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Ferrari
Roma Spider: che goduria sulle strade del Mugello

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Questo, per me, sarà ricordato come l’anno della Ferrari Roma. Mi spiego meglio: in giugno, a bordo della versione coupé, ho avuto la fortuna di affrontare l’indimenticabile viaggio da Maranello a Le Mans (circa 1.200 chilometri, diviso in due tappe), per andare a vedere trionfare la Rossa nella mitica "24 Ore", al primo tentativo dopo il 1973. Tanta roba, al punto che, dopo, avrei potuto tranquillamente restare sul divano a sferruzzare un po’ a maglia. Ma la "stagione" di prove di vetture del Cavallino, evidentemente, non era destino che fosse finita: infatti, in occasione delle Finali Mondiali Ferrari all’Autodromo nazionale del Mugello, ho avuto l’opportunità di chiudere il cerchio e di guidare anche la sorella Roma Spider (prezzo di partenza, 250 mila euro), motore anteriore, trazione, obviously, posteriore. Colore carrozzerie? Celeste Trevi, quello di lancio del modello, con capote nera. La giornata è particolare, ventosa, e il percorso impegnativo. Come dovrebbe essere sempre, secondo me, quando si ha la possibilità di entrare nel mondo Ferrari accomodandosi al volante.

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 Briefing pre-test. Prima di partire, mi sento un po’ un cliente del Cavallino. E questo grazie alle tante attenzioni degli uomini in Rosso, che mi spiegano tutto della sportiva, con particolare attenzione ai comandi (soprattutto quelli sul volante), con i quali avevo già in parte familiarizzato nel viaggio autostradale in giugno. Si raccomandano sull’utilizzo corretto della capote addirittura pentastrato (di cui uno dedicato all'assorbimento sonoro), realizzata sfruttando tessuti sartoriali: si parla di velocità massima per l’azionamento del tetto (60 km/h), dei tempi di apertura capote (13,5 secondi) e di molto altro ancora. Riprogettare una coupé per ottenere una scoperta, in effetti, non dev’essere stato affare da poco, in particolare se sulla carrozzeria spicca il Cavallino rampante. Ebbene, la Roma Spider, creata dal Centro stile della Casa, (diretto da Flavio Manzoni), è stata ripensata per far vivere appieno la guida all’aria aperta, nell’assoluta eleganza del modello e sempre in configurazione 2+2. Per ridisegnare il padiglione, molto spiovente, è stato necessario rivisitare il lunotto, che sulla Roma Spider risulta integrato nella capote, per essere ricoverato, insieme, nel tonneau cover (realizzato nello stesso tessuto del tetto). Capote che vanta pure ingombri ridotti, così da poterla alloggiare nel vano posteriore, conservando 255 litri di carico: quanto basta per ospitare i bagagli (sportivi) di due persone. Molto importante è il wind deflector mobile, integrato nello schienale della panchetta posteriore, che si attiva grazie a un comando sul tunnel, ponendosi in orizzontale: in questo modo, come vedremo, si ottiene una maggiore protezione dall'"intrusione" nell’abitacolo di vento e vortici.  

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V8, che sound! Ora, però, è il momento di andare. Mano sul volante, leggera pressione sotto il logo del Cavallino e il V8 biturbo di 3.9 litri da 620 cavalli prende vita. Il suo sound è autorevole, quasi roco, e ti entra dentro già ai regimi più bassi. Difficile restare impassibili. Il grande contagiri digitale campeggia davanti ai nostri occhi, ma oggi, sul percorso che ci è stato preparato, non sarà l’assoluto protagonista. Parto dal cancello dell’autodromo toscano, un’occhiata veloce alla (incredibile) pendenza che presentano, dall’esterno, le curve dell’Arrabbiata, e via sulla strada che conduce a Barco e Caselle. Il tracciato è zeppo di curve, una dietro l’altra: così, più della potenza, la Roma Spider mette in mostra la sua capacità di danzare tra le curve, di effettuare continui cambi di direzione in sicurezza, senza stancare chi è al volante e aiutandolo, per merito del suo notevole equilibrio dinamico. Il divertimento è assicurato, con questo Cavallino a motore anteriore. Certo, preferisco tenermi un buon margine, su strade strette che non conosco: la sensazione, comunque, è quella di avere sempre il controllo della situazione, con la Roma scoperta che s’inserisce molto bene in curva, in modo piatto, ma senza risultare estrema o apprensiva. Anche in uscita, quando torno sul gas e la parola passa alla trazione. Il tutto mixato da una spettacolare sequenza di cambiate messa in opera grazie ai grandi paddle al volante. Bella, insomma, veloce, ma anche armonica e sincera su strada, questa Roma Spider: e godibile, anche per chi pilota vero non è. Una Ferrari che,  portafogli permettendo, è l'ideale per guidare all’aria aperta, divertendosi a un livello fuori catalogo. Ma senza patemi.

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Cambio di cielo. Sono partito con il tetto aperto, e mi godo a fondo la guida open air, col rombo del V8 che si avverte sempre, tanto più se si passa dalla modalità Sport a quella Race, nella quale variano anche (in senso più dinamico) le mappature dei controlli elettronici. Sulla Roma l'"otto" sfrutta il modo di spalmare la coppia (760 Nm) in modo progressivo a seconda del rapporto utilizzato, per non aver troppa spinta quando non serve, come nella marce basse. Ecco, continua a stupirmi l’ampio arco di utilizzo di questo motore: disponibilissimo e corposo nella risposta già a 1.200 giri in quinta-sesta marcia (il cambio è l’F1 doppia frizione a otto rapporti), quanto cattivo dopo i 5.000, su, fino a 7.500 giri, quando il sound si tramuta in sinfonia. Dopo una mezz’ora, salendo di altitudine, la temperatura cala e il vento aumenta di molto. Foglie e qualche goccia di pioggia cominciano a filtrare nell’abitacolo, così decido di chiudere il tetto, per non bagnare i preziosi interni. Scendo a meno di 60 km/h e la capote si richiude in breve, con un alert di conferma a operazione conclusa. Nella sezione dopo Barberino di Mugello le condizioni mutano ancora, quindi la Roma torna scoperta. Ora la strada è più scorrevole e veloce, ed è qui che apprezzo l’opera del wind deflector mobile, che mi consente di marciare al riparo da vortici fastidiosi. Tutte le sensazioni, un filo sopite quando la sportiva era chiusa, tornano a fluire, imperiose. Sound del V8, agilità tra le curve, cambiate secche. Che goduria. E quando faccio ritorno all’Autodromo del Mugello, un’ora e venti minuti circa dopo la partenza, maledico quei tratti misti che mi hanno indotto ad alzare il ritmo. La Ferrari è anche questo: un coinvolgimento talmente profondo da far dimenticare la dimensione del tempo.

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