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Per la Ue è sempre obbligatoria (o quasi)

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La Corte di giustizia europea, con la sentenza del 29 aprile 2021 n. C-383/19, ha affermato, in continuità con le decisioni precedenti, che l’articolo 3, primo comma, della direttiva 2009/103/CE dev’essere interpretato nel senso che la conclusione di un contratto di assicurazione R.C. auto è obbligatorio per la mera immatricolazione del veicolo in uno Stato membro della Ue, sempre che tale veicolo non sia stato regolarmente “ritirato dalla circolazione conformemente alla normativa nazionale applicabile”.

Salva la norma italiana. La buona notizia consiste nella circostanza che in forza dell’articolo 122, comma 1, del Codice delle Assicurazioni Private e dell’articolo 3, comma 1, del relativo Regolamento di attuazione (Decreto del Ministro dello Sviluppo Economico n. 86/2008 - Regolamento in materia di obbligo di assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione dei veicoli a motore e dei natanti), gli automobilisti italiani non solo possono continuare a sospendere la garanzia assicurativa, ove tale facoltà sia espressamente prevista nel contratto sottoscritto, in caso di sottrazione del veicolo assicurato dalla “circolazione”, ma non sono obbligati a sottoscrivere una polizza R.C. auto per quei veicoli che vengono posti in circolazione esclusivamente in aree private e comunque non aperte alla circolazione del pubblico. Questo sappiamo essere un consistente risparmio specialmente per quei veicoli che sono utilizzati per solo parte dell’anno (ciclomotori, motocicli, auto-caravan). La legittimità della normativa italiana ha trovato recentissima conferma: la Commissione europea ha, infatti, archiviato la procedura d’infrazione sulla materia avviata nei confronti del nostro Paese. Una parola definitiva sulla questione sarà data dalla prossima Direttiva in materia di R.C. auto, di imminente pubblicazione, e che, comunque, dovrebbe far definitivamente salva la legislazione italiana.

Il problema dell’evasione. La cattiva notizia è, invece, che continuando a non sussistere l'obbligo assicurativo di R.C. auto per il solo fatto di essere in possesso di un veicolo a motore regolarmente immatricolato, anche se non effettivamente “in circolazione”, l’illecito malcostume di non concludere un contratto assicurativo obbligatorio resta, in Italia, difficilmente perseguibile. Infatti, se il legislatore italiano spinto da una decisione della Corte di Giustizia europea più categorica, ovvero da una procedura d’infrazione della Commissione europea conclusasi in senso sfavorevole o, ancora ed a maggior ragione, in virtù di una imperativa disposizione inserita nella emananda Direttiva UE, fosse dovuto intervenire con l’introduzione dell’obbligo assicurativo R.C. auto per il solo fatto della immatricolazione del veicolo al motore senza alcuna altra condizione, sarebbe stato possibile con un mero incrocio dei dati tra le banche dati oggi esistenti (l'Archivio nazionale veicoli della Motorizzazione civile e la Banca dati coperture assicurative), scovare gli “evasori” dell’obbligo e sanzionarli da remoto, senza necessità di un accertamento durante i normali controlli su strada.

L’impatto sulle imposte e sul Fondo di garanzia. Secondo dati ANIA (Associazione nazionale tra le imprese di assicurazione), i veicoli circolanti privi di assicurazione al 31 dicembre 2019 erano circa 2,6 milioni con un’incidenza del 5,9% sul totale circolante. Questa consistente evasione dell’obbligo assicurativo sottrae risorse alle imprese di assicurazione (ma anche alle province in relazione all’imposta sull’R.C. auto compresa tra il 9 e il 16%, destinata agli enti locali intermedi e anche al Fondo di garanzia per le vittime della strada, FGVS, gestito da Consap, cui va il 2,5% del premio imponibile) e genera sinistri il cui risarcimento è a carico proprio del FGVS. In definitiva, l’evasione dell’obbligo assicurativo, così come quella fiscale, genera maggiori costi per la collettività il cui carico è sopportato dai cittadini onesti e virtuosi.

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