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Fleet&Business è la rivista firmata Quattroruote pensata per chi, all’interno delle società, si occupa della mobilità del personale e della gestione dei veicoli aziendali.

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Quattroruote Academy
La testimonianza di Rodi Basso (McLaren)

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Non hanno perso una parola, gli allievi del master in Race Engineering della Quattroruote Academy dell’intera giornata di lezioni tenuta da Rodi Basso. Ed è più che comprensibile, visto l’interesse che suscita una figura come la sua: Basso, infatti, è oggi motorsport director della McLaren Applied Technology, punta di diamante tecnologica dell’azienda di Woking, dopo aver lavorato, forte di una laurea in ingegneria aerospaziale, alla Ferrari e alla Red Bull come race performance engineer e alla Magneti Marelli Motorsport, nelle vesti di responsabile del marketing e dell’innovazione. Ecco come racconta la sua esperienza e la sua visione del mondo dell’automotive, anche al di là delle competizioni.

Ci spiega esattamente di che cosa si occupa la divisione della McLaren che dirige?

La McLaren Motorsport è una business unit della McLaren Applied Technology, una delle tre società del gruppo insieme al team di Formula 1 e all’automotive, che produce supercar; il nostro compito è sviluppare elettronica per le competizioni sportive e per altri settori, come quello medicale, quelli dei trasporti (treni, in particolare) e quello dei progetti di nicchia del mondo dell’auto, come le supercar e le concept che prefigurano i trend di domani.

Quindi, non lavorate solo per la McLaren…

Lavoriamo per tante specialità: forniamo la centralina unica a tutte le monoposto di F.1 e di Indycar e alle vetture della Nascar, per conto delle federazioni sportive; per quanto riguarda la Formula E, oggi la nostra elettronica non è più imposta, ma è stata ugualmente adottata da tutte le squadre.

Tutto questo vi permette di avere una visione del futuro, sia del motorsport sia, in generale, della mobilità: che scenario ipotizzate?

Elettrificazione e guida autonoma sono i temi più importanti e fanno parte del nostro Dna. L’elettrificazione è fondamentale, ma, al momento, nelle corse c’è una grande attenzione ai costi. Dopo l’exploit della seconda versione dell’Ers, introdotta nel 2014, la tendenza dei promoter è di cercare di permettere (a partire dal 2021, ndr) a nuovi fornitori di motori di entrare nel sistema della F.1, senza sostenere il costo di start-up legato alla componente ibrida delle power unit; la Formula E ha, invece, per sua natura un’enorme attenzione verso il green e l’environment. Quello che notiamo è che ogni campionato sta guardando alla sua mission, per capire quanta importanza dare all’elettrico, che sarà sicuramente presente nelle formule top e che, man mano, andrà a diffondersi nelle categorie inferiori, anche per preparare i piloti, visto che influisce sullo stile di guida e sulla gestione del sistema. Vedo, dunque, molto difficile un passo indietro verso la propulsione termica pura.

Questo avvicina di nuovo il mondo delle corse con quello delle auto stradali?

Sì: credo che siamo di nuovo a un punto di convergenza tra l’automotive e il motorsport. Dal 2008 fino a qualche anno fa, i due mondi si erano un po’ allontanati: le corse avevano anche ridotto il loro contributo innovativo tecnologico, perché, da un lato, l’automotive ha visto l’ingresso di nuovi player che hanno portato un’aria nuova e fresca; dall’altro, ci sono settori completamenti diversi, come quelli medicale e finanziario, dove sono stati sviluppati sistemi, come i big data e l’e-commerce, che hanno superato di gran lunga la tecnologia esistente nel motorsport. Da quest’anno abbiamo introdotto anche in F.1 un sistema di analisi che si basa sui big data: siamo, così, tornati a un avvicinamento con le competizioni, su questo aspetto, oltre che sotto il profilo dell’elettrificazione.

E per quanto riguarda la guida autonoma?

Noi vediamo il veicolo autonomo come qualcosa il cui tema principale è il “decision making”: prendere una decisione, cioè, a partire da una misura, che viene registrata e processata per attuare dei sistemi. Questo è quanto accade in F.1 a una velocità che già da tempo supera di gran lunga quella delle auto stradali tradizionali: quindi, crediamo di poter giocare un ruolo d’ispirazione per quelle tecnologie. Si dice, però, che un prototipo di veicolo autonomo genererà 30 terabyte di dati l’ora, pari a quanto tutte le macchine di F.1 producono in un weekend di gara. La crescita sarà, quindi, esponenziale, ma il mondo dei Gran Premi è già abituato a gestire grandi quantità di dati.

Di che cosa ha parlato ai ragazzi del master della Quattroruote Academy?

Di come si fa a realizzare una monoposto di F.1, di quali sono le variabili più importanti per gli ingegneri per renderla veloce, di come si sviluppa la vettura in varie fasi; poi, ho parlato dell’organizzazione di un team di F.1, sia sotto il profilo del progetto sia sotto quello del race engineering. Ho poi mostrato il layout elettrico di una vettura, coi circuiti a bassa e alta tensione, spiegando l’architettura di massima di un sistema ibrido e dell’elettronica di un’auto da corsa. Nella seconda parte, mi sono concentrato sugli altri elementi, diversi dalla macchina, necessari per ottenere buoni risultati, ovvero il “people performance engineering”: qual è il ruolo dell’uomo rispetto alla tecnologia. Ho parlato del pilota, del team e delle prestazioni nel prendere decisioni da parte della squadra, cosa che nel motorsport si deve saper fare molto velocemente.

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