Servizi
How to
Fleet&Business
FORUM
seguici con
NEWS
seguici con
LISTINO
seguici con
USATO
seguici con
How to
seguici con
Fleet&Business
seguici con
Curiosità

Quella volta che...
Sono stato di notte in pista a Nardò

SFOGLIA LA GALLERY

Già solo arrivarci, a Nardò, ha il sapore della piccola impresa. Non quando le Case ti invitano per provare modelli di là da venire, ché allora è solo un’ora di aereo, ma quando il lavoro te lo porti da casa. L’abbiamo fatto mille volte con le nostre classiche prove di durata e torneremo a farlo in futuro: parti la mattina e la sera sei lì, con 1.200 chilometri sulle spalle (si viaggia in due) e i fari che illuminano la ruvida e suggestiva campagna pugliese. Lunghi rettilinei e curve immersi in una distesa di ulivi appena rischiarati dalla luna quando c’è, un insieme forte e desolato che immancabilmente mi riporta alla mente le descrizioni, ben più efficaci delle mie, fatte da Thomas Stearns Eliot nelle pagine di The Waste Land. Beh, non è che il Nobel t’arriva per nulla…

2020-Nardo-02

Massima riservatezza. In realtà, la magia, per lo meno quella automobilistica, deve ancora iniziare e a dare il via è la sbarra dell’ingresso che si alza. Il rito di iniziazione non è da sottovalutare: controllano te, la macchina, l’attrezzatura e capisci che da lì in avanti non si scherza. E in effetti è così: da quel momento, sei catapultato in una piccola galassia parallela. Per una volta, infatti, non hai la sensazione di essere un ospite che osserva un mondo. In quel momento, di quel mondo fai parte. Sei uno dei mille che si aggirano con macchine strane, o camuffate, come se fosse la normalità. Fai benzina accanto a modelli che ritroverai parcheggiati per strada tra molto tempo, a supercar che hanno addosso ancora la fatica di ore in pista a limare decimi di secondo e cercare chilometri orari, ma t’imponi l’indifferenza che, nella quotidianità di una stazione di servizio, riserveresti a una Clio di otto anni. Fa tutto parte di quel mix tra rispetto e riservatezza che qui è un vero e proprio codice di comportamento.

2020-Nardo-10

Dal senso orario all'antiorario. E poi sono i ritmi a rendere definitivo l’incantesimo. Nardò è un piccolo mondo dove non c‘è giorno e non c’è notte. Meglio: dove il giorno e la notte non contano. Sospesi tra il sole e la luna, ancora lei, si lavora ventiquattr’ore ore su ventiquattro, scandite da un unico appuntamento, quello delle 22. A quell’ora, ogni giorno immancabilmente, la pista si chiude per un’operazione tanto semplice quanto necessaria: invertire il senso di rotazione. Per affaticare in maniera simmetrica e omogenea le componenti della vettura, infatti, un giorno si gira in senso orario e un giorno in senso antiorario. In fondo è l’unica botta di vita, il cambio di direzione, perché per il resto i 12 chilometri dell’anello di alta velocità non riservano grandi emozioni. Per lo meno non nel senso classico, dove sono curve e staccate a dare la misura di piloti e macchine. Qualcosa che fu mirabilmente riassunto da Maurizio Giani, storico collaudatore di Quattroruote, il quale, tra spocchia e legittima self consciousness, una volta disse: “andate pure voi, tanto non ci sono curve”. Negli anni, poi, le curve sono arrivate e oggi Nardò conta anche uno splendido handling e un percorso off-road. Se siete curiosi e non pecco troppo di autoreferenzialità, quest’ultimo potete vederlo mentre sono alle prese con la Lamborghini Huracán Sterrato. Una delle guidate più divertenti che mi siano mai capitate, ma magari ci torniamo sopra un’altra volta.

