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Ferrari
Antonello Coletta, il custode del Cavallino

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Ci sono storie che non nascono da un piano, ma da una scintilla. Per Antonello Coletta, romano, economista, la scintilla scoccò nel 1997, quando venne chiamato a Maranello per organizzare le celebrazioni dei cinquant’anni Ferrari. Un incarico temporaneo, una collaborazione circoscritta, che in teoria sarebbe dovuta terminare con la chiusura di quell’evento. Ma per chi sa ascoltare il rumore dei motori, certi suoni non si spengono. Da allora, Coletta non ha più lasciato il Cavallino. “Da lì sono partito”, racconta, “e non me ne sono più andato.”

Antonello Coletta, il custode del Cavallino

Dietro la calma del dirigente, dietro la voce sempre misurata, c’è l’architetto di uno dei progetti più affascinanti e identitari di Maranello: Corse Clienti. Un’idea nata da un sogno collettivo, quasi romantico: riportare i clienti a vivere la Ferrari non come status, ma come esperienza. Da quella intuizione sono nati i campionati Challenge, i Programmi XX, il Club GT, e persino le versioni da pista derivate dalle hypercar, come la 499P Modificata. Oggi quella divisione è una business unit, una macchina perfetta che unisce passione, tecnologia e appartenenza.

Antonello Coletta, il custode del Cavallino

Il secondo progetto, invece, sembrava irrealizzabile. “Ricordo il mio primo colloquio in Ferrari”, dice Coletta. “Passando sotto l’insegna, pensai che sarebbe stato bello un giorno vedere dei prototipi ufficiali Ferrari tornare a correre.” Ventisei anni dopo, quel sogno ha preso forma e rumore. Il progetto Hypercar ha riportato Ferrari nell’endurance mondiale, fino alla prima vittoria a Le Mans e adesso al titolo costruttori nel WEC. È stato un percorso lungo tre anni, fatto di ambizione e insonnie, di scelte tecniche coraggiose, di pressione e lucidità.

Antonello Coletta, il custode del Cavallino

Coletta non racconta trionfi, racconta metodi. È un uomo che pesa le parole come si bilancia una vettura: “Quando i problemi diventano insormontabili, è il momento in cui quasi mi esalto”, confessa. È la frase di chi non si lascia abbattere dal rumore del rischio, ma lo trasforma in energia. Il suo modo di guidare un gruppo è altrettanto sobrio e profondo. Parla di rispetto, di rettitudine, di memoria. “Bisogna conoscere la storia di Ferrari per capire come comportarsi,” spiega. “Il rispetto per il Cavallino che abbiamo il dovere di portare sul petto è ciò che ci deve guidare.”

Antonello Coletta, il custode del Cavallino

Nel suo vocabolario, leadership significa educazione: insegnare ai giovani cosa rappresenta quel simbolo, e trasmettere un codice di correttezza che vale più della vittoria stessa. “Si può sbagliare,” dice, “perché sbaglia solo chi fa. L’importante è agire con chiarezza e onestà.” Oggi, dopo quasi trent’anni, Antonello Coletta è molto più di un dirigente Ferrari. È la coscienza sportiva del Cavallino, il testimone di un’epoca in cui passione e rigore continuano a convivere. Ha costruito due mondi: la Ferrari dei clienti, che corre per amore, e la Ferrari ufficiale, che vince per orgoglio. E quando parla di futuro, lo fa con la stessa voce calma con cui racconta le sue origini: quella di chi sa che un sogno, se lo insegui con metodo, può diventare un’eredità. Perché, come dice lui, “il rispetto per il Cavallino che abbiamo sul petto non è uno slogan. È un dovere.

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