Non capita tutti i giorni di avere la possibilità di fare un giro a bordo di un prototipo di un’auto che verrà venduta dopo un anno, e ancora più di rado succede che a guidarla sia il responsabile del progetto. E non era ancora accaduto che il prototipo in questione fosse una Mercedes elettrica, il primo modello a batteria che dal 2019 sarà nel listino della Casa tedesca, capostipite di una serie che entro il 2022 dovrebbe comprendere dieci vetture alimentate a corrente.
Test nel deserto. Quindi, eccomi qui, nel deserto di Almeria, nel sud della Spagna (dove negli anni 70 venivano girati gli spaghetti western) a bordo di un prototipo di preserie della EQC, impegnato nei test ad alta temperatura ambiente: al volante, l’ingegner Michael Kelz, capo progetto. La macchina è tutta camuffata, ma s’intuiscono le tipiche forme delle Suv Mercedes recenti. E pure l’interno, sollevando i teli che celano la plancia e i pannelli delle porte, riprende comandi e stilemi della Stella.
Trazione integrale elettrica. Ma non è certo questo che mi interessa: il pezzo forte di questo modello è lo schema propulsivo, che comprende due motori elettrici da 150 kW, uno anteriore e l’altro dietro, per realizzare la trazione integrale elettrica. Curiosamente, i propulsori non sono identici: lo sono le carcasse, ovvero i contenitori dei meccanismi, mentre i loro avvolgimenti sono diversi, per ottimizzare il rendimento, visto che i motori hanno compiti diversi. Quello anteriore lavora soprattutto alle andature moderate e costanti, mentre quando si chiedono maggiori prestazioni entra in gioco anche quello al retrotreno.
Almeno 350 km di autonomia. La batteria agli ioni di litio occupa tutto il pianale e lo spazio sotto il sedile posteriore: Kelz non si sbilancia, ma parla di “più di 70 chilowattora”, che dovrebbero bastare per almeno 350 chilometri nell’uso reale. E non ci sono salti epocali di densità di energia dietro l’angolo: secondo l’ingegnere, a breve con il litio si può migliorare ancora del 20-30%, ma per un passo avanti più deciso si dovrà ricorrere a una chimica diversa. Così, per ora i 650 chili degli accumulatori portano il complesso della vettura a 2,5 tonnellate di peso, ma la coppia dei due propulsori le propelle da zero a 100 in circa cinque secondi, incollandomi allo schienale quando il tecnico affonda l’acceleratore. Bocche cucite sul dato di velocità massima, ma Kelz ammette che la EQC non sarà una “autobahn killer”, visto che all’aumentare dell’andatura il consumo di corrente cresce in modo esponenziale e il rendimento crolla.
Confort e brio. La Suv elettrica, invece, avrà il tipico confort delle berline Mercedes, unito a un pizzico di dinamismo garantito dalla tipica erogazione istantanea di coppia dei motori a corrente e da un assetto favorito dal baricentro basso, grazie alle batterie sotto la scocca. L’elettronica di bordo comprenderà la versione più recente dell’interfaccia di comando Mercedes, vista sulla nuova Classe A, e le modalità di guida si serviranno dei dati del navigatore, della telecamera e del radar di bordo per ottimizzare l’impiego dell’energia dell’accumulatore. E alcune funzioni saranno aggiornabili “over the air”, senza dover portare la vettura in officina.
Pieno in mezz'ora. Al capitolo ricarica il capo progetto si mostra soddisfatto: “il caricatore di bordo a 11 kW consente di sfruttare al meglio le colonnine a corrente alternata e la vettura accetta la carica rapida a 115 kW, ma in futuro si arriverà a 150, sempre a 400 Volt”. Numeri che fanno ipotizzare il pieno delle batterie (dal 10 all’80%) in meno di mezz'ora.
Made in Bremen. È prematuro parlare di dati di vendita e di prezzi. Quello che è certo, però, è il fatto che la produzione della EQC sarà estremamente flessibile, in modo da seguire rapidamente le richieste del mercato: la vettura, infatti, sarà costruita nello stabilimento di Brema, sulle stesse linee dove nascono la Classe C e la Suv GLC. E non a caso, la struttura che sostiene il motore elettrico anteriore si fissa nei medesimi punti di attacco del propulsore convenzionale di questi due modelli, in modo da non dover cambiare le attrezzature di fabbricazione.
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