Era dal 1972, dai tempi del dominio assoluto della 312 PB nel Mondiale Marche, che a Maranello non si puntava con convinzione a una Sport Prototipi dalle ambizioni iridate. Dopo un ventennio, la F333 SP segna il ritorno della Ferrari alla categoria sulla quale ha costruito una buona parte della sua fama. Costruita in 40 esemplari nel 1993, la nuova barchetta costa 500 mila dollari (650 milioni delle vecchie lire) ed è destinata ai clienti piloti impegnati nel campionato americano IMSA. Diventerà una delle vetture più longeve e vincenti della storia del Cavallino, grazie anche al suo sofisticato telaio.
Il progetto F333 SP è avviato sotto la supervisione di Gian Paolo Dallara e Tony Southgate, con Mauro Rioli nel ruolo di direttore tecnico. Si punta subito al massimo sfruttando il V12 che di fatto spinge la Ferrari da F1, ma che per ragioni di omologazione IMSA sarà derivato da quello della F50 stradale. Il propulsore è portato a 4.7 litri, con distribuzione a cinque valvole e iniezione Weber Marelli. Come da tradizione, la cilindrata unitaria - 333,08 cc - battezza la nuova nata. Al 12 cilindri è accoppiato il cambio sequenziale meccanico Hewland DGN a cinque rapporti. Quando è il momento di studiare il telaio, Dallara ne realizza uno ad hoc secondo la tecnologia più avanzata dei primi anni 90: un monoscocca in fibra di carbonio e nido d'ape in alluminio, smontabile in ogni parte per facilitare la manutenzione ai tecnici dei team privati. Le sospensioni sono indipendenti, con quadrilateri trasversali deformabili, push-rod, molle elicoidali coassiali con gli ammortizzatori telescopici e barra stabilizzatrice. Lo sviluppo dell'aerodinamica è curato sempre a Varano de’ Melegari; della carrozzeria tipo spider biposto si occupa anche Michelotto. Più avanti, lo specialista padovano Michelotto si occuperà della costruzione. Peso finale della F333 SP: 860 kg a vuoto. Il che, con un propulsore che scatena 650 cv a 11.000 giri, scatta da zero a cento in 3,3" per toccare la velocità massima di 368 km/h, fa gridare vittoria. Che puntualmente non si farà attendere.
I primi quattro esemplari sono schierati dai team Momo Corse, Scandia Motorsport ed Euromotorsport Racing. In particolare il produttore di volanti e pilota Gianpiero Moretti, patron del team Momo e fra coloro che più aveva esortato Piero Ferrari per varare il progetto F333 SP, mette a segno una straordinaria tripletta nel 1998 vincendo la 24 Ore di Daytona (dove le Ferrari si piazzarono prima, seconda e terza come nel '67), la 12 Ore di Sebring e la 6 Ore di Watkins Glen. È il primo pilota a vincere le tre gare di durata più importanti degli Stati Uniti nello stesso anno, perdipiù italiano e al volante di una Ferrari. A Sebring la F333 SP vince anche nel '95 e nel '97. Pur non correndo per i colori della Gestione Sportiva del Cavallino, la barchetta fa breccia nella passione degli americani per le sport prototipi schierate nelle gare di durata. In circa quattrocento corse, la F333 SP ottiene 56 vittorie assolute, 8 di classe e 69 pole position.
Altro che barchetta: il pilota inglese Derek Bell, uno che ha conosciuto bene due generazioni di vetture Sport del Cavallino, la definisce "una Formula 1 con la carena integrale, totalmente completa, impeccabile, omogenea". La F333 SP continua a correre anche con il V10 del britannico John Judd, una vera eccezione per le vetture di Maranello. L'ultima vittoria importante risale al 2001 quando a Spa Francorchamps si aggiudica una gara del Campionato Sport FISA. A quei tempi si pensa già alle granturismo e Dallara costruisce per Ferrari tre esemplari (più dieci serie di ricambi) della F50 GT1, che però non correrà mai a causa del carosello normativo che imperversa sulle vetture di classe GT1. Come la F333 SP, anche la F50 di Dallara fa dell'aerodinamica il proprio punto di forza. L'esasperata ricerca dell'effetto suolo e della neutralizzazione delle turbolenze esaltano i 760 cv di potenza del V12 da 4.700 cc. Tutte doti che, purtroppo, mette in mostra solo sulla pista di Fiorano.
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