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Formula 1

PILOTI
Emerson Fittipaldi

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Emerson Fittipaldi è una delle leggende viventi dell'automobilismo sportivo: ha corso e vinto in Formula 1 e in Formula Cart, portando a casa anche due vittorie nella 500 Miglia di Indianapolis. Lo chiamavano “O Rato”, per via della sua inconfondibile dentatura, ma per tutti è semplicemente “Emmo”.

Le origini. Emerson nasce a San Paolo, in Brasile, il 12 dicembre del 1946. Eredita la passione per lo sport dal papà Wilson, giornalista sportivo e pilota amatoriale, e si avvicina al motorsport da adolescente. Dapprima non resiste al fascino del motociclismo ma cede poi alle quattro ruote, quando si ritrova ad aiutare il fratello Wilson Jr. nelle gare di kart. Per non pesare sulla famiglia e finanziarsi le corse, i due fratelli danno vita a una piccola attività che produce componenti per auto.

I primi successi. Emerson sgomita nei kart fino a conquistare il titolo di campione brasiliano nel 1965. Ormai ventenne, approda e vince la Formula Vee brasiliana nel '67. La fama lo precede, tanto che prende la decisione di lasciare il Brasile e alzare l'asticella della sfida per correre in Gran Bretagna, sbarcando in Formula Ford. Quel ragazzo è un mastino: fuori gentile, educato, disponibile. In pista si trasforma in un pilota spietato e pienamente concentrato su un solo obiettivo: vincere. Quell'anno ottiene quattro vittorie consecutive, guadagnandosi velocemente un contratto con il team di Jim Russell per competere nella Formula 3 inglese al volante di una Lotus. Si unisce alla compagnia a stagione già iniziata, ma nonostante questo riesce a vincere il campionato alla fine dell'anno. La cosa non passa certo inosservata a quella vecchia volpe di Colin Chapman - patron della Lotus - che lo ingaggia per disputare il campionato di Formula 2. Quella è una delle rare occasioni in cui non riesce a vincere, ma dimostra comunque tutto il suo talento nella gestione della vettura.

Il debutto nel circus. L'approdo in Formula 1 è il successivo passo naturale nella carriera di Emerson Fittipaldi. L'occasione arriva proprio per mano di Colin Chapman, quell'anno alla ricerca di un terzo pilota per supportare Jochen Rindt, già piuttosto lanciato verso la conquista del titolo. A Fittipaldi viene affidata la macchina dell’anno precedente e scende in pista nella seconda metà del campionato. Ci mette poco a farsi notare, conquistando il quarto posto nel GP di Germania. Nel GP d’Italia, però, la tragedia: Rindt è vittima di un incidente e muore sul colpo. In poche settimane, Fittipaldi si ritrova a essere il nuovo punto di riferimento della squadra. È proprio grazie alla sua prima vittoria in F1, conquistata al GP degli Stati Uniti, che Emmo impedisce a Ickx di vincere il titolo che viene così assegnato al prematuramente scomparso Rindt.

Sul tetto del mondo. Con queste premesse, il Mondiale del '71 inizia con grandi aspettative per il pilota brasiliano, ma la storia racconta una storia diversa. Emerson conquista solo tre piazzamenti a podio quell’anno, concludendo sesto in classifica. Le cose però cambiano notevolmente nel 1972, quando la Lotus schiera una versione migliorata della 72D. Fittipaldi si ritrova a lottare con le Tyrrell di Stewart e Cévert. Dopo un inizio claudicante in Argentina, recupera alla grande: vince in Spagna, Belgio, Inghilterra e in Austria. Il quinto successo stagionale in Italia, a Monza: a soli 25 anni, Emerson Fittipaldi diventa campione del mondo di Formula 1 con due gare d'anticipo.

La rivalità con Peterson. La Lotus 72D migliora ulteriormente e dà sfoggio delle sue potenzialità anche nella prima parte del 1973, con Fittipaldi vittorioso in tre delle prime quattro gare. Il brasiliano però si ritrova una spina nel fianco inaspettata, il compagno di squadra Ronnie Peterson. La corsa per il titolo si complica con le tensioni nate prima con il compagno e poi con il team, lasciando via libera a Stewart di fare il bello e cattivo tempo e mettere le mani sul suo terzo mondiale. Fittipaldi, fortemente deluso, decide di lasciare la squadra alla fine dell’anno.

Il passaggio in McLaren. Un talento come il suo non ci mette molto a trovare un'altra sistemazione e per il 1974 Emerson Fittipaldi corre per la McLaren motorizzata Ford Cosworth. Emmo porta alla vittoria la M23 già alla seconda gara stagionale, nel suo GP del Brasile. Ma la stagione non si trasforma nella cavalcata trionfale che sognava il campione brasiliano, perché c’è da contrastare la concorrenza delle Ferrari di Regazzoni e Lauda. A tre gare dalla fine, Fittipaldi è solo quarto in campionato. Ma è proprio quando sembra tutta in salita che cambia il corso della storia. La Ferrari resta impantanata con i suoi problemi alle sospensioni e dalla decisione folle del Drake di cambiare fornitore in corsa. Un assist clamoroso di cui Fittipaldi approfitta e, con una zampata finale, mette le mani sul suo secondo e ultimo titolo iridato. Fittipaldi resta in McLaren anche nel 1975, ma la Ferrari questa volta vive una delle sue stagioni migliori con Niki Lauda, alla fine campione del mondo. A Emerson non rimane altro che accontentarsi di due vittorie, quella in Argentina all'inizio dell'anno e quella di Silverstone, che sarà poi la sua ultima in F1.

Pilota-Costruttore. Dal 1976 al 1980, Fittipaldi resta in Formula 1 come pilota e costruttore. Emmo, insieme al fratello Wilson, dà vita a un team 100% brasiliano. Grazie ai finanziamenti dello zuccherificio nazionale, la squadra si schiera con il nome di Copersucar. L’esperienza però è fortunata, tanto che Emerson ottiene solo sporadici piazzamenti a podio, ma mai niente più che un exploit. La carriera di Emmo finisce con un inesorabile declino, a cui si aggiungono i debiti accumulati come proprietario del team. Fittipaldi imprenditore fa un buco nell’acqua, ma Fittipaldi pilota si reinventa e si trasferisce oltreoceano dove corre dal 1981 al 1996 nella Formula Cart, vincendo anche il titolo nel 1989 con il team Patrick Racing. Dopo essere diventato mito nel suo Brasile e aver conquistato i cuori degli europei in Formula 1, entra nella leggenda anche per gli americani. Un infortunio dopo un brutto incidente nel 1996 lo costringe ad appendere il casco al chiodo, senza troppi rimpianti.