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Industria e Finanza

Stati Uniti
Dazi, è arrivato il "Liberation Day"

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È arrivato il giorno dei dazi. O anche "Liberation Day", come lo chiama il suo ideatore, Donald Trump. Questa sera, alle 22 italiane, dal giardino delle Rose della Casa Bianca, il presidente degli Stati Uniti potrebbe annunciare le tariffe reciproche sulle importazioni di merci negli Stati Uniti e quelle del 25% relative alle automobili prodotte fuori dal territorio Usa. È bene usare il condizionale, perché Trump ci ha abituati a continui e repentini cambi di posizione, anche dell’ultimo minuto.

Dazi immediati. Al momento non è chiaro su quali prodotti si concentreranno i nuovi dazi reciproci, e anche all’interno della stessa amministrazione Trump ci sono versioni discordanti. Kevin Hassett, consigliere economico della Casa Bianca, ha sottolineato che coinvolgeranno solo una quindicina di “paesi sporchi”, che più di altri “approfittano della bontà degli Usa”: quali siano nello specifico, non è dato sapere. Lo stesso ha fatto il responsabile del tesoro Scott Bessent, che in un’intervista alla Fox ha parlato di “dirty 15” senza entrare nei dettagli. Dal canto suo, Trump ha detto che i nuovi dazi saranno “indiscriminati” e si applicheranno a tutti i Paesi. L’entrata in vigore delle tariffe doganali sarà immediata, e questo è di fatto l’unico elemento certo fino a questo momento.

EP-155109A_Plenary_13_State of the Union

Rischio escalation. L’Unione Europea, che nelle scorse settimane ha varato una serie di ritorsioni commerciali in risposta ai dazi su acciaio e alluminio del 12 marzo, non vuole rinunciare al canale diplomatico ma si prepara all’alternativa: la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, ha fatto sapere di aver pronto un piano di risposta molto duro nei confronti degli Stati Uniti: “Non siamo stati noi a cominciare questo scontro, e siamo convinti che sia sbagliato, ma abbiamo il dovere di proteggere i nostri popoli e la nostra ricchezza. Abbiamo la forza di negoziare, ma anche la forza di reagire”. Tra le ipotesi sul tavolo dei funzionari europei anche quella di chiudere completamente il mercato europeo ad aziende statunitensi di beni e servizi. Consapevoli che così facendo, in un’economia complessa e intrecciata come quella attuale, si corre il forte rischio di danneggiare anche sé stessi.

La corsa all’auto. Nel frattempo, gli automobilisti americani corrono ai ripari prima che possano scattare aumenti incontrollati dei listini. Nel mese di marzo la Ford ha registrato immatricolazioni in aumento del 19%, la General Motors del 17%, la Hyundai del 13%, la BMW del 4%. Nel mercato delle ibride, in crescita anche negli Stati Uniti, la Toyota è cresciuta del +44% e la Casa dell’Ovale Blu del 33%.

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