2020-Nardo-04

Curva infinita. Quei 12 chilometri (e 566 metri, per essere precisi) che hai davanti potresti ripeterli migliaia di volte anche se poi, per comodità, di solito fai coincidere rifornimento e cambio pilota. Entri, giù tutto e, a mano a mano che la velocità cresce passi a una corsia più esterna. E più ti avvicini al margine esterno più il piano stradale si inclina. Il risultato pratico è una curva blanda e infinita, che fino a 240 orari somiglia più che altro a un rettilineo: solo oltre devi accennare un movimento del volante. L’assenza di curve e un traffico che si muove spedito quanto te portano, inconsciamente e no, a dare un valore relativo al concetto stesso di velocità. Magari stai andando a 250/260 orari, eppure finisce persino che ti annoi, a tratti ti senti quasi superfluo, e per passare il tempo cominci a contare i giri, a scommettere con te stesso su futilità su cui non perderebbero tempo neppure in un pub di Londra: quanti giri mancano prima di entrare in riserva? A che ora precisa si accenderà la suddetta spia? Quanti chilometri avrà la macchina a fine stint? Non c’è limite all’abiezione della mente umana, anche se poi scopri che tutto avviene con schifosa regolarità e il gioco d’azzardo finisce per ridursi a calcoli aritmetici poco più che elementari.

2020-Nardo-05

Dalla Panda alle supercar. Tutto questo può assumere contorni ancora più forti e marcati. Lo scopri quando, con guascona disponibilità, dici che a te non pesa tirare tardi e il turno 3.30-5.00 non è un problema. Un errore che non commetterai una seconda volta. Per ingannare il tempo che ti separa dall’appuntamento, tenti di riposare nella penombra dell’officina, nella fattispecie sul pur comodo sedile della Fiat 500 di durata che ci eravamo portati come vettura d’appoggio e, quand’è il momento di salire in macchina, il piacere e il desiderio di guidare sono ai minimi storici. Ma si deve andare. E si va. Un’ora e mezza che pare non finire mai, ché le sensazioni, di notte, assumono proporzioni gigantesche: la fatica, la noia, l’idea che il tempo non passi. Non puoi neppure fare conto sulla tranquillità connaturata a quelle ore: l’hai vagheggiata sui raccordi interni che ti hanno portato in pista, ci hai sperato ed era lecito farlo, ma appena entri capisci che no, non è così. Giù in prima corsia c’è un mangiachilometri che si sfinisce per… sfinire una Panda, ma il problema non è lui. Oltre al sonno e alla noia, quelle che devi tenere d’occhio sono soprattutto le supercar, che di notte (per lo meno quella notte) erano numerose. E altrettanto moleste. Capo primo, per l’invidia: stanno fisse sulla corsia più esterna, dove ti sei avventurato soltanto per qualche sorpasso, e passano a velocità aeronautiche. Capo secondo, e qui cominciano gli aspetti tecnico-razionali, per lo spostamento d’aria che producono al loro passaggio. Capo terzo, per la simpatica attività di una di esse, impegnata a mettere a punto l’impianto frenante. Significa che dopo averti superato, il pilota accende un lampeggiante blu, inchioda e, nel contempo, scende dal bordo del catino scalando tutte le corsie fino alla prima. Il tutto cercando di passare in ciascuna a una velocità coerente con quella delle altre vetture. Non ti taglia certo la strada, non ci sono pericoli, ma è comunque qualcosa con cui fare i conti. E quasi quasi, al giro successivo, rimpiangi che passi solo a tuono senza fermarsi. Per non cedere al sonno e alla noia, non ti resta che cominciare a cantare a squarciagola o pensare a tutto il pensabile. Ed è a quel punto che mi si accende una piccolissima lampadina, che lega ricordi e asfalto. Una cosa piccola, irrilevante nei suoi contorni oggettivi, ma carico di significato a livello personale. Il mio primo contributo sulle pagine di Quattroruote, fascicolo di marzo 1999, è consistito infatti nel rispondere alla lettera di un lettore che chiedeva informazioni su Nardò. A questo punto, non serve certo scomodare Freud per capire da dove nasca il mio entusiasmo.

COMMENTI([NUM]) NESSUN COMMENTO

ultimo commento
ultimo intervento

Quella volta che... - Sono stato di notte in pista a Nardò

Siamo spiacenti ma questo utente non è più abilitato all'invio di commenti.
Per eventuali chiarimenti la preghiamo di contattarci all'indirizzo web@edidomus.it