Il processo di revisione del modello di distribuzione che molti gruppi automobilistici avevano intrapreso procede più lentamente del previsto, e alcune Case hanno persino rinunciato alla transizione che avrebbe dovuto portare i loro concessionari a diventare agenzie. Altre si stanno orientando verso soluzioni ibride o hanno, appunto, reso più progressivo il passaggio, magari iniziando dai brand cadetti, come Mini per BMW o Smart per Mercedes. Nella fase seguita ai primi annunci da parte dell’industria europea, alcuni costruttori cinesi avevano persino approfittato per reclutare nuovi dealer offrendo il contratto di concessionario, perché la reazione generale delle reti era – ed è – di forte perplessità riguardo a un modello che, se per il cliente presenta qualche vantaggio, per l’imprenditore mostra diverse incognite. All’annuale conferenza di InterAutoNews, Deloitte Italia ha presentato ieri una ricerca sulla distribuzione automobilistica, al cui interno ha realizzato una comparazione fra le principali voci economiche dei modelli concessionario e agenzia.

Scendono i margini. Come si vede nel grafico, realizzato su dati Federauto in base al costo medio di un veicolo di circa 30 mila euro, nel passaggio dal contratto dealer a quello di agenzia è ipotizzata una riduzione del margine lordo (-33,1%) e di quello commerciale (-19,7%), a fronte di una contrazione delle spese di gestione diretta dell’attività (stimate in un -6,2% di costi per la forza vendita e altre voci e in un -7,2% per l’assenza di componenti come marketing, auto dimostrative e attività di formazione). La diminuzione del risultato operativo è stata calcolata nell’11,7%, ma potrebbe essere attenuata, secondo Deloitte, da una crescita di competitività derivante dalla riduzione dei prezzi.
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