C'è grande attesa per il referendum del 13 e 14 gennaio che vedrà i lavoratori dello stabilimento di Mirafiori esprimersi sul piano di rilancio proposto dalla Fiat. Un appuntamento che sta già surriscaldando gli animi del sindacato e che sta dividendo il mondo politico, economico e sociale. Tanto che nei giorni scorsi è addirittura comparsa una stella a cinque punte che sembra far rivivere al Paese gli spettri degli anni Settanta.

L'Ipo di Chrysler. Intanto, dal Salone di Detroit, il numero uno del Lingotto ha annunciato che Fiat è salita al 25% di Chrysler e ha sottolineato che c'è "la possibilità di salire al 51% entro l'anno perché esistono le risorse. Il progetto è collegato all'Ipo di Chrysler", operazione finanziaria che il manager italo-canadese conta di portare a termine entro il secondo semestre.

Mirafiori: "pronti a investire altrove". Riguardo al referendum di Mirafiori, poi Marchionne ha ribadito: "Con il 51% di voti favorevoli si chiude il discorso. L'investimento si fa. Se non si raggiunge il 51% salta tutto e andiamo altrove. Fiat ha alternative nel mondo, aspettiamo di vedere cosa succederà giovedì e venerdì e se il referendum non passerà ritorneremo a festeggiare a Detroit".

Problemi sociali. Marchionne, poi, si è rifiutato di assumersi la responsabilità del clima di contrapposizione che si sta vivendo in merito alla vicenda di Mirafiori. "In Italia, per ragioni storiche e ideologiche la gente non si riconosce in questa nuova proposta della Fiat. Io il passato lo conosco e lo capisco. La storia l'ho vissuta, ma il problema deve essere adeguato alla realtà di oggi". Secondo l'a.d., quindi, la Fiat non può essere considerata la causa del clima di tensione sociale. "Il mio ruolo è più umile: io faccio vetture e cerco di venderle, il problema sociale deve essere risolto da altri. Noi come Fiat possiamo solo creare le condizioni per lo sviluppo. C'è un impegno in questo senso".

Roberto Barone