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Ferrari Testarossa
Indimenticabili anni 80

Ferrari Testarossa
Indimenticabili anni 80
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Una macchina da sogno e un nome leggendario: un binomio unico. È questo, e molto altro, la Ferrari Testarossa del 1984, irraggiungibile ai più, perché quando arriva sul mercato costa 161 milioni di lire: quanto quindici Fiat Ritmo 60 L. Un modello che segna un'epoca, la supercar del Cavallino, tanto che oggi c’è chi ha pensato di ridarle vita, sotto forma di un restomod, al debutto nelle prossime ore. Ma torniamo a noi: la Testarossa parte bene e rompe gli schemi già nel nome, scritto in una parola sola e privo della tradizionale sigla numerica. Nonostante ciò, rievoca la denominazione "Testa Rossa" attribuita alle favolose Sport-prototipo Ferrari del periodo 1956-62, che avevano i coperchi punterie dei motori anteriori verniciati, appunto, di rosso. Un’alchimia unica, custodita gelosamente a Maranello.

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Show nello show. La Testarossa raccoglie questa preziosa eredità e va oltre. Facendo spettacolo sin dal debutto in società, che avviene al famoso locale Lido di Parigi (alla vigilia del Salone), sugli Champs-Élysées. Nell’occasione, la sportiva del Cavallino svela tutti i suoi effetti speciali: un muso sottile e aerodinamico, quelle prese d’aria laterali senza fine e una sensuale coda extralarge. Quasi un manifesto degli "esagerati" e appaganti anni 80. In effetti, la Testarossa è stata bella e iconica come poche altre sportive. È stata pure protagonista di famosi videogame nella versione Spider (realizzata davvero in soli cinque esemplari, uno dei quali commissionato dall'Avvocato Gianni Agnelli), ed è diventata, suo malgrado, l’ispirazione per tante supercar arrivate in seguito.

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Dai radiatori alle forme. Anche la Testarossa del 1984 nasce per stupire, ma non sui campi di gara. La berlinetta viene progettata per rinnovare i canoni estetici e in parte tecnici della grintosissima 512 BB degli anni 70, e per condurli su un piano più attuale e raffinato. E se la parentela con la "BB" si ritrova nell’impostazione di base, nella disposizione centrale-longitudinale del 12 cilindri a V di 180 gradi di 4.9 litri (la cilindrata rimane la stessa, ma la potenza cresce) e nell’allure derivante dall’essere al vertice della gamma, la Testarossa presenta comunque novità importanti. Perché la nuova biposto non si limita a trasudare cavalli - ne ha 390 a 6.300 giri/min -, ma viene forgiata attorno a un'idea che comporterà una rivisitazione profonda dello schema della BB. Si tratta di un'intuizione del designer-ingegnere milanese Leonardo Fioravanti, che all’epoca lavora alla Pininfarina, storico stilista della Ferrari. Ebbene, Fioravanti propone di spostare il radiatore dell’acqua dal muso verso la coda, sdoppiandolo in un gruppo per fiancata, da posizionare tra i sedili e le ruote posteriori. Tale modifica consente di rendere più spazioso l’asfittico vano bagagli anteriore, ma soprattutto meno caldo l’abitacolo (un annoso problema sulle berlinette), a quel punto libero dalle tubazioni dell’acqua, ora montate a ridosso del motore centrale. E un ulteriore vantaggio proviene dalle canalizzazioni più corte, e quindi più leggere.

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Intuizione corsaiola. Fioravanti ricorda così l’episodio nel suo libro "Il Cavallino nel cuore", edito da Giorgio Nada. "…Apriti cielo! 'Bettegamenti' anche se quasi amichevoli con Bellei, capo progettista Ferrari, che aveva previsto solo una leggera evoluzione della BB. Problemi di costi con due radiatori anziché uno, di tempi per le prove in galleria del vento e su strada, di ingombri... Ma l’argomento della parentela con le Formula 1 fu vincente e la Ferrari approvò la mia 'follia'". Fioravanti poi prosegue: "Ottina disegnò il suo capolavoro, quella che fu poi chiamata Testarossa… Le ore in galleria del vento furono effettivamente moltissime per indirizzare correttamente il flusso aerodinamico laterale perturbato da muso, ruote anteriori e parabrezza, in quantità e velocità sufficienti a raffreddare i radiatori. Quella presa d'aria laterale che occupava porta e parafango posteriore era una specie di grande Naca rivisitata". Ed era bellissima. L’arretramento dei radiatori richiede anche un vestito diverso, decisamente largo e imponente al retrotreno. L'insieme appare comunque filante e potente, cosa che farà la fortuna del modello. Anche perché, rispetto alla BB, la Testarossa risulta più comoda, accogliente e lussuosa. Sulla coda c’è un altro dettaglio da sottolineare: le luci sono rettangolari (e non tonde, come di prammatica), occultate da una griglia orizzontale. Ed ecco i numeri, per capire la taglia: lunghezza 4,49 metri, larghezza 1,98, altezza 1,13 (!), passo 2,55 metri.

