Nel caso il Regno Unito non trovasse degli accordi commerciali con l'Unione Europea per la Brexit, la Toyota e la Nissan potrebbero chiedere al governo britannico dei rimborsi. A partire dal prossimo anno, infatti, non saranno più attive le attuali politiche di libero scambio tra i Paesi europei e la Gran Bretagna, il che porterebbe le due Case giapponesi, insieme agli altri costruttori che assemblano i loro modelli oltremanica, a dover pagare dei dazi d'importazione per vendere le proprie auto nell'eurozona.
5 miliardi di euro di dazi all'anno. Le due principali case automobilistiche nipponiche, secondo quanto riportato dal Nikkei, vorrebbero ottenere un rimborso per coprire i costi aggiuntivi d'esportazione, che ammonteranno al 10% del valore di ogni auto. Ciò porterebbe le due aziende, che in Europa vendono quasi la metà degli esemplari prodotti nel Regno Unito, a dover sborsare cifre elevatissime: la Society of Motor Manufacturers and Traders, che raccoglie tutti i principali produttori di veicoli britannici, ha calcolato che i costruttori dovrebbero pagare complessivamente quasi 5 miliardi di euro di dazi ogni anno, rendendo di fatto non competitivi i prezzi dei modelli prodotti oltremanica. Per il momento, i portavoce delle due aziende giapponesi non hanno commentato la notizia, così come quelli di altre Case che potrebbero essere coinvolte, come il gruppo BMW e la Jaguar Land Rover. Altre aziende, come la Honda, hanno invece già annunciato di voler terminare le proprie attività sul suolo britannico in ogni caso.
Obiettivo zero dazi. Commentando la vicenda, un portavoce del governo britannico ha confermato che l'intenzione è quella di "lavorare con l'industria automobilistica per cercare di garantire un risultato che rifletta gli interessi commerciali di tutto il Regno Unito". "Abbiamo presentato le nostre proposte - ha proseguito il rappresentante - e stiamo lavorando duramente per raggiungere un accordo con l'Ue: il nostro obiettivo è un accordo di libero scambio con zero dazi, poiché evitare le tariffe sarebbe vantaggioso per entrambe le parti". Secondo il primo ministro Boris Johnson, però, arrivare al prossimo anno senza un accordo non sarebbe un problema nel caso in cui la Gran Bretagna e l'Unione europea non riuscissero a trovare una soluzione accettabile entro il 15 ottobre, data in cui si svolgerà un summit della Commissione europea.
Fabbriche a rischio. Per il Regno Unito perdere l'indotto generato dai produttori di automobili potrebbe essere disastroso: in una recente lettera inviata all'Ue, 23 associazioni del settore hanno stimato in 110 miliardi di euro i danni che potrebbero essere generati dalla mancanza di un accordo. Il governo, inoltre, potrebbe non essere in grado di coprire l'incremento dei dazi per i costruttori, il che potrebbe portare altre case automobilistiche a ripensare la propria presenza oltremanica. Già nel marzo del 2019 la Toyota aveva paventato l'uscita dalla Gran Bretagna in caso di dazi generati dalla Brexit, mentre la Nissan aveva comunicato che l'intero modello di business europeo potrebbe essere messo a rischio. La BMW, invece, ha affermato che sarebbe intenzionata a proseguire la produzione della Mini in Inghilterra solo nel caso i dazi d'importazione in Europa fossero inferiori al 5%. Ci sarà dunque da vedere se il governo britannico riuscirà a trovare un accordo con l'Unione Europea, oppure se dovrà cedere alle condizioni imposte e convincere, magari con sgravi fiscali e incentivi, i costruttori a non abbandonare l'isola.
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