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Industria e Finanza

Dazi
Aumenta il dissenso per le politiche di Trump

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I dazi di Donald Trump stanno scatenando il panico nei mercati finanziari, sollevando le critiche di economisti, manager, finanzieri, banchieri e perfino di una parte consistente dei consumatori americani. Sono soprattutto i costruttori di auto a dover affrontare, non senza difficoltà, una questione che sta generando un vero e proprio caos organizzativo.  

"I dazi sono una medicina". "A volte bisogna prendere delle medicine per risolvere qualcosa", insiste il presidente statunitense all'indomani di un weekend "golfistico" in Florida. I partner commerciali "si stanno sedendo al tavolo" e "vogliono parlare", aggiunge Trump, secondo il quale i dazi sono ''una medicina necessaria" che sta funzionando. A tal proposito, Kevin Hassett, direttore del National Economic Council, ha parlato di "50 Paesi che stanno infiammando le linee della Casa Bianca" per chiedere l'avvio di appositi negoziati. Chi siano questi Paesi non si sa: si parla di un Vietnam disposto a singlare un accordo ad ampio spettro per evitare la mazzata del 50%, mentre Taiwan ha già escluso l'introduzione di ritorsioni. Inoltre, Trump ha sostenuto di aver parlato "con molti europei, asiatici, in tutto il mondo: tanno morendo dalla voglia di fare accordi". A tal proposito, il presidente della Commissione Ue, Ursula Von der Leyen, ha svelato di aver proposto agli statunitensi di azzerare completamente i dazi tra le due sponde dell'Atlantico: "Siamo pronti a negoziare con gli Stati Uniti. In effetti, abbiamo offerto tariffe zero per zero per i beni industriali, come abbiamo fatto con successo con molti altri partner commerciali, perché l’Europa è sempre pronta per un buon affare".

Primi segnali. Intanto, Elon Musk, numero uno della Tesla e responsabile del dipartimento Doge, ha lanciato un messaggio distensivo agli europei: "Spero che gli Usa e l'Europa riescano a realizzare una partnership molto stretta, c'è già un'alleanza ma spero sia più stretta e forte", ha detto il miliardario. "E riguardo ai dazi ci sposteremo in una situazione di zero dazi nel futuro, verso una zona di libero scambio È la mia speranza". I tempi, però, non solo per nulla maturi visto quanto affermato dal segretario al Commercio, Howard Lutnick: "I dazi rimarranno sicuramente in vigore per giorni e settimane. Il presidente deve resettare il commercio globale". Detto questo, non tutti alla Casa Bianca condividono le nuove politiche protezionistiche. Lo dimostrano le voci sulle imminenti dimissioni di una figura apicale per l'amministrazione come il segretario al Tesoro, Scott Bessent. Inoltre, girano voci sempre più insistenti di incontri tra lo stesso Trump e i suo maggiori finanziatori. Grandi manager avrebbero avuto degli incontri con lo stesso Trump per "riportarlo alla ragione" e convincerlo a un dietrofront su un guerra commerciale globale che rischia di causare perdite mai viste prima. E poi stanno iniziando a svegliarsi anche gli stessi americani, come dimostrato dalle migliaia di persone scese in strada in numerose città per protestare contro le politiche della Casa Bianca. In breve, i dazi stanno creando uno "tsunami" anche all'interno degli Usa.

Le reazioni delle Case auto. In un contesto sempre più caotico, le Case automobilistiche si trovano tra l'incudine e il martello e con la necessità di approntare delle risposte ai crescenti timori di una profonda recessione. Dopo la Ford, anche Stellantis ha deciso di estendere ai clienti (fino al 30 aprile) i programmi promozionali riservati ai suoi dipendenti su buona parte dei veicoli model year 2024 offerti negli Usa. L'obiettivo è smaltire le scorte in vista di un rincaro dei prezzi che potrebbe accrescere l'inventario e causare problemi ai bilanci nel bel mezzo di una fase recessiva per l'economia americana. Non solo. Stellantis e Ford sembrano stiano cercando di sfruttare una crescente propensione degli statunitensi ad anticipapre i propri acquisti: lo dimostrano i reportage su file chilometriche ai negozi di consumatori impauriti di non poter più acquistare a prezzi bassi abbigliamento, calzature o altri beni di conforto. In ogni caso, il segnale lanciato dai due costruttori non è positivo: secondo alcuni osservatori, l'iniziativa ricorda una campagna promozionale lanciata dalla General Motors subito dopo gli attacchi terroristici dell'11 settembre 2001 per sostenere le vendite, nel bel mezzo di un'economia in fase di forte contrazione. Un'altra mossa di Stellantis dice molto sul caos generato da Trump: il gruppo, infatti, ha fermato temporaneamente alcune produzioni in Canada e Messico. Non è il solo. Anche la Nissan ha deciso per uno stop agli ordini per modelli assemblati in una sua fabbrica messicana, mentre la Jaguar Land Rover ha sospeso tutte le esportazioni verso gli Stati Uniti.

Timori per i prezzi. A preoccupare di più sono i possibili aumenti dei listini. Secondo la maggior parte degli analisti, i prezzi sono destinati ad aumentare dai 5 mila ai 10 mila dollari a veicolo. A tal proposito, la Volkswagen ha già avvisato i suoi concessionari statunitensi dell'intenzione di introdurre una sorta di sovrapprezzo sui veicoli importati negli Stati Uniti dal Messico o dall'Europa, mentre la controllata Audi ha bloccato in alcuni porti statunitensi tutte le auto scaricate dopo il 2 aprile e ha sospeso le consegne ai clienti in attesa di maggiori dettagli sull'applicazione del nuovo regime doganale. La Ineos, invece ha già annunciato un aumento del 4,9% sul Grenadier e dell'11% sul pick-up Quartermaster. Hyundai e Genesis hanno confermato le attuali tabelle, anche se il responsabile del Nord America, Randy Parker, non ha escluso un loro aumento. Kia non ha ancora preso una decisione, ma ha sottolineato la sua "flessibilità e rapidità" nell'adeguarsi a un contesto operativo in rapida evoluzione. La filiale nordamericana di Toyota, invece, intende aiutare i produttori locali di componentistica per coprire l'aumento dei costi causato dalle nuove tariffe doganali. 

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