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Lamborghini Urus
La vera anima della super Suv - VIDEO

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Siccome il mondo dell'auto ubbidisce a istinti pavloviani, quando si è saputo che la Lamborghini s'era messa in testa di produrre una sport utility, la domanda che è corsa fra le schiere degli appassionati è stata una, e una sola: "Sarà una vera Lambo?". Ora, a mio modesto avviso la questione è mal posta. L'appartenenza a uno specifico Dna è oggi un concetto aleatorio. La Cayenne è una vera Porsche? Tutti ricorderanno come all'epoca fu giudicata un tradimento del lascito di Ferry: eppure negli anni ha saputo affermarsi come vero paradigma della marca, forse addirittura meglio della 911, che per noi decadenti europei è il gene primario. La Bentayga è una vera Bentley? La Stelvio, per limitarci a mondi più terreni, è una vera Alfa? Secondo i codici d'un tempo, dai quali gli amatori faticano ad affrancarsi, no. Una cosa è certa, però: queste Suv sono modelli il cui senso è squisitamente commerciale, più che di sperimentazione motoristica, utili a intercettare nuovi pubblici e ampliare i confini del marchio. Certo, poi si lavora per adeguare il concetto ai valori del brand, combinando istanze all'apparenza contraddittorie per sfornare un cocktail il cui gusto consenta a tutti di accettare gli inevitabili compromessi. Ricordiamoci, comunque, che rimangono sempre e comunque frutto di strategie marketing-driven. Dunque, anche la Urus nasce per rispondere a un'esigenza del mercato: i ricchissimi del globo (esclusi gli europei, i cui gusti, come si diceva, sono legati a vissuti diversi) sbavano di fronte alle sport utility vistosette e tutti, intuendo il business, si gettano vogliosi su una nicchia dai margini stratosferici. Compresi quelli di Sant'Agata. I quali, per meglio giustificare la peraltro legittimissima scelta, rivendicano la primogenitura della specialità con la LM-002 degli anni 80, nata come prototipo militare e in seconda battuta trasformata in aggeggio di lusso per emiri estroversi (poi, pare indelicato sottolineare che se ne costruirono soltanto 300, ma vabbé).

Combinazione del meglio. Il risultato è un transformer nato da un "best of" delle soluzioni tecniche del gruppo Volkswagen, a cui la Lambo appartiene: il pianale è l'ennesima derivazione dell'architettura MLB Evo sulla quale nascono Q7, Cayenne e la citata Bentayga, che di fatto fornisce anche il V8 biturbo da 641 CV a sua volta d'origine Audi (il primo non aspirato della storia emiliana), nonché lo schema delle sospensioni posteriori; da Ingolstadt proviene la trazione integrale (qui c'è il Torsen centrale), l'infotainment è la più recente evoluzione di quello visto sulla A8, ci sono soluzioni prese dalla Cayenne e così via (i tasti degli alzacristalli sono presi dalla Golf, forse per dare ai puristi un motivo d'indignazione). Chiaramente, la genesi susciterà scandalo, trattandosi di automobile dal prezzo superiore ai 220 mila euro. Ma rimango dell'idea di sempre: se qualcosa funziona bene, soprattutto dopo un ossessivo processo di fine tuning (e in questo il team diretto da Maurizio Reggiani è maestro), non si vede perché rinunciarvi in ossequio a nostalgie mal riposte e di sicuro non condivise da chi poi firma l'assegnone.

Lamborghini Urus, eccola in azione: dalla pista all'off-road

A suo agio ovunque. La breve prova sul circuito di Vallelunga e per le strade di Roma ha confortato le mie convinzioni. La Urus è davvero qualcosa di unico, perché se la cava egregiamente in pista come su strada, consentendo sia di staccare ai 220 prima della Campagnano sia di infilarsi nel traffico capitolino senza drammi; addirittura, ha dimostrato di sapersela cavare in off-road, ambito sul quale si poteva tranquillamente sorvolare, ma che dev'essere stato ritenuto dirimente per meglio posizionare la super Suv in un empireo tutto suo (e in effetti è difficile individuare concorrenti). Dal punto di vista progettuale, è evidente il tentativo di integrare potenzialità agli antipodi, senza esaltare una precipua caratteristica a detrimento delle altre. Ciò ha imposto alcuni pedaggi (lo sterzo, alle alte velocità, rimane vago; l'assorbimento, con gommature estreme, è molto secco), ma giocando con le varie possibilità del Tamburo (la centrale di comando sul tunnel) si riesce a trovare il settaggio corretto. Insomma, un'ottima macchina. Non una vera Lambo, se per vera s'intendono la Countach, la Miura e la Murciélago. Ma non era quello lo scopo.

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