Silvio Berlusconi può certamente permettersi le macchine più costose, eppure nel suo cuore il posto più importante ce l’ha una Fiat «500» che comprò quando ancora era uno studente universitario a Milano e già si dava da fare con qualche lavoretto per mettere da parte un po’ di soldi. «Me la ricordo come se fosse oggi, era “bianco-latte”, la comprai da un concessionario di viale Fulvio Testi. Bellissima. Il prezzo? Direi 495 mila lire, in contanti. Me li ero guadagnati scrivendo “bigini” cioè sintesi dei testi d’esame dell’Università Statale che frequentavo a Milano e anche con una piccola attività commerciale nel campo delle cornici d’arte. La portai subito da un carrozziere per farla diventare una “fuoriserie”. Feci verniciare di rosso fuoco la fascia longitudinale della carrozzeria, feci foderare i sedili di pelle rossa, qualche modifica al cruscotto. Una vera fuoriserie, che faceva il suo bell’effetto sulle ragazze».
Ha inizio così, con questo nostalgico amarcord, un colloquio con Silvio Berlusconi sul suo rapporto, pubblico e privato, con il mondo dell’automobile. L'ex premier non aveva mai parlato diffusamente di questo argomento e nel 2005 accettò di farlo con «Quattroruote». Toccando tutti i temi più spinosi dell’attualità, dalle misure per combattere il traffico alla crisi della Fiat. Ecco la nostra intervista dell'epoca.
Il traffico e l’inquinamento sono un’emergenza nazionale, possibile che li si combatta solo con provvedimenti-tampone, spesso inutili, come le targhe alterne e le domeniche a piedi?
L’insoddisfazione è comprensibile, ma negli ultimi decenni il numero delle automobili in circolazione è raddoppiato, a fronte di una rete viaria rimasta sostanzialmente invariata. Sappiamo bene che l’inquinamento non è creato solo dalle auto, ma deriva da una serie di situazioni quali i gas e i fumi provocati dalle industrie e dagli impianti di riscaldamento, alcuni dei quali sono assolutamente inadeguati e obsoleti. E allora...
...e allora?
E allora i provvedimenti-tampone si rendono a volte necessari. Qui succede qualcosa di analogo a quello che ci siamo trovati ad affrontare con la legge sul fumo. Per un liberale come me, dare il via alla proposta del ministro Sirchia è stata una decisione molto sofferta: si limitava una libertà, quella di fumare, che però si scontrava con un altro diritto, quello di chi non fuma di non respirare il fumo degli altri.
Che cosa c’entrano le automobili?
A volte misure come quelle che lei citava si ritengono necessarie per contrastare un problema grave come quello dell’inquinamento. Le città sono nate quando ancora non c’erano le auto e nei prossimi dieci anni è previsto un ulteriore consistente aumento del traffico.
L’impressione è che nelle grandi città si viva di emergenze.
Permangono ancora troppi veti, ci sono ancora troppe autorizzazioni da richiedere. E quando riesci ad arrivare in fondo, i progetti sono invecchiati ancor prima di iniziarne la realizzazione. Che nostalgia, nel privato è tutto più snello. Da imprenditore, magari passavo tutta la notte a meditare su un progetto ma la mattina chiamavo i miei collaboratori e annunciavo: stanotte mi sono riunito e abbiamo deciso...
Non sarebbe meglio rinunciare a un’opera faraonica come il Ponte sullo Stretto di Messina e spendere questi soldi per migliorare le strade congestionate delle grandi città?
Gli investimenti per il Ponte non saranno sottratti ad alcuna altra opera. Stiamo parlando di un progetto già avviato che toglierà da un isolamento storico una regione che diverrà così, e finalmente, Italia ed Europa al cento per cento. Non dimentichiamo la grande libertà che ci dà l’automobile per gli spostamenti individuali rapidi e finora questa opportunità è negata agli italiani di Sicilia. Saranno soldi spesi benissimo e molti di questi soldi arriveranno dai privati e saranno rimborsati negli anni dai pedaggi di chi avrà ritenuto conveniente utilizzare il Ponte per i suoi spostamenti da e per l’Italia.
