Duecentoventi. Tante sono le miglia orarie che deve raggiungere la Jaguar XJ 220 per chiamarsi tale. Una cifra che si traduce in 354 km/h, un limite incredibile per un’auto di serie a cavallo degli anni 90. Sono gli immortali miti della velocità e del primato a riemergere e spingere la gloriosa Casa inglese a mettere in cantiere una topcar dalle prestazioni marziane. Un’auto senza tempo, soprattutto pensando che l’idea nasce nel 1985 e vede la luce nel 1992, trent’anni fa. L’obiettivo è dimostrare di saper realizzare la supercar più veloce al mondo, un bolide anche di tecnologia. In sette anni di lavoro, però, più d’una volta si è andati vicini a chiudere per sempre la pratica della “220”. Invece, la Ford, azionista di maggioranza del Giaguaro dal 1990, dà nuovo impulso al progetto e decide di “varare” il modello, pur non senza qualche remora. Anche perché il brand inglese si trova in un momento finanziario e commerciale critico, nonostante la robusta iniezione di capitali effettuata dal colosso americano.
Dimezzati i cilindri. Un progetto a ostacoli, insomma, quello che caratterizza la XJ 220, partito inizialmente in un modo e arrivato poi in un altro. La base è un prototipo presentato nell’ottobre 1988 dallo staff capitanato da Jim Randle, che ha lavorato alla vettura nel tempo libero (lo chiamavano il “Club del sabato”). La concept, di grandi dimensioni, è equipaggiata con un motore 12 cilindri di derivazione racing (ha vinto la 24 Ore di Le Mans nel 1988), abbinato alla trazione integrale, un campo in cui la Jaguar non è ferrata. Poi, dalla metà del 1989, il lavoro prende un’altra piega: a ingegnerizzare e sviluppare la “220” saranno insieme il marchio britannico e la TWR (Tom Walkinshaw racing), una factory con cui la Casa ha già stipulato una joint venture per le corse. Lo schema della prima concept viene abbandonato, in favore di un più semplice “pacchetto” che include la trazione posteriore e un possente 3.5 V6 montato in posizione centrale, che consentirà di accorciare e alleggerire la vettura. Il V6, dotato di due turbocompressori Garrett, riesce a garantire comunque la potenza necessaria - 549 cavalli, oltre a 642 Nm di coppia - a far volare la macchina come ci si attende. A livello tecnico e di guida, la XJ 220 è molto “asciutta”: è priva di Abs, di sospensioni intelligenti e servosterzo. Curiosamente, invece, l’interno è molto curato, con pelle di qualità, tanto da offrire anche il condizionatore e i vetri elettrici. E una particolarità: gli strumenti secondari sono montati nel fianchetto porta lato guida, raccordati a una plancia che è più da GT che da supercar.
Forme da urlo. In ogni caso, non si può parlare di “delusione”, perché, anzi, la XJ 220 presenta una carrozzeria elegante e sinuosa, alta appena 1,15 metri, lunga ben 4,93 e con un passo di 2,64. Le forme, inoltre, non sono disgiunte dall’efficacia aerodinamica, perché la supercar può sfruttare l’effetto suolo, grazie alle particolari profilature del pianale, del sottoscocca e dello spoiler posteriore. Le sospensioni della biposto sono a doppi quadrilateri, mentre il cambio a cinque marce è sviluppato dalla Ferguson, con differenziale posteriore a giunto viscoso. La massa in ordine di marcia è di 1.375 chili.
Il nome è salvo. Già, la velocità: bisogna raggiungere le 220 miglia orarie, per tener fede al nome del modello. Nei test privati, la vettura effettua diversi tentativi, poi supera di poco i 350 km/h: tanto basta per battezzarla. Anche se la Casa preferisce indicare, come top speed, i 340 km/h orari. Quanto alla produzione su scala semiartigianale, sono previsti 350 esemplari in uscita dalla linea di montaggio di Bloxham, nell’Oxfordshire, dal febbraio 1992 al 1994. Ne verranno ultimati solo 275.
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