Una nuova imposta sull'auto proporzionale alle emissioni di anidride carbonica. Alla tassa saranno soggetti tutti coloro che tra l'1 gennaio 2019 e il 31 dicembre 2021 acquisteranno, anche in leasing, e immatricoleranno una macchina nuova o precedentemente targata all’estero con emissioni di anidride carbonica (CO2) a partire da 110 g/km. L’imposta sarà progressiva all’aumentare delle emissioni sulla base del seguente schema:
110-120 g/km: 150 €
120-130 g/km: 300 €
130-140 g/km: 400 €
140-150 g/km: 500 €
150-160 g/km: 1.000 €
160-175 g/km: 1.500 €
175-190 g/km: 2.000 €
190-250 g/km: 2.500 €
>250 g/km: 3.000 €
La novità è contenuta in un emendamento presentato la scorsa notte al disegno di legge bilancio in discussione alla Camera. Se la norma diventerà legge (e dopo che sarà emanato un provvedimento attuativo concertato tra i ministeri dello Sviluppo economico, delle Infrastrutture e dei Trasporti e dell'Economia e delle Finanze) circa metà delle macchine acquistate dagli italiani, sulla base delle immatricolazioni 2018, sarebbe soggetta alla nuova imposta. Per esempio, tra le Fiat Panda, l'auto più immatricolata in Italia, solo quella con motore 0.9 TwinAir sarebbe sotto soglia, cioè esente.
Incentivi per pochi. La proposta di modifica è accompagnata da incentivi all'acquisto di auto a basse e bassissime emissioni di anidride carbonica, per i quali sono stanziati 300 milioni di euro all’anno per tre anni. Serviranno a dare un contributo economico, sotto forma di riduzione del prezzo d’acquisto da parte della concessionaria, a chi comprerà, anche in leasing, auto nuove, cioè mai immatricolate prima. Sono previste tre fasce di emissioni: da 0 a 20, da 20 a 70, da 70 a 90 g/km. Nel primo caso il contributo sarà di 6 mila euro, per la seconda fascia si dimezzerà a 3 mila e per l’ultima scenderà a 1.500 euro. Di seguito, per meglio comprendere l'impatto dell'ecotassa, alleghiamo una nostra elaborazione per quindici modelli diesel, benzina, elettrici, ibridi, a Gpl e a metano.
Limite di 300 milioni. L’incentivo sarà disponibile solo per le autovetture (veicoli fino a 3,5 tonnellate aventi al massimo otto posti oltre al conducente, quindi restano fuori gli autocarri) fino a esaurimento dei 300 milioni stanziati. Ciò significa, per esempio, che potranno usufruirne 200 mila acquirenti di auto di terza fascia oppure 100 mila di seconda o 50 mila di terza. Da notare che la norma non distingue tra alimentazioni, ma discrimina unicamente in base alle emissioni di anidride carbonica, cioè ai consumi di carburante (calcolati, tra l'altro, in base ai più severi standard Wltp). Giusto per dare un’idea, la Fiat Panda, la macchina più venduta in Italia, non godrebbe di alcun bonus. Ma ne beneficerebbero, oltre alle auto elettriche e a molte ibride, anche alcuni modelli alimentati col tanto (ingiustamente) vituperato gasolio. Tra questi la Fiat Punto 1.3 Mjt, la DS3 BlueHDI 100, le Dacia Logan MCV 1.5 Blue dCi 75 e 90 Cv, tutti e quattro nel limite dei 90 g/km. Facile, peraltro, immaginare una corsa alle riomologazioni da parte delle Case, nel caso in cui la norma dovesse diventare legge, per far rientrare nei limiti modelli o versioni che sono poco al di sopra della soglia. Da notare, infine, che l'erogazione del bonus, al contrario di quanto avvenne 11 anni fa, non è subordinata ad alcuna rottamazione.