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Dodici, spettacolari cilindri. Sotto al vestito da sera molto performante troviamo un telaio a tralicci di tubi di varia forma e sezione, che sostiene il motore e i gruppi ausiliari. Le sospensioni sono quelle tipiche della Ferrari, a quadrilateri deformabili anche al retrotreno, dove si segnala la soluzione del doppio gruppo molla-ammortizzatore, per garantire massima rigidezza. Di sicuro, però, il cuore della Testarossa risiede nel 12 cilindri 4.9 montato in posizione centrale-longitudinale. Il monoblocco è di lega leggera e deriva da quello utilizzato sulla 512, mentre le testate sono completamente nuove; la distribuzione è a doppio asse a camme in testa, con la novità delle quattro valvole per cilindro. L’impianto di alimentazione a iniezione meccanica include due gruppi Bosch K-Jetronic, uno per bancata. Il cambio a cinque marce, invece, ha la particolarità di essere montato sotto al motore, in apposite "camere" separate ricavate nell'unica fusione del carter. Sulla rivale Lamborghini Countach, invece, la trasmissione è in linea col motore, rivolta in avanti e posizionata fra i due sedili. La massa a vuoto, molto simile a quella della BB, è di 1.506 chili. Della Testarossa prima serie (1984-1991) vengono venduti 7.177 esemplari; un ottimo risultato per un'auto di questa categoria.

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Secondo e terzo atto. Il modello diventa una famiglia quando, nel 1992 a Los Angeles, viene presentata l'evoluzione 512 TR. Questa è frutto di un sapiente restyling, che va a toccare soprattutto il frontale, con una calandra in stile 348 TB e i gruppi ottici incastonati ai lati (vengono confermati i fari a scomparsa). Sulle fiancate, quasi intonse, spiccano i cerchi a stella da 18" di nuovo disegno (al posto dei 16" della prima serie), equipaggiati con pneumatici ultraribassati. Importanti le modifiche all'interno: si va dai sedili che consentono una posizione di guida più distesa, alla console centrale rivista, più intuitiva nell’utilizzo dei comandi. Per quanto riguarda il motore (sempre un V12 4.9), i molteplici interventi aumentano la potenza a 428 CV a 6.750 giri/min. E ciò basta per consentire alla vettura, che verrà realizzata in 2.261 esemplari, di toccare i 314 km/h. L’ultimo capitolo della saga è rappresentato dalla F512 M (ossia, "Modificata"), presentata al Salone di Parigi del 1994 e prodotta per tre anni in soli 501 pezzi. L’intervento estetico più evidente riguarda i proiettori, che abbandonano la classica (e più pesante) soluzione a scomparsa per il tipo fisso e carenato, anche al fine di migliorare l’aerodinamica. Viene quindi modificato il cofano e ridisegnata la calandra: così, l’aspetto della vettura cambia parecchio. Nella coda, invece, la griglia a elementi orizzontali viene ridotta e abbinata a classiche luci rotonde a vista. Nuovi, inoltre, i cerchi del tipo a girandola. Nell’abitacolo vengono introdotte la pedaliera regolabile, un impianto di climatizzazione rivisto e sedili più avvolgenti. L'ennesima iniezione di potenza, dovuta anche all’alleggerimento di molte parti in movimento, migliora la risposta del V12, che eroga 441 CV, sempre a 6.750 giri/min. La velocità massima, invece, resta quasi invariata: 315 km/h. Si chiude così un importante ciclo, che ha lasciato un segno, non solo nella storia del Cavallino. La successiva supercar della Ferrari sarà la 550 Maranello, che riporta il V12 (stavolta 5.5 e con bancate a 65 gradi) davanti all'abitacolo. Come si faceva una volta.

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