Nel mezzo di una transizione energetica dai risvolti incerti come una mano di poker, la Mazda è pronta a calare il full. Inteso, ovviamente, come full hybrid: una tecnologia che riporta agli esordi dell'elettrificazione – è stata portata alla ribalta oltre un quarto di secolo fa dalla Toyota Prius –, ma che all'atto pratico continua a rappresentare l'ibrido più credibile e convincente. Specialmente nella visione dei costruttori giapponesi, che all'all-in sull'elettrico puro contrappongono una strategia più guardinga, incentrata sullo sviluppo contemporaneo di diverse soluzioni tecniche. A questo proposito, la Casa di Hiroshima ha in serbo nuove mosse tra la fine di quest'anno e i prossimi, quando l'ibrido tradizionale – sin qui marginale nella sua offerta – arriverà prima sulla CX-50 americana e poi, in forma diversa, sulla prossima generazione della CX-5. Proprio il futuro della C-Suv, a ormai quasi otto anni dal lancio della serie attuale, è al centro dell'interesse di appassionati e addetti ai lavori. Non soltanto per la prolungata attesa, ma anche perché iniziano a trapelare le prime informazioni ufficiali.
Segni premonitori. Partiamo dall'ultimo Salone di Pechino, dove la Mazda ha presentato la concept Arata: una filante sport utility che ha tutta l'aria di una futura CX-5 in provetta. Forme, dimensioni e alcuni tratti stilistici suggerirebbero che siamo in presenza di una parentela stretta, priva di riscontri, però, da parte della Casa. La Mazda, da parte sua, si è limitata ad annunciare di voler lanciare in Cina, nel 2025, un modello derivato dall'Arata, probabilmente mosso da powertrain elettrici e ibridi plug-in. In ogni caso, quella concept aveva anche il compito di svelare le più recenti evoluzioni stilistiche del marchio giapponese: una svolta in chiave più moderna ed emozionale già avviata dalla Iconic SP, prototipo di una coupé sportiva presentato l'ottobre scorso al Salone di Tokyo. L'Arata, dunque potrebbe estendere la propria influenza ben oltre l'auto che da lei deriverà in senso stretto. Proprio da questo assunto siamo partiti per immaginare come potrebbe essere la terza generazione della CX-5, ricostruita nei rendering di queste pagine. Dal punto di vista stilistico, assisteremo a una rivisitazione del Kodo design, il linguaggio che la Mazda ha inaugurato nel 2010 con la concept Shinari, per poi evolverlo nell'arco degli ultimi tre lustri. Un canovaccio estetico in cui il dinamismo si esprime con superfici pulite, mai sovraccariche, arrivando in certi casi a cancellare le cosiddette linee di carattere per esaltare, invece, i giochi di luce della carrozzeria. Su questa base, le matite della Casa andranno ad aggiungere elementi inediti. Sul frontale, per esempio, i Led dovrebbero guadagnare campo, per essere utilizzati anche come motivo decorativo al posto delle cromature. La loro maggiore importanza ed espressività, di pari passo con una cura dell'aerodinamica ancora più spinta, creerà un nesso concettuale tra gli esterni dell'auto e la "nuova energia" che l'anima sottopelle.

Nessun "copia e incolla". Si torna, così, al tema del powertrain. Per il quale, nel fare previsioni, attualmente disponiamo di ben pochi dettagli, ma allo stesso tempo possiamo contare su alcuni punti fermi. Partiamo da ciò che sinora è stato messo nero su bianco in documenti ufficiali. Nel plico di fogli che rendiconta l'ultimo anno fiscale, pubblicato non più tardi di due mesi fa, nascosto dietro una fitta cortina di numeri e tabelle c'è un passaggio in cui il costruttore dichiara apertamente l'intenzione di equipaggiare «la prossima CX-5 con un motore ibrido sviluppato internamente »; specificando, poche righe più avanti, che l'auto è «al momento in fase d'intenso sviluppo» e adotterà un sistema «originale» della Casa, costruito attorno a un propulsore benzina Skyactiv, «evoluto sotto il profilo dei consumi e delle emissioni». Messa così, sembra che la Mazda voglia mettersi in proprio nel campo in cui il suo più grande alleato, la Toyota (dal 2015 le due aziende sono legate da una partnership estesa a prodotti e tecnologie), fa scuola dal '97. Ed è sorprendente, anche perché i due brand giapponesi, in passato, hanno strettamente collaborato nel campo dell'ibrido. Basti pensare alla Mazda2 Hybrid – di fatto una Yaris rimarchiata – e alla CX-50, una crossover di 4,70 metri, lanciata nel 2022 e mai approdata in Europa, che in Cina è già proposta in versione ibrida tradizionale. Semplificando il concetto, questa variante prende in prestito il powertrain dalla RAV4, esattamente come farà anche la CX-50 ibrida americana.
La filosofia di Hiroshima. Per quanto riguarda la nuova CX-5, invece, la strategia sarà appunto diversa. Ma se la Mazda ha effettivamente intenzione di proporre un full hybrid fatto in casa, resta da capire come questo motore si configurerà. Difficile fare previsioni, al momento. Anche perché potrebbe farsi attendere ancora molto, forse addirittura fino al 2026. Vale però la pena ricordare che l'ibrido full non rappresenterà la sola e unica opzione per questa sport utility media, nel segno di quell'approccio multienergia e aperto a svariate soluzioni tecniche che è proprio della Casa di Hiroshima. La quale, illustrando i più recenti sviluppi del sodalizio che la lega alla Toyota e alla Subaru (vedere il riquadro a sinistra), ha ribadito che «il motore a combustione interna avrà un'importanza chiave nell'era dell'elettrificazione». E mentre l'ibrido, in tutte le sue varie forme, sarà sempre più presente nella gamma di prodotto, anche attorno alla MX-30 – a oggi l'unica elettrica pura del marchio – andrà a costruirsi una famiglia. La divisione e-Mazda sta concentrando lavoro e risorse proprio in questa direzione, allo scopo di lanciare la prima piattaforma nativa elettrica del costruttore nel 2027. E poi compiere, senza fretta, un affondo deciso nel triennio che va dal 2028 al 2030. Intanto, ogni singola tecnologia continuerà a essere valutata e sviluppata in base alle richieste del mercato. Nel pieno rispetto della filosofia Mazda.
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