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Cardinali (Unrae): "Urgente una riforma degli incentivi auto"

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Qualche giorno fa il sottosegretario alle Imprese e made in Italy, Massimo Bitonci, ha parlato di un “sistema incentivante sull’endotermico di ultima generazione e sull’usato”. Un’ipotesi a cui il direttore generale dell’Unrae, Andrea Cardinali non chiude la porta, ma che andrebbe inquadrata in una riforma più ampia del sistema incentivante nella doppia prospettiva della transizione e dello svecchiamento del circolante. Prevedendo contributi più alti ai privati e una detraibilità totale dell’Iva per le imprese che acquistano elettriche e plug-in.

Che cosa pensa dell’ipotesi di revisione degli incentivi delineata dal sottosegretario Bitonci?
Il fallimento dell’architettura degli incentivi è sotto gli occhi di tutti. L’anno scorso, in poco più di 7 mesi (le prenotazioni iniziarono il 25 maggio, ndr) sono avanzati oltre 274 milioni sui 615 stanziati per Bev e Phev. Quest’anno, se proseguirà il trend dei primi sei mesi,  avanzeranno altri 280 milioni abbondanti. Una revisione del sistema è necessaria e urgente, non è più procrastinabile dopo mesi di dichiarazioni. Ma non è certo questa la direzione che auspichiamo per accelerare la transizione energetica. Sugli incentivi all’elettrico siamo partiti per ultimi in Europa: la Francia 14 anni fa, la Spagna 13, il Regno Unito 12, la Germania 7, noi appena quattro anni fa e dopo soli tre anni l’abbiamo praticamente soffocata nella culla. Non possiamo perdere altro terreno rispetto ai grandi mercati europei.

Se dovessero veramente avanzare altri 280 milioni, sommati ai 274 dell’anno scorso farebbero un tesoretto da oltre 550 milioni. Come potrebbe modularli il governo?
Non mi è dato conoscere le reali intenzioni dell'esecutivo. In assenza di elementi più solidi posso solo formulare delle ipotesi, basandomi sulle svariate dichiarazioni pubbliche delle ultime settimane. La più verosimile è quella secondo cui l’avanzo 2022, e forse anche una parte di quello atteso per il 2023, possano essere utilizzati per rifinanziare il fondo per le auto con emissioni tra 61 e 135 g/km e riattivare il bonus sull’usato varato nel 2021.

Bonus sull’usato che peraltro fallì: sui 45 milioni stanziati ne avanzarono 32. Ha senso riproporlo?
Innanzitutto, potrebbe avere un senso solo se si facesse tesoro dell’esperienza del 2021 e si immaginasse un sistema di incentivi coerente tra nuovo e usato nella duplice prospettiva della transizione energetica e dello svecchiamento del circolante. In generale, è corretto che quantomeno i fondi destinati all’automotive lato domanda non vengano dirottati altrove, ma una scelta del genere sarebbe una soluzione semplicistica, che non avrebbe alcun reale effetto su nessuno dei due obiettivi.

Perché?
Gli incentivi alle auto elettriche e plug-in sono falliti perché gli italiani non sono stati messi in condizione di usufruirne. L’importo del bonus è stato abbattuto drasticamente, improvvisamente e prematuramente: gli altri Paesi lo hanno fatto gradualmente e dopo che il mercato aveva raggiunto ben altro livello di maturità. Quindi, sulle auto elettriche non compensa più il gap di prezzo che ancora c’è, in media, rispetto alle vetture termiche, peraltro con l’inflazione ai massimi livelli che ha ridotto il potere d’acquisto delle famiglie. Poi sono state di fatto escluse le aziende, che al contrario, grazie alla possibilità di dotarsi di infrastrutture di ricarica proprie e all’alto tasso di rotazione delle flotte, sono il volano della transizione e dello svecchiamento. Infine, è stato abbattuto il tetto di listino per poter accedere al bonus, limitando la scelta della clientela senza alcuna motivazione difendibile. Credo che non intervenire su nessuna delle cause del flop, sostenendo che "gli italiani non vogliono l’elettrico", sia una scelta miope e non coerente con obiettivi di medio-lungo periodo. Oltretutto, rifinanziare il fondo 61-135 alimenta una domanda sostenuta di per sé senza contribuire allo svecchiamento del circolante: per esempio, un fondo da 200 milioni alle termiche con un bonus di 2 mila euro a fronte di rottamazione significherebbe rottamare 100 mila auto fino alle Euro 4, una goccia nel mare di 19 milioni di vetture ante Euro 5 in circolazione.

E invece come bisognerebbe utilizzare il tesoretto?
Basterebbe ripristinare le regole che esistevano fino al 2021: bonus più alti, apertura totale alle imprese (con obbligo di mantenimento della proprietà per almeno 12 mesi per evitare fenomeni di accaparramento o di esportazione), innalzamento del price cap. In realtà, pensando a una riforma più ampia, sarebbe utile distinguere meglio obiettivi e strumenti. E, dunque, ai privati un sistema di incentivi come quello descritto, alle imprese la revisione del fisco sull’auto aziendale, ossia una detraibilità totale dell’Iva sulle auto elettriche e decrescente al crescere delle emissioni di anidride carbonica e un meccanismo analogo anche sulla deducibilità dei costi, oltre a una velocizzazione dell’ammortamento, in linea con i principali mercati europei.

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