Iscritta come concorrente alla 1000 Miglia Green, La Corsa dedicata alle auto elettriche, ho osservato la competizione classica - la “vera” 1000 Miglia – come affacciata alla finestra, provando a cogliere l’essenza dell’una e dell’altra gara: approcci alla regolarità di guida tanto differenti eppure, a tratti, così complementari. A cominciare dal motivo per cui sono nate entrambe, ovvero testimoniare lo stato dell’arte delle infrastrutture utili alla mobilità e promuovere la crescita di ciò che serve a muoversi in auto: le strade (all’inizio del ‘900) e la rete elettrica utile alla nascita di una nuova mobilità sostenibile (oggi). In entrambi i casi, e in entrambe le epoche, strutture poco soddisfacenti per le modernità incalzanti.
Ai tempi del secondo dopoguerra ciò che la 1000 Miglia voleva sottilmente mettere in luce era la scarsa estensione (e sicurezza) dell’infrastruttura stradale italiana. Oggi le strade ci sono – più o meno manutenute – e quel he c’è da mettere in evidenza è la necessità di una rete di ricarica capillare e utile alla crescita della neonata mobilità elettrica. A tal proposito, un approfondimento in questo senso potete trovarlo qui e se vi va di rivivere l’emozione della gara, sul nostro canale Instagram trovate il day by day della nostra avventura (Parte 1 e Parte 2). Siamo nella fase del “disagio elettrico”, quindi, che nelle tarde ore della notte si mescolava con quello delle arzille vecchiette termiche, assistite senza sosta tra le tappe di gara; loro alle prese con temi ormai superati dalla maturità dell’auto tradizionale (affidabilità), noi attaccati alle colonnine aspettando – e sperando – in una dose d’energia pulita. Nuovo e vecchio uniti dall’attesa e dal desiderio di riprendere la gara.
Gara che mi ha riempita d’emozione, sentimento dato dal percorrere le più belle strade italiane, costellate dal calore umano del pubblico, fianco a fianco con mezzi meccanici di più di un’epoca fa. Divertendomi alla guida di un pulmino elettrico, che risvegliava ricordi d’infanzia e giovinezza in chiunque lo incontrasse, dandomi la possibilità di godere del fugace piacere di ricevere un sorriso sincero. Ho potuto testare il potere magico dell’ID. Buzz (qui l’articolo con tutte le caratteristiche) di trasformate istantaneamente sconosciuti in amici; forte di quel design così iconico, quello del Bulli, che il reparto stile di Volkswagen ha reinterpretato magistralmente in chiave moderna. L’ ID. Buzz è un mezzo fatto per essere utilizzato a 360 gradi: maneggevole e confortevole nel traffico cittadino, sa regalare anche del divertimento di guida sulle curve. Grazie al baricentro basso (il pacco batterie da 77 kWh netti sta sotto il pianale), l’ID. Buzz ha una dinamica di marcia che sorprende per precisione e pulizia; grazie anche alla trazione posteriore. Spunto e ripresa non mancano mai grazie al vantaggio della propulsione elettrica: 310 Nm di coppia subito pronti a spingere con garbo e decisione i (circa) 2.450 kg e 204 CV, per sorpassi sempre sicuri. Anche in zone montane. In ogni momento sembra di essere al volante di un’auto a tutti gli effetti e non dell’Mpv che, in effetti, è. L’autonomia? Abbiamo sempre percorso oltre 350 km senza particolari attenzioni (417 km l’autonomia dichiarata) e occorrono circa 30 minuti per una ricarica veloce dal 20% all'80%; numeri che iniziano razionalmente a sostenere l’idea di un utilizzo vero e concreto di un mezzo full elettric… rete di rifornimento permettendo.
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