I rapporti tra il dirigenza della Pirelli e l'azionista cinese Sinochem sono arrivati alla rottura forse definitiva: le trattative avviate pochi giorni fa per risolvere lo scontro scatenato dalla dichiarazione di decadenza del controllo in capo al colosso della petrolchimica si sono infatti concluse senza esito positivo, aprendo la porta a sviluppi che probabilmente saranno anche di natura legale.
Il Golden Power e la decadenza cinese. La diatriba ha le sue radici prima nella decisione del governo di esercitare il cosiddetto "Golden Power" e poi in una conseguente iniziativa del management: la dirigenza ha approvato una relazione finanziaria comprensiva di un'informativa che recepisce sia la disposizione dell'esecutivo Meloni, sia un provvedimento della Consob sulla necessità di applicare il principio contabile Ifrs 10 (quest'ultimo definisce il concetto di controllo e i suoi effetti sulla redazione dei bilanci societari) e stabilisce, per l'appunto, la decadenza del controllo in mano ai cinesi. Attualmente Sinochem controlla China National Tire and Rubber Corp. e quindi Marco Polo International Italy, il veicolo intestatario diretto del 37% circa dell'azienda della Bicocca (il secondo maggior azionista è la Camfin con il 26,6%). L'informativa è quindi diventata l'oggetto di una contesa che ha portato i rappresentanti del colosso del Dragone a non approvare la relazione finanziaria, ad accusare il management della Pirelli e a sottolineare il peso ancora detenuto in seno all'assemblea ordinaria dei soci.
Voti contro. Negli ultimi giorni sono state condotti dei negoziati per risolvere la questione, ma non è stata raggiunto un adeguato compromesso. Lo dimostra quanto avvenuto ieri 14 maggio, in occasione della riunione del consiglio di amministrazione per l'approvazione dei conti del primo trimestre. I risultati al 31 marzo 2025 sono stati sì approvati, ma solo a maggioranza: 9 membri su 15 hanno dato il loro assenso, mentre hanno votato contro il presidente Jiao Jian e i consiglieri Chen Aihua, Zhang Haitao, Chen Qian, Fan Xiaohua e Tang Grace. Si tratta, in pratica, dei rappresentanti di Sinochem, che hanno motivato "il loro dissenso unicamente in ragione della dichiarazione di avvenuta cessazione del controllo di Sinochem su Pirelli ai sensi dell’Ifrs 10, non condividendone le relative motivazioni anche in considerazione del fatto che il patto parasociale fra Camfin e Cnrc/Mpi Italy è ancora in vigore e che pertanto, a loro parere, Cnrc/MPI Italy mantiene il controllo" su Pirelli ai sensi dell’articolo 93 del Testo Unito della Finanza (Tuf). L'azienda ha spiegato che le proposte avanzate a Sinochem per risolvere la diatriba sono state "rifiutate" dalla controparte. Non solo. Al tavolo negoziale, i rappresentanti di Sinochem hanno rivelato di aver presentato una "proposta agli Uffici del Golden Power" e tale proposta "non è stata condivisa con Pirelli". Insomma, lo scontro sta prendendo anche altre strade e non è escluso che dopo l'assemblea del 12 giugno non coinvolga anche le aule dei tribunali.
Il peso degli Stati Uniti. D'altro canto, lo scontro con i cinesi ha riflessi diretti sul futuro della multinazionale della Bicocca perché non riguarda solo aspetti esclusivamente di governance, ma anche, se non soprattutto, lo sviluppo sull'importante mercato statunitense: gli Usa generano un quinto dei ricavi e gli italiani temono di subire conseguenze per le normative di Washington sui vincoli alle aziende che hanno legami con la Cina. A tal proposito, il management ha spiegato che i "risultati del primo trimestre, nonostante il difficile quadro economico e geopolitico, confermano l’ottimo andamento di Pirelli dal punto di vista dei risultati economici" e "l’apprezzamento dei clienti italiani, inglesi, americani e cinesi per il sistema hardware e software Cyber Tyre dimostra che la strategia e lo sviluppo tecnologico di Pirelli procedono nella giusta direzione. Forte di tali risultati, il management rimane fiducioso che con il supporto degli azionisti storici e del mercato gli interessi di Pirelli saranno pienamente tutelati nel rispetto di tutti gli stakeholder. Pirelli rimane pertanto aperta a esplorare soluzioni che possano consentirle la piena compliance con le regole anche del mercato americano e continuerà a fare quanto in suo potere per tutelare lo sviluppo della società in un mercato strategico come quello degli Stati Uniti", afferma ancora la società, riferendosi, in particolare, al ruolo della Camfin (tra i suoi soci maggiori figurano Marco Tronchetti Provera e le banche Intesa Sanpaolo e Unicredit).
Il sostegno di Camfin e il possibile intervento di Roma. Proprio la Camfin è uscita alla scoperto per confermare "il proprio supporto alle strategie di Pirelli" e per evidenziare "l'atteggiamento non collaborativo e apparentemente non motivato di Sinochem. Qualora non si riuscisse a definire rapidamente l'attuale situazione con Sinochem, Camfin si vedrebbe costretta a valutare gli effetti di tali comportamenti su Pirelli e sul patto parasociale", aggiunge la holding. Non mancano comunque delle aperture, con Tronchetti Provera, che pur non nascodendo la sua delusione per la posizione dei cinesi, si detto fiducioso che "presto o tardi" verrà trovata una soluzione "ragionevole" e che Sinochem "si riallineerà con gli interessi di Pirelli". "Nella mia vita non ho mai visto un socio votare contro gli interessi della società, sarebbe come spararsi nei piedi", anche perché "c'è il mercato e ci sono le regole del mercato. Se non motivi il tuo comportamento contro gli interessi della società ci sono delle conseguenze", ha affermato l'imprenditore e vice presidente della stessa Pirelli durante la conference call con gli analisti, ricordando un altro aspetto che potrebbe accedere ancor di più lo scontro tra italiani e cinesi: infatti, il governo potrebbe a breve emanare un provvedimento in merito alla possibile violazione delle prescrizioni del Golden Power da parte della stessa Sinochem. Insomma, la partita è ancora lunga.
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