Un’estate per non chiudere bottega e per preparare le carte: Pedemontana respira e incassa un rinvio alla prima udienza che doveva discutere del suo fallimento. Il giudice, di fronte a una mole di oltre seimila pagine di documenti e grafici, ha concesso una proroga e in aula si tornerà tutti l’11 settembre, mentre fra il 21 agosto e il 5 settembre le parti dovranno depositate le proprie osservazioni.
Indagine a ciel (poco) sereno. L’indagine è partita dalla Procura di Milano nel giugno scorso, proprio mentre in Apl - Autostrada Pedemontana Lombarda avveniva un cambio al vertice con l’uscita di scena di Antonio Di Pietro e l’arrivo alla presidenza di Maurizio D’Andrea. Quest’ultimo si è trovato subito a dover affrontare una richiesta da parte di tre Pm milanesi Roberto Pellicano, Giovanni Polizzi e Paolo Filippini di verificare se, dati i conti, la A36 non si trovasse in “difetto del requisito di continuità aziendale e in stato di insolvenza”.
Conti in rosso. Le ipotesi della Procura si basano sull’analisi dei dati di bilancio. Nel 2016 - che per Apl è stato anche il primo anno vero di esercizio, con l’apertura completa della tratta B1 fino a Lentate sul Seveso - le perdite di esercizio ammontavano a poco meno di otto milioni di euro. Non solo: Pedemontana avrebbe già bruciato l’80% dei contributi pubblici erogati (800 milioni su 1,2 miliardi) pur avendo realizzato solo un terzo dell’opera. Dei 68 km di autostrada, infatti, ne funzionano solo poco più di 20 (oltre alle due tangenziali di Como e Varese), oltretutto con tariffe piuttosto salate che fino a oggi hanno scoraggiato gli utenti.
La sfiducia delle banche. Per la Procura l’utilizzo di fondi pubblici così ingenti potrebbe avere, appunto, una rilevanza penale di fronte a un’opera incompiuta e dalle sorti così incerte. Infatti la società, partecipata da alcune banche (da Intesa San Paolo a Unione Banche italiane e Bau Holdings), ha in cassa circa due miliardi di euro che le garantirebbero di sopravvivere, insieme al sostegno di Serravalle, non oltre l’inizio del 2018. Ma l’aspetto ancor più preoccupante è che la società, negli anni, è risultata sempre meno strategica per gli istituti di credito che non hanno più dimostrato interesse impedendo a Apl di arrivare a un closing finanziario per il quale servirebbero almeno tre miliardi. I quali oltretutto potrebbero non bastare dato che Strabag, il colosso austriaco che si è aggiudicato il prossimo lotto di lavoro - la tratta B2 da Lentate sul Seveso a Cesano Maderno - ha già posto riserve per altri tre miliardi, dati i ritardi accumulati e le varianti al progetto che nel frattempo si sarebbero rese necessarie. In definitiva, quindi, i miliardi da reperire sarebbero complessivamente sei, oltre ai due già disponibili grazie a prestiti ponte sempre prorogati. Un’esposizione economica che la Procura ritiene irreversibile.
La linea della difesa. La difesa, invece, ha scelto di controbattere alle accuse puntando su diversi piani. In primis a dare nuova linfa e fiducia ad Apl è arrivato, a richiesta di fallimento già inoltrata, l’atteso atto aggiuntivo del Cipe, un documento che (se licenziato anche dalla Corte dei Conti) detterebbe un nuovo calendario per andare alla ricerca del closing finanziario dei lotti futuri, ma soprattutto sbloccherebbe alcuni meccanismi, permettendo una defiscalizzazione dell’opera pari a 380 milioni. Questo passaggio renderebbe di fatto, per eventuali investitori, più appetibile provare a credere (e possibilmente a finanziare) ancora la Pedemontana. Apl proverà quindi a controbattere alle accuse di insolvenza anche sottolineando sia la continuità aziendale dimostrata in questi anni, sia l’assenza di richieste di creditori.
COMMENTI([NUM]) NESSUN COMMENTO
Per eventuali chiarimenti la preghiamo di contattarci all'indirizzo web@edidomus.it