Una station wagon, ovvero quanto di più Volvo si possa immaginare. Si tratta della V90, secondo atto di una rinascita cominciata meno di due anni fa con la XC90. Un nuovo corso che prende tutto ciò per cui a Göteborg sono noti da sempre e, senza modificare una virgola di ciò che è intrinseco a queste tradizioni, lo porta a un livello ancora più alto.
In effetti, quando si è a bordo, basta guardarsi attorno per capire quanto il discorso sia vero: lo stile e l’impostazione mantengono quel modo di essere, diverso e anzi peculiare, che rende le Volvo riconoscibili attraverso i decenni, ma designer e ingegneri non sono stati ostaggio di queste tradizioni. Ne volete una prova? Se fosse la prima volta che vi avvicinate a una macchina della Casa svedese, beh vi sembrerebbe “semplicemente” una bella automobile, moderna e al passo con i tempi. E realizzata con tutti i crismi, perché quando osservi i dettagli, anche quelli minimi, scopri che la V90 non è semplicemente accurata. È proprio ben fatta. Più di quanto già non accadesse nei decenni passati.
Display touch. Al centro della plancia, troneggia il grande display dell’impianto multimediale, piazzato in verticale esattamente come sulla XC90: un touch screen con il quale si fa subito amicizia, capace di dimostrare che, per essere Premium, non c'è bisogno per forza del manopolone del tunnel. Quest'ultimo, però, all'atto pratico, si rivela più semplice da utilizzare: il touchscreen della V90 ha infatti menù semplici e accurati, ma rimane il fatto che l'interazione "da tablet" è perfetta nella gran parte delle situazioni, ma non quando si guida, perché richiede una dose notevole d'attenzione.
Assistiti alla guida. Nel 2016, la partita si gioca anche, e soprattutto, sull’innovazione e sulla capacità di essere superaggiornati dal punto di vista dell’elettronica legata alla sicurezza. E allora ecco servita un'anticipazione di quella guida autonoma che arriverà nei prossimi anni. Mi riferisco al Pilot Assist, che, in maniera del tutto automatica, provvede a mantenere la V90 allineata con le linee di demarcazione della corsia. Riesce a farlo fin verso i 130 km/h e il bello è che non ha bisogno di seguire una vettura che precede. In ogni caso, non è ancora il momento di pensare che l'auto possa guidare da sola: questo dispositivo rappresenta un aiuto per il guidatore, la cui centralità non è assolutamente messa in dubbio. Il Pilot Assist è insomma qualcosa che sta a metà tra il confort e la sicurezza.
Rassicurante. La V90 è un bel macchinone comodo, silenzioso, di quelli che ti danno la sensazione di poter guidare indefinitamente. Ha una presenza sulla strada aristocratica e signorile, e poco male se non è particolarmente intrigante nelle curve. Va benissimo, è sicura e stabile, ma non fa nulla per coinvolgerti oltremisura. La station svedese è ad altro che punta: vuole essere un’automobile rassicurante, "avvolgente", obiettivo che può invece dirsi perfettamente centrato. Ha una concretezza e una capacità di coccolarti che sono decisamente superiori alla media, con le quali dimostra che certe scelte, in materia automobilistica, non devono per forza passare dalla Germania.
Turbodiesel con PowerPulse. Il due litri turbodiesel, che ho provato nella versione D5 da 235 cavalli, fa il suo dovere in maniera egregia. È piacevole, ben insonorizzato e, grazie al particolarissimo dispositivo PowerPulse, è piuttosto pronto: non appena si preme l'acceleratore, un'iniezione di aria compressa comincia a far muovere la turbina prima di quanto accadrebbe se ci si affidasse ai soli gas di scarico. Un escamotage per azzerare, o quasi, il turbolag.
Versioni ibride in arrivo. La gradevolezza e l'efficacia di questo quattro cilindri non toglie però che un bel sei, nel cofano della V90, ci starebbe proprio bene. Un desiderio destinato a rimanere tale, perché gli ingegneri svedesi sostengono che eventuali incrementi di potenza sarebbero da attuare semmai attraverso l’elettrificazione. Eventualità che si può dare per certa, visto il tono sicuro con il quale affermano le loro teorie e il disinteresse per le nostre obiezioni quando argomentiamo che il piacere di un sei cilindri non è legato soltanto alla maggior quantità di cavalli disponibili. In tempi di downsizing, la loro è una scelta di nordica razionalità. E i consumi, in effetti, a giudicare dai numeri che scorrono sul trip computer, non sono particolarmente elevati: per portare a spasso un corpo vettura di cinque metri, la V90 si fa bastare poco più di 9 litri per 100 chilometri. Cinque metri nei quali lo spazio per i bagagli non manca: il vano è ampio, molto ben rifinito e, secondo i dati della Casa, può contenere borse e valigie per un massimo di 560 litri.
da Estepona (Spagna), Alessio Viola
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