La pandemia colpisce duramente il settore automobilistico e una delle prime Case a pagarne le conseguenze è la SsangYong Motor. Il costruttore coreano ha presentato, al tribunale di Seul, un’istanza per accedere all’amministrazione controllata, dopo essere entrata ufficialmente in una situazione di inadempienza contrattuale con alcuni suoi creditori.
Mancato rimborso. In particolare, la SsangYong non è riuscita a rispettare la scadenza del 14 dicembre per il rimborso di un prestito di circa 60 miliardi di won (66,3 milioni di euro) erogato da un pool di banche internazionali: circa 30 miliardi di won sono in capo a Bank of America, 20 miliardi a JPMorgan Chase e 10 miliardi a Bnp Paribas. Con i tre istituti di credito sono state avviate delle trattative per prorogare i termini del rimborso, ma le parti non sono riuscite a trovare un accordo che evitasse l’inadempienza (da non confondere con l’insolvenza o la bancarotta). Pertanto, in previsione "di un'ampia interruzione delle attività", il management è stato costretto a depositare l’istanza per l’amministrazione controllata. Allo stesso tempo è stata presentata la richiesta per un programma di sostegno alla ristrutturazione: in tal modo, la SsangYong avrà fino a tre mesi di tempo per proseguire i negoziati con le parti interessate, e quindi ha la possibilità di ritardare la decisione del tribunale sulla domanda di amministrazione controllata: un evento, tra l’altro, non inedito nella storia recente della Casa coreana.
Addio Mahindra. Infatti, analoga istanza era stata presentata nel 2009 in seguito alle conseguenze della recessione scatenata dalla fallimento della Lehman Brothers. A risolvere l’empasse ci ha pensato un anno dopo la Mahindra, rilevando tutti gli asset della SsangYong e acquistando la proprietà dalla cinese Saic anche grazie al sostegno finanziario dei creditori, molti dei quali di estrazione pubblica. Negli ultimi anni il gruppo indiano ha tentato di rilanciare la Casa di Pyeongtaek con massicce iniezioni di capitali, per sostenere un ambizioso piano di espansione dei volumi produttivi e commerciali che non ha soddisfatto gli auspici del management e degli azionisti. Oggi, la SsangYong è gravata da un elevato indebitamento, ha una una scarsa penetrazione commerciale (nei primi 11 mesi dell’anno le vendite sono scese del 20% a poco meno di 97 mila unità) e non ha neanche il sostegno del suo azionista principale. La Mahindra, titolare attualmente del 75,65% del capitale, ha deciso di cancellare il piano di rilancio, fermare l’erogazione di finanziamenti infragruppo e cercare un eventuale “cavaliere bianco” interessato a rilevare, integralmente o parzialmente, la sua partecipazione. Gli indiani sono disposti anche a rinunciare a qualsiasi pretesa economica pur di liberarsi della SsangYong. Tuttavia, la ricerca di possibili acquirenti, condotta con il coinvolgimento delle istituzioni coreane, non ha finora trovato uno sbocco risolutivo, nonostante le ipotesi si un intervento salvifico del gruppo Hyundai. "Indipendentemente dalla richiesta di amministrazione controllata da parte di SsangYong, i negoziati per la vendita di SsangYong sono ancora in corso", ha affermato il ministero coreano del Commercio commentando l’istanza presentata oggi.
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