Settembre 2015: da un’indagine in America emerge che la Volkswagen utilizza un dispositivo illegale per riconoscere il ciclo di omologazione e ridurre gli NOx emessi, ma solo in quella circostanza. Ecco come da quell’evento si è arrivati all’attuale crisi dell’automotive europeo, in una ricostruzione che getta una luce diversa sulla vulgata dell’industria come vittima indifesa della politica.
Dieci anni fa scoppiava lo scandalo sulle emissioni truccate nei motori diesel partito da un’indagine dell’Epa su alcuni modelli Volkswagen ed estesosi progressivamente a molti altri costruttori. Un dossier di 12 pagine su Quattroruote di settembre ricorda quell’evento, che per tutti divenne da subito familiare come Dieselgate, ma soprattutto lo inquadra nel suo contesto storico. Che è di una rilevanza enorme per la comprensione dell’attuale stato di crisi dell’automotive europeo. Dal bisogno di voltar pagina da quell’episodio imbarazzante per l’intero settore, si sono generate le condizioni per il Green Deal. Non soltanto perché l’industria, avendo la coda di paglia, si trovava in una condizione di debolezza e subordinazione nei confronti dei legislatori, ma perché la strada seguita in particolare dal gruppo Volkswagen per recuperare credibilità agli occhi dell’opinione pubblica – cioè la conversione all’elettrico – ha creato una congiuntura astrale particolarissima, in cui gli interessi della politica (anti-auto) e quelli dell’industria (dell’auto) si sono trovati per un certo periodo di tempo allineati. E il risultato è stato il bando dei motori termici fissato dall’Unione europea al 2035. Scoprite tutti i risvolti di questa incredibile storia nello speciale pubblicato su Quattroruote di settembre 2025.
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