Unrae e Federauto: malus per un’auto nuova su due. Ma che impatto avrebbe questa duplice misura sul mercato? Impossibile prevedere cosa potrebbe accadere, anche perché sono proprio manovre come queste a orientare diversamente le scelte d’acquisto dei consumatori. Secondo una prima stima di Unrae e Federauto, le associazioni delle Case estere e dei concessionari italiani, “a bocce ferme”, cioè ipotizzando un impatto nullo sulle scelte d’acquisto, "prendendo a riferimento le immatricolazioni dei primi 11 mesi del 2018 la nuova norma provocherebbe un extragettito per lo stato di appena 350-370 milioni di euro. Il 49% degli acquirenti di auto nuove pagherebbe la nuova imposta, il 38% non ne sarebbe coinvolto (auto con emissioni di CO2 comprese tra 110 e 120 g/km), l’8%, invece, avrebbe diritto al bonus. In pratica”, spiegano a Quattroruote Michele Crisci, presidente di Unrae, e Adolfo De Stefani Cosentino, presidente di Federauto, “l’incentivo basterebbe a malapena a soddisfare la domanda esistente, premiando, di fatto, persone già intenzionate ad acquistare vetture a basse o bassissime emissioni o che le acquisterebbero comunque”. E, quindi, con un effetto leva minimo o addirittura nullo.
Coro di proteste. Dura anche AsConAuto, l'associazione dei consorzi dei concessionari: "Al di là delle dichiarazioni, questa è una misura che si traduce in un’altra penalizzazione per il nostro lavoro e soprattutto per il consumatore finale", ha sottolineato il vicepresidente Giorgio Boiani. Fa eco alle critiche anche l'Aniasa, l'associazione delle aziende di noleggio: “La norma, così come è prevista, non va nella direzione del rinnovamento del parco circolante, ma addirittura rischia di frenare il mercato automotive dei privati e delle imprese che oggi compiono percorrenze non sempre compatibili con le soluzioni di motorizzazione offerte dal mercato", ha dichiarato il presidente Massimiliano Archiapatti. "Per la mobilità aziendale, che in Italia sconta già un ampio gap rispetto ai competitor europei, si tratterebbe di un ulteriore appesantimento della fiscalità che frenerebbe le nuove immatricolazioni da parte del settore".
Un autogol per lo Stato. Come accennato, però, misure di questo tipo contribuiscono a modificare le scelte d’acquisto degli italiani. Che, in un momento di incertezza economica e rinnovata prudenza nelle spese, potrebbero davvero decidere di rinviare, ove possibile, l’acquisto. “Un calo del 4% del valore attuale del mercato”, spiegano Crisci e De Stefani Cosentino, “neutralizzerebbe la manovra in termini di minore gettito Iva, Ipt e tassa automobilistica. Ma se il rallentamento fosse superiore (e in termini di valore potrebbe davvero esserlo visto che si penalizzano le macchine più costose, ndr) lo Stato e gli enti locali ci rimetterebbero”. E con essi decine di migliaia di imprese legate alla produzione e alla distribuzione automobilistica. E, a cascata, centinaia di migliaia di lavoratori. “Un bagno di sangue”, secondo i leader delle due associazioni.
Rinnovo del circolante a rischio. “È un provvedimento paradossale”, evidenziano Crisci e de Stefani Cosentino. “Penalizzando le immatricolazioni di auto nuove, quelle che non solo inquinano meno, ma che sono anche più sicure, si rallenta il rinnovo del parco circolante. Un effetto contrario a ciò di cui, invece, ci sarebbe bisogno”. Piuttosto, secondo i due numeri uno sarebbe stato meglio un intervento bonus/malus sulle auto che circolano, non su quelle da immatricolare. “Oltretutto”, sottolineano, “la parte bonus, cioè l’incentivo alle elettriche, avrà ben poco effetto, visto che non vi sono infrastrutture per la ricarica. Quante cose buone, invece, si potrebbero fare se si destinassero 300 milioni all’anno proprio alle infrastrutture?” Infine la stoccata. “Quando si interviene su un settore importante, dal punto di vista economico e fiscale, come quello dell’auto”, concludono Crisci e De Stefani Cosentino, “sarebbe bene sentire chi quel settore lo conosce e ne comprende le dinamiche”.
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