Il Governo svedese ha rimborsato il prestito concesso alla Saab dalla Banca europea degli investimenti, divenendo in questo modo il principale creditore nella procedura di fallimento della storica Casa automobilistica. Secondo l'Ufficio del debito, comunque, il possesso di azioni in Saab Automobile e Saab Tools valgono più della cifra pagata e garantiscono al Governo il diritto di veto su eventuali modifiche societarie o tentativi di smembrare il marchio per venderlo più facilmente.
Atto dovuto. La restituzione del prestito era un atto dovuto. Nel tentativo di risollevare la Casa svedese, infatti, nei mesi scorsi Victor Muller, amministratore delegato della Swedish Automobile, proprietaria della Saab, aveva richiesto alla Bei un prestito a lungo termine di 400 milioni di euro per il quale aveva fatto da garante proprio il Governo di Stoccolma. Di tale cifra, tuttavia, la Saab ha utilizzato soltanto 217 milioni di euro.
Trattativa serrata. Proseguono intanto gli sforzi per tentare di salvare in extremis la Casa scandinava. Secondo alcune indiscrezioni, il gruppo cinese Youngman, che per mesi ha negoziato l'acquisizione della Saab, starebbe preparando una nuova offerta. Ma ci sarebbero anche altre società interessate all'acquisto: la compagnia turca Brightwell Holdings, l'indiana Mahindra e un terzo soggetto che per il momento vuole rimanere anonimo. L'unico scoglio rimane la General Motors, ex proprietaria della Saab, ma che ancora detiene i diritti sulle tecnologie e che finora ha posto il veto alla vendita ai cinesi di più del 20%. Un veto, tuttavia, che potrebbe essere sciolto se fossero coinvolti finanziatori di altri Paesi.
Roberto Barone
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