive di Giulia e Panamera. Oltre che la luminosissima Via Elettrica delle Tesla. Intendiamoci, per il momento gli astronomi classificano ancora le berline come stelle cadenti, non come buchi neri. Ma la verità è che stanno scomparendo sempre di più dai garage degli appassionati. Oltre che dai loro cuori. Facciamo una prova? Questa sera, quando alzerai gli occhi al cielo e vedrai la tua bella stella cadente, davvero le chiederai una berlina?
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