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Industria e Finanza

Dazi Usa
Incertezza senza fine

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Donald Trump ha firmato l'atteso ordine esecutivo per tagliare al 15% i dazi sulle auto e la componentistica europee. La firma è stata accolta con commenti positivi da Bruxelles, perché dovrebbe eliminare (il condizionale è ormai d'obbligo) un elemento di instabilità per le aziende del Vecchio Continente. In realtà, stando alle ultime ricostruzioni del Wall Street Journal, il quadro della situazione è ancora caratterizzato da una grande incertezza non solo per le continue minacce del presidente statunitense, ma anche per la difficoltà per le imprese di comprendere gli effettivi ambiti di applicazione e il raggio d'azione dei nuovi regolamenti doganali statunitensi. 

L'ordine esecutivo. Venerdì 5 settembre, Trump ha firmato un ordine per dare seguito ai recenti accordi sulle nuove relazioni commerciali tra Unione Europea e Stati Uniti: l'iniziativa riguarda diettamente la filiera automobilistica europea, perché formalizza il dazio del 15% sulle produzioni esportate nel territorio americano. "Accolgo con favore l'ordine esecutivo degli Stati Uniti come un passo cruciale nell'attuazione della dichiarazione congiunta Ue-Usa", ha detto il commissario al Commercio Maros Sefcovic. "L'ordine apre la strada alla riduzione delle tariffe su auto e componenti al 15% e garantisce importanti esenzioni dal limite del 15. Onorando congiuntamente gli impegni, possiamo apportare benefici duraturi a entrambe le parti". Peccato che nell'ordine esecutivo non ci sia alcuna indicazione sulle tempistiche di applicazione dei nuovi dazi statunitensi, al contrario di quanto avvenuto negli ultimi mesi in analoghi provvedimenti. Anche per questo Bruxelles ha chiesto esplicitamente alla controparte di "attuare rapidamente le riduzioni tariffarie concordate".

Sempre in bilico. Ad alimentare le incertezze pensa lo stesso Trump, con l'ennesima minaccia che mette perfino a rischio gli accordi finora raggiunti tra le due sponde dell'Atlantico: il tycoon ha paventato nuovi aumenti tariffari dopo la decisione della Ue di comminare una multa da 3 miliardi di euro a Google per aver violato le normative antitrust nel campo delle tecnologie pubblicitarie. "L’Europa ha colpito un’altra grande azienda americana, sottraendo di fatto denaro che altrimenti sarebbe andato a investimenti e posti di lavoro americani. Questo si aggiunge alle numerose altre multe e tasse emesse contro Google e altre aziende tecnologiche americane. Davvero ingiusto, il contribuente americano non lo tollererà. La mia amministrazione", ha aggiunto Trump, "non permetterà che queste azioni discriminatorie vengano mantenute. Non possiamo permettere che questo accada alla brillante ingegnosità americana e, se ciò dovesse accadere, sarò costretto ad avviare un procedimento ai sensi della Sezione 301 per annullare le sanzioni ingiuste imposte a queste aziende americane".

Il "trucco" con l'acciaio e l'alluminio. In tutto ciò le aziende europee si trovano, come si suol dire, tra l'incudine e il martello a causa delle difficoltà nel comprendere l'effettiva applicazione dei regolamenti doganali statunitensi. Il Wall Street Journal, in un articolo dal titolo emblematico ("La tregua commerciale della Ue con gli Usa rischia di saltare"), evidenzia una sorta di trucco finora utilizzato dagli Usa per mantenere i dazi al 50% su numerosi prodotti. In sostanza, come segnalato da un'organizzazione tedesca, la Vdma (rappresenta il settore dei macchinari), le tariffe imposte su acciaio o alluminio vengono applicate a tutti i beni che contengono questi due materiali. La conseguenza? Un sostanziale blocco delle esportazioni, un aumento dell'incertezza che sta penalizzando aziende non solo europee, ma anche americane, e i primi effetti sull'occupazione. È il caso della tedesca Krone, che ha mandato a casa i dipendenti addetti alla produzione di macchine agricole destinate agli Usa, oppure della statunitense John Deere, che esporta negli Stati Uniti il 20% della sua produzione tedesca a Mannheim e Zweibrücken. Il tutto è esacerbato da ulteriori complicazioni sul fronte dell'applicazione dei dazi visto che riguardano sia prodotti finiti che singole componenti. Insomma, le aziende "non sanno che pesci prendere" e non lo sanno neanche a Bruxelles, come ha ammesso lo stesso Sefcovic al quotidiano americano: "So che gli statunitensi capiscono il problema, conoscono le nostre posizioni, ma non oserei dire quando saremo in grado di risolverlo". E su tutto pende un'ulteriore spada di Damocle: l'atteso parere della Corte Suprema sulle politiche tariffarie della Casa Bianca, che potrebbe annullare gli ultimi provvedimenti di Trump per violazione delle normative costituzionali e rimettere così in dicussione l'intera strategia commerciale di Washington.

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