Ma intanto mancano i soldi per fare nuovi tratti di metrò...
E invece i soldi li stiamo trovando. In molte città sono già in corso i lavori per nuove linee di metropolitana. Servono nuovi anelli esterni che decongestionino il traffico del centro-città, si dovranno allargare le isole pedonali.
Altero Matteoli, il ministro dell’Ambiente, ha evocato il ripristino di un superbollo per le macchine più inquinanti, ma si dice che lei sia contrario...
Sì, io non credo che nuove tassazioni risolvano il problema, anche se Matteoli si è fatto carico di un’esigenza sentita da tutti: evitare che si incentivi l’uso di veicoli che producano emissioni nocive nettamente superiori a quelle degli altri veicoli.
Insomma, l’idea del superbollo sui Suv è già rientrata?
In questi anni ci siamo prefissi, riuscendoci, di diminuire la tassazione. Quindi nessun Superbollo, com’è stato negli anni passati per il diesel, ma casomai misure che premino i veicoli che inquinano meno.
Anche perché di tasse sulle automobili ce ne sono già troppe: una, salatissima e abnorme rispetto alle medie europee, riguarda i passaggi di proprietà.
Lo so e ci stiamo ragionando. Per ora le annuncio che nei provvedimenti sulla competitività, che stiamo per varare, includeremo l’eliminazione del passaggio notarile nei passaggi di proprietà delle auto. È un primo passo, ma credo sia importante.
C’è una tassa sui passaggi di proprietà che fa particolarmente arrabbiare anche gli automobilisti più mansueti ed è quella che si versa quando si eredita una vettura: spesso sono auto vecchie e dal valore risibile, per le quali si paga una cifra che si avvicina alla quotazione della macchina, se addirittura non la supera.
Su questo mi impegno a intervenire: abbiamo già abolito le tasse di successione, in omaggio al sacrosanto principio di non toccare quello che i padri lasciano ai figli, tanto più che si tratta di beni sui quali a suo tempo lo Stato ha già esercitato il suo prelievo fiscale. Prendo nota. Su questo ci risentiremo.
Il ministro Pietro Lunardi dice che la patente a punti è uno dei vanti del governo Berlusconi.
Ha ragione. I nostri motivi di soddisfazione e di orgoglio per le cose fatte sono tanti. Il nuovo Codice della strada è uno di questi. L’effetto deterrente della perdita dei punti ha indotto tutti noi a portare più attenzione al rispetto delle regole. Ma c’è ancora tanto da fare.
A che cosa pensa?
Come padre penso con angoscia alle vere e proprie «stragi del sabato sera» e dico che occorre fare di più. Migliorare ancora il comportamento di chi guida, ma anche migliorare la sicurezza delle strade nei tratti più pericolosi.
Dica tre cose da fare subito.
Fare in modo che gli incroci pericolosi vengano eliminati, che i tratti con alti indici di mortalità abbiano segnaletiche più efficienti, che si illuminino meglio e di più strade e autostrade nelle zone nebbiose. Ricordo come cambiò la statistica degli incidenti in autostrada quando montarono le barriere «new jersey» al posto dei vecchi guard-rail di metallo. La sicurezza è fatta di un miglioramento continuo.
Le macchine vanno bene così?
No, occorre che tutti i sistemi di sicurezza che oggi sono venduti come «optional» diventino di serie, come già è accaduto con l’Abs. Penso ai sistemi di controllo della stabilità, all’aumento del numero degli airbag, ma anche, non sorrida, al condizionatore, che migliora la qualità della vita nell’abitacolo e favorisce la concentrazione di chi guida.
Presidente, la delicata situazione del gruppo Fiat è tornata d’attualità dopo la crisi del matrimonio con la General Motors.
Io sono assolutamente convinto che la Fiat ce la farà. Leggo di un mercato automobilistico in crisi, ma non è così. Si continuano a vendere più di due milioni di vetture nella sola Italia, che è molto più di quanto si facesse negli anni del boom economico. E la Fiat è viva, ha saputo reagire in modo eccellente, credendo nel settore auto e mettendo in cantiere modelli che io considero ben riusciti. Basta guardare la «Panda», che è una macchina splendida e che io stesso utilizzo.
Si legge di aiuti sotto forma di un intervento del governo come azionista, di rottamazioni...
...se ne dicono tante. Io resto convinto che la Fiat raccoglierà risultati lusinghieri nei prossimi anni. Questo è un Paese che ha una grande tradizione automobilistica e i migliori designer di auto sono italiani. Non devo certo ricordare a lei chi sono Pininfarina, Bertone, Giugiaro.
Si dice anche che lei danneggi l’immagine del made in Italy viaggiando su un’ammiraglia tedesca superblindata.
Nelle diverse sedi in cui mi trovo a operare mi capita di utilizzare le auto disponibili. Ma quella che preferisco è una Maserati «Quattroporte», che proprio Luca di Montezemolo ha voluto fosse adottata dalla Presidenza del Consiglio. Gran macchina, fatta da una Casa alla quale sono particolarmente affezionato. Ne ho posseduta più di una, di Maserati, e in particolare mi è rimasta nel cuore una bellissima «Mistral».
«Cinquecento» e «Mistral» a parte, quali sono state le auto della sua vita?
Mio padre Luigi era un «lancista» dichiarato e conservo ricordi bellissimi di quel periodo. Ha avuto la «Ardea», la «Aprilia», la «Flaminia». Vedere la sua soddisfazione nel guidarle era un vero piacere. Ma della «Cinquecento» non le ho raccontato la storia più bella.
Sentiamo.
Invito la mia ragazza sulla mia «fuoriserie» nuova fiammante per una gita al mare, da Milano a Varigotti, in Liguria.
Non c’era autostrada, se non sbaglio.
Bravo. E infatti mi butto su una Statale piena di curve, fino a quando capita il pasticcio.
Non mi dica che si è rotta la «Cinquecento».
No, no. C’è un passaggio a livello chiuso. Si forma una gran coda. Tutti scendono dalle auto. Nascono dei capannelli. C’è un tale con un banchetto che invitava al gioco delle tre carte. Mi avvicino, studio per un po’ le sue mosse e mi convinco di aver capito tutto. Mi dico: se gioco raddoppio la posta.
E ha giocato.
Già, tutto quello che avevo, le diecimila lire con cui affrontare le spese del week end. Vinco e raddoppio, ma sicuro com’ero di aver capito tutto, e stimolato dal «banco» a concedere la rivincita rigioco confidando di aver scoperto il trucco. E perdo tutto.
Com’è finita?
Ero annichilito. Le auto ripartivano e io rimanevo lì sul ciglio della strada, mentre la mia ragazza, che sarebbe poi diventata mia moglie, cercava di capire cosa mi fosse successo. Che vergogna!
E allora?
E allora non mi restava altra via che cercare di intenerire il mio «spogliatore». Gli raccontai il mio dramma: dover invertire la direzione di marcia con la figura nei confronti della mia ragazza che si poteva immaginare. Se invece si fosse fidato di me e mi avesse prestato le «mie» diecimila lire gliele avrei rimandate appena tornato a Milano e gli sarei stato eternamente grato. Era un napoletano simpatico e di cuore. Si fidò e io ripartii per il mare. Gli resi subito dopo il prestito con in più un piccolo regalo. Ma feci a me stesso una promessa. Non avrei più scommesso e giocato «vita natural durante».
Promessa mantenuta?
In modo assoluto e totale.
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